Il Consiglio di Stato, chiamato ad esprimersi sulla legittimità dell’esclusione di un cadidato alle elezioni regionali, ritorna a trattare la questione del rapporto tra il decreto legislativo 235/2012, “Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilita’ e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190“, ed il principio di irretroattività della legge penale.

Il Consiglio, che  ha già affrontato la problematica con la sentenza n. 695 del 6 febbraio 2013, ribadisce

a. l’applicazione delle cause ostative di cui allo jus superveniens alle sentenze di condanna intervenute in un torno di tempo anteriore non si pone in contrasto con il dedotto principio della irretroattività della norma penale e, più in generale, delle disposizioni sanzionatorie ed afflittive, giacché la norma in esame non ha natura, neppure in senso ampio, sanzionatoria, penale o amministrativa.

b. il fine perseguito dal legislatore è quello di allontanare dallo svolgimento del munus publicum i soggetti la cui radicale inidoneità sia conclamata da irrevocabili pronunce di giustizia, così che la condanna penale irrevocabile viene in considerazione come mero presupposto oggettivo cui è collegato un giudizio di inidoneità morale a ricoprire la carica elettiva: la condanna stessa è dunque un requisito negativo ai fini della capacità di partecipazione alla competizione elettorale.

Cons. Stato, sez. V, 29 ottobre 2013, n. 5222, Pres. ff. C. Saltelli, Est. A. Amicuzzi

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