Il Consiglio di Stato ha reso il parere sulle Linee guida ANAC che aggiornano le precedenti Linee guida sulla nomina, ruolo e compiti del Responsabile unico del procedimento alla luce delle modifiche apportate al testo dell’articolo 31 del Codice dei contratti pubblici ad opera dell’articolo 21 del D.lgs. 19 aprile 2017, n. 56 nonché dell’esigenza di dare risposta alle osservazioni e richieste di chiarimenti pervenute da parte di numerose stazioni appaltanti.

Consiglio di Stato, commissione speciale, 25 settembre 2017, n. 2040, Presidente Carbone, Estensore Contessa

A margine

Il parere segue quello già dato sulle precedenti Linee guida con n. 1767 del 2 agosto 2016.

Nel merito, il collegio evidenzia che, in alcuni casi, il testo aggiornato ha proceduto a rimodulazioni della precedente disciplina in assenza di modifiche della normativa primaria di riferimento (come nel caso dei requisiti di professionalità del RUP per appalti e concessioni di lavori per importi compresi fra 150mila euro e un milione di euro). Ritiene comunque che l’introduzione di tali ulteriori rimodulazioni non risulti precluso, trattandosi comunque di legittimo (ri-) esercizio del potere di regolazione subprimaria demandato all’ANAC.

Trattandosi di un testo che modifica Linee-Guida di carattere vincolante (quanto meno in relazione agli aspetti richiamati dall’art. 31, comma 5 del ‘Codice’), appare poi necessario, per ragioni di certezza giuridica, rendere di immediata evidenza per gli operatori quali siano in concreto le parti del testo modificate, se del caso utilizzando appositi accorgimenti grafici. Tale esigenza discende anche dalla considerazione che lo schema di Linee-Guida in esame prevede al par. 12 un periodo di vacatio riferito “[alle] presenti Linee guida aggiornate al d.lgs. 56/2017”, sicché è necessario evidenziare agli operatori quali siano in concreto i profili di novità destinati ad acquistare vigore una volta decorso tale periodo.

Per quanto riguarda, invece, i singoli paragrafi appare opportuno integrare le previsioni relative alla nomina del RUP attraverso specifici riferimenti a tali presupposti e modalità (ad esempio, potrebbe essere chiarita la nozione di “necessario livello di inquadramento giuridico” laddove il dipendente occupi una posizione elevata ma non riferita alla professionalità tecnica posseduta, o viceversa possa vantare una rilevante professionalità tecnica pur se inquadrato in una posizione non elevatissima; potrebbe inoltre essere chiarita la relativa tempistica e la nozione di ‘apicalità’ richiamata al co. 1, terzo periodo);

– par. 2.3 – sempre in relazione ai presupposti e alle modalità di nomina del RUP, potrebbe essere utile fornire un chiarimento circa la relazione che esiste fra – da un lato – l’art. 31, co. 1, penultimo periodo (secondo cui, in caso di carenza in organico di adeguate professionalità, l’incarico di RUP viene assegnato “tra gli altri dipendenti in servizio”) e – dall’altro – l’art. 31, co. 6 (secondo cui, in caso di assenza in organico di un tecnico, le funzioni di RUP per i servizi di ingegneria e di architettura sono attribuite “al responsabile del servizio quale attiene il lavoro da realizzare”);

– par. 4.2, lett. a) – per quanto riguarda gli appalti e le concessioni di lavori di importo inferiore a 150mila euro lo schema sottoposto al parere consente, in caso di carenza in organico di un tecnico, che l’incarico di RUP sia affidato “a un dirigente laureato in materie giuridiche”. L’ANAC è inviata a valutare se tale requisito risulti sproporzionato per eccesso, con particolare riguardo alla necessità della qualifica dirigenziale (atteso che la figura del dirigente potrebbe non essere presente negli Enti di minori dimensioni e considerato il modesto importo dell’appalto);

