L’articolo analizza il percorso che ha portato, a partire dall’Agenda digitale per l’Europa, alla definizione del progetto strategico “Agenda digitale italiana” e i progressi per la sua realizzazione. 

      1. L’Agenda digitale europea

L’Agenda digitale europea (ADE), definita per la prima volta dalla direttiva 2009/136/CE (1), è una delle 7 iniziative faro previste da Europa 2020, la strategia europea per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (2).

Il documento, presentato ufficialmente nel 2010, con una comunicazione della Commissione (COM (2010) 245 definitivo/2) poi rivista alla fine del 2012, contiene le priorità d’azione dell’Unione nel settore delle tecnologie della comunicazione e dell’informazione per i prossimi 5 anni.

In particolare, l’Agenda indica 7 pilastri su cui concentrare le azioni volte alla crescita e all’occupazione in Europa, da realizzare in stretta collaborazione con gli Stati membri e le istituzioni regionali e locali, ovvero:

  1. creare un mercato digitale unico e dinamico per sfruttare i benefici dell’era digitale semplificando le procedure in tema di liberatoria per l’accesso on line ai contenuti legali, agevolando le fatturazioni e i pagamenti elettronici e ridefinendo il quadro normativo UE in materia di protezione dei dati degli utenti digitali;
  2. migliorare la definizione e l’interoperabilità dei dispositivi, delle banche dati, dei servizi e delle reti attraverso una rivisitazione della politica UE in materia di standardizzazione;
  3. migliorare la fiducia e la sicurezza per contrastare la criminalità informatica;
  4. garantire l’accesso ad internet veloce e superveloce a tutti i cittadini europei a prezzi competitivi, finanziando gli investimenti sulla banda larga con i fondi strutturali;
  5. incrementare la ricerca e l’innovazione in materia di TIC;
  6. migliorare l’alfabetizzazione, le competenze e l’inclusione nel mondo digitale rendendole priorità del fondo sociale europeo;
  7. sfruttare il potenziale offerto dalle TIC a vantaggio della società europea;

Lo scopo è quello di fare delle tecnologie digitali uno strumento di rilancio dell’economia (3).

Secondo l’Unione europea, la piena attuazione di questi obiettivi, legati all’incremento degli investimenti nelle TIC, al miglioramento dei livelli di competenze digitali nella forza lavoro e all’innovazione del settore pubblico, determinerebbe, nel corso dei prossimi otto anni, un incremento del 5% del PIL e un aumento dei posti di lavoro fino a 3,8 milioni in tutta l’area.

Alla luce di queste rilevanti finalità, gli Stati membri hanno sottoscritto l’Agenda digitale europea impegnandosi a recepirla nel proprio ordinamento.

2. L’Agenda digitale italiana: obiettivi e organi deputati all’attuazione

Lo Stato italiano ha provveduto a dare attuazione alle disposizioni europee con il decreto legge “Semplifica Italia” n. 5 del 9 febbraio 2012 (4).

In particolare, l’art. 47 del decreto ha previsto che il Governo, nel quadro delle indicazioni dell’Agenda digitale europea, persegua l’obiettivo prioritario della modernizzazione dei rapporti tra la pubblica amministrazione, i cittadini e le imprese, attraverso azioni dirette a:

  • favorire lo sviluppo di domanda e offerta di servizi digitali innovativi;
  • potenziare l’offerta di connettività a banda larga;
  • incentivare cittadini e imprese all’utilizzo di servizi digitali;
  • promuovere la crescita di capacità industriali adeguate a sostenere lo sviluppo di prodotti e servizi innovativi;

Per affrontare tali sfide, il Ministro dello sviluppo economico, di concerto con altri 4 Ministeri (5), ha istituito con proprio decreto, a partire dal primo marzo 2012, l’Agenda digitale Italiana (ADI).

