In seguito ad alcune problematiche in ordine alla formulazione dell’art. 90 del Codice, recante la disciplina degli elenchi ufficiali degli operatori economici riconosciuti e delle certificazioni, l’Autorità Nazionale Anticorruzione ha formulato, ai sensi dell’art. 213, comma 3, lett. d), del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50, una segnalazione al Governo e al Parlamento per valutare un intervento correttivo finalizzato a sciogliere alcuni dubbi interpretativi sulla norma e al suo coordinamento con altre disposizioni del d.lgs. n. 50/2016, garantendo così organicità al quadro normativo di riferimento.

Atto di segnalazione n. 2 del 9 gennaio 2019

Il quadro normativo di riferimento

L’art. 90 del Codice è rubricato “Elenchi ufficiali di operatori economici riconosciuti e certificazioni” e disciplina, all’interno delle disposizioni riferite ai criteri di selezione qualitativa, gli elenchi ufficiali degli operatori economici riconosciuti e le certificazioni, consentendo agli operatori economici di presentare alla stazione appaltante, per ogni appalto, un certificato d’iscrizione a un elenco ufficiale di imprenditori, fornitori o prestatori di servizi, ovvero un certificato rilasciato da un organismo di certificazione accreditato ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008, al fine di dimostrare il possesso dei requisiti che consentono l’iscrizione in tali elenchi o di ottenere il rilascio della certificazione, nonché la relativa classificazione.

Gli elenchi di cui all’art. 90 vanno distinti dagli altri elenchi predisposti al fine di selezionare gli operatori a cui affidare gli appalti di servizi e forniture di valore inferiore alle soglie comunitarie, ai sensi dell’art. 36 del Codice.

La ratio dell’istituto si rinviene non solo nella volontà di assicurare livelli minimi di affidabilità dell’aggiudicatario dell’appalto, ma anche in quella di individuare una modalità di semplificazione dell’accertamento preventivo dei requisiti a vantaggio sia dell’operatore economico che dell’amministrazione con presumibili benefici in termini di costi e tempi.

La disposizione si colloca, per un verso, in linea di continuità con il precedente art. 45 del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, rubricato “Sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici”, che prevedeva la facoltà di istituire elenchi ufficiali di fornitori o prestatori di servizi, comunemente denominati albi, quale strumento di semplificazione procedurale a vantaggio dei soggetti che operano nel mercato delle forniture e dei servizi. Per altro verso, l’art. 90 del Codice si distanzia dalla formulazione dell’art. 45 soprattutto per quanto attiene al profilo dell’ambito oggettivo. Il testo dell’art. 90, infatti, fa riferimento a “elenchi ufficiali di imprenditori, fornitori o prestatori di servizi” (comma 1) mentre il menzionato art. 45, d.lgs. 163/2006, riguardava solo “elenchi ufficiali di prestatori di servizi o di fornitori”; dunque l’art. 90 risulta applicabile ad ogni tipologia di appalto pubblico, quindi anche agli esecutori di lavori pubblici, sovrapponendosi al sistema di certificazione SOA.

Sotto questo profilo, l’Autorità ha rilevato problemi di coordinamento con la disciplina di cui all’art. 84 del Codice, rubricato “Sistema unico di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici”; l’attestazione SOA per gli appalti di lavori pari o superiori a 150.000 euro è, infatti, requisito necessario e sufficiente per l’esecuzione dei lavori, mentre gli elenchi ufficiali di cui all’art. 90 sono concepiti come strumenti facoltativi di sola semplificazione probatoria.

Il dettato dell’art. 90, d’altro canto, riflette la posizione assunta dal legislatore europeo che, nella Direttiva 2014/24/UE, utilizza la nozione comunitaria di operatore economico che, come è noto, ricomprende ogni persona e/o ente (incluse imprese, succursali, filiali, partenariati, società cooperative, società a responsabilità limitata, università pubbliche o private, anche amministrazioni pubbliche) in grado di offrire sul mercato la realizzazione di lavori, la fornitura di prodotti o la prestazione di servizi, a prescindere dalla forma giuridica. L’art. 64 della Direttiva 2014/24/UE, rubricato “Elenchi ufficiali di operatori economici riconosciuti e certificazione da parte di organismi di diritto pubblico o privato”, che al terzo paragrafo recita: “Gli operatori economici iscritti in elenchi ufficiali o aventi un certificato possono, in occasione di ogni appalto, presentare alle amministrazioni aggiudicatrici un certificato di iscrizione rilasciato dalla competente autorità, o il certificato rilasciato dall’organismo di certificazione competente. Tali certificati indicano le referenze che consentono agli operatori economici l’iscrizione nell’elenco ufficiale o di ottenere la certificazione nonché la relativa classificazione.” è stato recepito, all’art. 90 del Codice, senza una ponderata valutazione delle peculiarità del sistema italiano di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici.