– par. 4.2, lett. b), n. 1) – siccome i compiti del RUP si esplicano nell’intero ambito delle attività di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione, appare riduttiva la previsione secondo cui l’esperienza specifica richiesta al RUP risulta limitata al solo “affidamento di appalti e concessioni” (considerazioni del tutto analoghe valgono per gli altri punti del testo in cui le Linee guida richiedono requisiti di esperienza specifica rinviando al solo “affidamento”). Se, come sembra, le Linee Guida intendono offrire una nozione ampia di ‘affidamento’ (tale da riferirsi, di fatto, all’intero ciclo dell’appalto), occorrerebbe forse meglio specificarlo;

– par. 4.3. – si suggerisce di verificare un possibile refuso nel riferimento alla sola lettera c) (che si riferisce ad appalti di importo compreso fra 1 milione di euro e le soglie di rilevanza UE). Ed infatti:

  • mentre nell’originario testo delle Linee guida (26 ottobre 2016) tale riferimento appariva del tutto corretto, riferendosi la lettera c) agli affidamenti di importo più elevato;
  • al contrario, a seguito della riformulazione qui proposta, il corretto riferimento sembra essere piuttosto alla lettera d) (la quale coincide con la vecchia lettera c)).

In alternativa, si potrebbe valutare di operare il riferimento sia alla lettera c) che alla lettera d);

– par. 5.1.2 – Occorre valutare l’effettiva compatibilità fra:

  • (da un lato) l’art. 31, co. 1 il quale, all’indomani del decreto correttivo n. 56 del 2017, stabilisce che il RUP viene individuato “nell’atto di adozione o di aggiornamento dei programmi di intervento di cui all’art. 21, comma 1” (dal che si desume che prima dell’adozione o dell’aggiornamento di tali programmi un RUP, a rigore, non vi è) e
  • (dall’altro) il par. 5.1.2 dello schema di Linee guida in esame, secondo cui il RUP svolge alcuni compiti di proposta e informazione già “nella fase antecedente alla programmazione”;

– par. 7.3.4. – E’ opportuno chiarire meglio la nozione di “categorie particolari di prodotti o servizi”, per la cui acquisizione la stazione appaltante può richiedere che il RUP sia in possesso di particolari e ulteriori requisiti di formazione o professionali.

Ed infatti, pur dovendosi riconoscere alle stazioni appaltanti adeguati margini di autonomia, sembra che l’attuale formulazione della previsione consenta di riempire la nozione di “particolarità” di contenuti di fatto indefiniti, in tal modo facendo dubitare della stessa utilità delle previsioni di cui al precedente punto 7.3 e consentendo alle stazioni appaltanti di discostarsene senza difficoltà. Vi è infatti il rischio che, attraverso l’artificioso ricorso all’indefinita nozione di ‘particolarità’ (e attraverso l’altrettanto artificiosa individuazione di ulteriori requisiti professionali), le stazioni appaltanti possano di fatto riorientare la nomina a responsabile unico verso soggetti diversi da quelli che ordinariamente ne sarebbero destinatari, in tal modo influendo sull’individuazione della figura-chiave dell’intero ciclo dell’appalto.

Si osserva infine che appare sostanzialmente pleonastica e riproduttiva di un obbligo già esistente la previsione di cui all’ultimo periodo, secondo cui può essere richiesta l’abilitazione all’esercizio della professione “se previsto dalle vigenti disposizioni di legge”;

– par. 8.1. (alinea) – A seguito delle modifiche al testo, le Linee guida in esame estendono in modo espresso alle ipotesi di appalti di servizi e forniture e alle concessioni di servizi le previsioni di cui ai paragrafi 5.2 e 5.3 (invero, dedicate alla diversa materia degli appalti di lavori). Pertanto, al fine di non ingenerare possibili confusioni, si suggerisce di dedicare all’estensione in parola una previsione ad hoc, evitando la formula del “fermo restando”.


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