Gli obiettivi dell’ADI si concentrano su quattro fronti principali:

  • la banda larga e ultra-larga per restringere il divario digitale con gli altri paesi occidentali aumentando le velocità di connessione;
  • le smart Communities/Cities dove i cittadini possono incontrarsi, scambiare opinioni, discutere di problemi comuni, avvalendosi di tecnologie all’avanguardia;
  • gli open data per rendere tutte le informazioni delle istituzioni pubbliche “libere, accessibili e interscambiabili online”;
  • il cloud computing per unire e condividere informazioni provenienti da istituzioni diverse, permettendo una maggiore interoperabilità dei dati, con vantaggi evidenti in termini di rapidità e di completezza dei processi amministrativi.

Per contribuire alla realizzazione dell’Agenda, il decreto “Semplifica Italia” ha previsto l’istituzione di una cabina di regia, con l’ambizioso compito di predisporre (tra marzo e giugno 2012) una relazione contente “la strategia italiana per un’Agenda digitale”, da tradurre in successivi interventi nomativi (pacchetto decreti DigItalia). A tal scopo la cabina, composta da rappresentati dei vari livelli istituzionali, è stata strutturata in sei gruppi di lavoro, corrispondenti a sei assi strategici:

  • infrastrutture e sicurezza;
  • eCommerce;
  • eGovernment e open data;
  • alfabetizzazione informatica;
  • ricerca e innovazione;
  • smart communities;

Ulteriore organismo a supporto dell’ADI è l’Agenzia per l’Italia digitale (6), istituita dal decreto Sviluppo n.83 del 22 giugno 2012 (7), al fine di verificare l’attuazione dei piani adottati dalle amministrazioni, in coerenza con gli indirizzi dettati dalla cabina di regia, e di identificare le migliori soluzioni per la digitalizzazione dei servizi rivolti ai cittadini, degli Open data, e dei pagamenti elettronici.

Le misure per l’applicazione dell’ADI sono state rese note con il decreto legge n. 179 del 18 ottobre 2012 o “decreto crescita 2.0” (8).

Tra i capisaldi per rinnovare “la burocrazia che rallenta la crescita” figurano: la creazione di nuove imprese innovative (startup), le ricette mediche digitali, il fascicolo universitario elettronico ecc..

Bisogna tuttavia riconoscere che, in questa prima fase, l’istituzione di nuovi organi non ha accelerato il processo per la definizione dell’ADI ma, anzi, ha creato degli appesantimenti procedurali per le difficoltà di coordinamento dei numerosi attori istituzionali coinvolti.

Il previsto decollo dell’Agenda digitale per il mese di giugno 2012 è quindi fallito.

In particolare, la cabina di regia si è limitata ad elaborare una serie di iniziative per innovare i sei ambiti tematici e alcune proposte normative di riorganizzazione della macchina amministrativa; peraltro, dei 32 decreti attuativi previsti dal d.l. Crescita 2.0, ben pochi hanno visto la luce. Per alcuni il termine di adozione è addirittura scaduto il 19 dicembre 2012 e il 18 gennaio 2013.

Il Governo ha tuttavia rassicurato l’opinione pubblica, affermando che, in media, l’80% delle norme è auto-attuativa, cioè efficace già con l’entrata in vigore dei vari decreti legge. Per il rimanente 20%, però, l’efficacia  delle norme è necessariamente subordinata all’adozione dei decreti attuativi.

 Ne deriva un concreto rischio di stallo dell’Agenda digitale.

3. Il decreto “Fare” semplifica il percorso?

In questo complesso contesto è intervenuto il decreto fare (decreto legge 21 giugno 2013, n. 69) il quale ha offerto maggiori garanzie stabilendo i termini del 29 dicembre 2014 per la realizzazione del piano di razionalizzazione delle banche dati della pubblica amministrazione e del 31 dicembre 2014 per il fascicolo sanitario elettronico.

In riferimento all’operatività della cabina di regia, le nuove norme eliminano il faticoso coordinamento di ben cinque ministeri, affidandone la governance alla Presidenza del Consiglio e al Commissario all’uopo nominato che disporrà di un apposito team, per definire una regia di qualità.

La cabina viene inoltre rafforzata attraverso l’istituzione di un “Tavolo permanente per l’innovazione e l’Agenda digitale italiana”, organismo consultivo, composto da esperti in materia di innovazione tecnologica e da esponenti di imprese private e università, presieduto dal Commissario del Governo per l’attuazione dell’Agenda digitale.