Inoltre, l’art. 90 del Codice, a differenza del previgente art. 45, non pone limiti alla portata della presunzione di idoneità alla prestazione dell’operatore economico iscritto nell’elenco: la precedente disciplina, invece, circoscriveva l’operatività della presunzione ad alcuni requisiti di carattere generale, tassativamente elencati (all’art. 38, comma 1, lett. a), c), f), secondo periodo; all’art. 39; all’art. 41, comma 1, lett. b) e c); all’art. 42, comma 1, lett. a), b), c), d); limitatamente ai servizi, all’art. 42, comma 1, lett. e), f), g), h), i); limitatamente alle forniture, all’art. 42, comma 1, lett. l) e m), d.lgs. n. 163/2006).

L’art. 90 non chiarisce se gli elenchi debbano essere istituiti e tenuti dalle singole amministrazioni, analogamente a quanto accade nei settori speciali, e se la loro validità risulti circoscritta gli appalti indetti dalle stesse amministrazioni o, invece, rivesta carattere nazionale.

In merito, alcune riflessioni possono essere svolte partendo dall’analisi del dato letterale del testo comunitario. L’art. 64 della Direttiva 2014/24/UE consente, infatti, a ciascuno Stato membro, e non alle stazioni appaltanti, attraverso l’esercizio di un potere discrezionale, di istituire gli elenchi in commento ai fini della partecipazione alle procedure di affidamento, diversamente da quanto disposto dall’art. 77 della direttiva 2014/25/UE relativa ai settori speciali, in cui la scelta se istituire o meno un sistema di qualificazione è rimessa agli enti aggiudicatori. Ancora, il testo dell’art. 90 del Codice prevede che il soggetto iscritto nell’elenco presenta all’amministrazione il relativo certificato di iscrizione, disposizione che avrebbe poco senso nel caso in cui fosse la stessa stazione appaltante a predisporre l’elenco.

Parimenti, l’art. 90 non specifica le modalità di istituzione ed articolazione degli elenchi, non è stabilito il significato dell’espressione “elenchi ufficiali”, né i soggetti competenti ad istituirli.

Dal confronto con la previgente disciplina del menzionato art. 45 si rileva, poi, che non è più riportato nell’art. 90 alcun riferimento all’attività di certificazione effettuata dall’Autorità relativa all’iscrizione di un operatore economico negli elenchi in commento. La dottrina si è divisa sull’interpretazione di questo elemento: per alcuni si tratterebbe di una “svista” del legislatore delegato, per altri sarebbe il risultato di una scelta consapevole. In argomento si osserva, inoltre, che la bozza del Codice su cui si è espresso il Consiglio di Stato con il parere n. 855/2016 conteneva la previsione della certificazione da parte dell’Autorità e che l’inciso è stato espunto dal legislatore a seguito dei rilievi mossi dai giudici di Palazzo Spada che hanno osservato a riguardo: “Il comma 4 sembra redatto sul presupposto che l’iscrizione di un operatore economico in un elenco ufficiale debba essere certificata dall’ANAC. Tuttavia, la disposizione non chiarisce i presupposti, le condizioni e le modalità di tale certificazione.”

Alla luce di quanto rappresentato, la tesi della “svista” appare difficilmente sostenibile ma allora se si è trattato di una scelta consapevole, occorre interpretare con questa chiave di lettura anche la previsione del comma 10 dell’art. 90 secondo cui gli elenchi sono soggetti a pubblicazione sul profilo di committente e sul casellario informatico dell’ANAC. Quest’ultima disposizione, che fissa il principio di pubblicità degli elenchi, era presente anche nell’art. 45 del “vecchio Codice”, ma in tale contesto assumeva un significato diverso in funzione del ruolo centrale assegnato all’Autorità di cui era espressione la funzione certificatoria, eliminata quest’ultima, l’obbligo di pubblicazione sul casellario informatico finisce per perdere il significato che originariamente aveva, atteso il mutato contesto normativo.

Conclusioni

Sulla base delle considerazioni sopra svolte, l’Autorità auspica una riscrittura dell’art. 90 del Codice in modo da superare le ambiguità evidenziate, in particolare coordinando le previsioni in esso contenute con la disciplina del sistema di qualificazione degli esecutori di lavori pubblici ed espungendo dall’attuale comma 10 dell’art. 90 il riferimento all’obbligo di pubblicazione degli elenchi sul casellario informatico dell’ANAC, atteso che la norma non prevede un ruolo di certificazione da parte dell’Autorità.

 

 


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