I nuovi termini imposti alla cabina di regia, la obbligano a presentare al Parlamento, entro novanta giorni dall’entrata in vigore del decreto n. 69, un’analisi complessiva del sistema incentrata su:

  • norme vigenti in materia;
  • programmi avviati e loro stato di avanzamento;
  • risorse disponibili per l’attuazione dell’Agenda digitale.

Per tali attività la cabina potrà avvalersi dell’Agenzia per l’Italia digitale e delle amministrazioni in essa rappresentate.

Tra le altre novità del decreto, figura la liberalizzazione dell’accesso a Internet, in adeguamento a quanto già avviene in molti paesi europei, fermo restando l’obbligo dei gestori di garantire la tracciabilità dei collegamenti.

Ancora, si accelera la realizzazione e la diffusione del domicilio digitale per consentire al cittadino di ricevere ogni comunicazione da parte delle pubbliche amministrazioni esclusivamente per via telematica. Tuttavia l’abbinamento del domicilio digitale alla carta d’identità elettronica, rimandendo un procedimento facoltativo, non convince.

Infine, per quanto riguarda l’Agenzia per l’Italia digitale, il decreto “Fare” prevede che essa sia sottoposta alla sola vigilanza della Presidenza del Consiglio dei Ministri, liberandola da quella sorta di immobilismo determinato dall’essere soggetta al controllo di ben cinque Ministeri.

4. Conclusioni

La realizzazione dell’Agenda digitale italiana resta legata all’esigenza di definire un piano d’azione ed un’analisi strategica che consentano di identificare le priorità in un contesto di risorse limitate.

La ramificazione delle strutture previste (cabina di regia, Agenzia, tavolo permanente, Commissario di Governo), purtroppo, non convince. Sebbene le funzioni risultino meglio individuate, la moltiplicazione degli organi rischia di rallentare nuovamente le procedure di coordinamento, in contrasto con l’auspicata richiesta di semplificazione dell’attività delle amministrazioni pubbliche.

L’avvento delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione in tutti i rapporti con il cittadino dovrebbe peraltro non digitalizzare “la burocrazia che rallenta”, ma eliminarla del tutto.

Il cambiamento va dunque gestito consapevolmente per conseguire risultati che, nel lungo periodo, possono rilanciare l’economia.

In particolare, si stima che l’Agenda digitale italiana, se realizzata, dovrebbe liberare 70 miliardi di risorse e determinare un risparmio di costi e personale della pubblica amministrazione pari a 20 miliardi: questo grazie all’aumento della quota di acquisti sul canale digitale (Consip e altre piattaforme) e alla nuova gestione dei processi operativi, con una migliore produttività del personale.

Se, da un lato, appaiono, quindi, evidenti i vantaggi dalla digitalizzazione del paese, dall’altro, sembrerebbe che il complesso iter, anche burocratico, per la realizzazione dell’Agenda digitale ostacoli un rapido ed efficace allineamento dell’Italia agli altri Stati europei, soprattutto in settori, quali la giustizia, la sanità e l’istruzione, nei quali non vi è più tempo per attendere.

di Simonetta Fabris

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1. Relativa al servizio universale e ai diritti degli utenti in materia di reti e di servizi di comunicazione elettronica.

2. COM (2010) 2020 del 3 marzo 2010.

3. Neelie Kroes, vice presidente della Commissione europea, è stato nominato responsabile dell’Agenda digitale europea con il compito di verificare che i principi dell’Agenda siano recepiti e attuati da tutti gli Stati membri.

4. Convertito in L. 4 aprile 2012, n. 35.

5. Il Ministero per la pubblica amministrazione, per la coesione territoriale, dell’istruzione e dell’economia e delle finanze.

6. L’Agenzia ha assorbito i seguenti enti e le relative funzioni: il Dipartimento digitalizzazione e innovazione della Presidenza del Consiglio, l’Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l’innovazione – DigitPA, l’Istituto superiore delle comunicazioni e delle tecnologie dell’informazione per le competenze sulla sicurezza delle reti.

7. Convertito in L. 7 agosto 2012, n. 134.

8. Convertito in L. 17 dicembre 2012, n. 221.


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