La disposizione di cui all’art. 115, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, secondo la quale tutti i contratti d’appalto ad esecuzione periodica o continuativa, stipulati con la P.A., devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi, è norma imperativa destinata ad operare anche in assenza di specifica previsione tra le parti ovvero in presenza di previsioni contrastanti, con la conseguenza che le disposizioni negoziali contrastanti con tale disposizione legislativa non solo sono colpite dalla nullità ex art. 1419 cc, ma sostituite de iure, ex art. 1339 c.c., dalla disciplina imperativa di legge.

Tar Campania, Napoli, sez. II, sentenza 30 agosto 2017, n. 4204, Presidente Nunziata, Estensore Bruno

A margine

Nella vicenda, una società, a seguito di gara pubblica, diviene aggiudicataria del servizio per la raccolta differenziata e trasporto dei rifiuti, per un periodo di anni quattro, presso un Comune.

Nel 2016 l’amministrazione indice una nuova gara per l’affidamento del medesimo servizio e nelle more del relativo svolgimento, al fine di garantire la continuità dello stesso, dispone varie proroghe del contratto in essere con l’attuale affidataria.

Tuttavia, nel corso del rapporto il Comune non attiva l’obbligatorio meccanismo revisionale del prezzo dell’appalto pluriennale, riversando l’aumento dei costi del servizio in via esclusiva sulla società esecutrice che pertanto ricorre al Tar affermando la radicale nullità dell’art. 12 del contratto di appalto originariamente sottoscritto con cui si escludeva qualsivoglia ipotesi di revisione dei prezzi, in quanto contrastante con la previsione dell’art. 115 del d. lgs. 163/2006, da considerarsi quale norma imperativa, nonché del silenzio serbato dal Comune in merito all’istanza di revisione del prezzo presentata dalla società ricorrente.

Il Collegio rileva che, come chiarito dalla giurisprudenza anche del Giudice d’Appello, “La disposizione, inizialmente dettata dall’art. 6 comma 4, l. 24 dicembre 1993 n. 537 e successivamente recepita dall’art. 115, d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, secondo la quale tutti i contratti d’appalto ad esecuzione periodica o continuativa, stipulati con la Pubblica amministrazione, devono recare una clausola di revisione periodica del prezzo operata sulla base di una istruttoria condotta dai dirigenti responsabili dell’acquisizione di beni e servizi, è norma imperativa destinata, come tale, ad operare anche in assenza di specifica previsione tra le parti ovvero in presenza di previsioni contrastanti, con la conseguenza che le disposizioni negoziali contrastanti con tale disposizione legislativa non solo sono colpite dalla nullità ex art. 1419 c.c., ma sostituite de iure, ex art. 1339 c.c., dalla disciplina imperativa di legge” (Consiglio di Stato, sez. V, 21/07/2015, n. 3594).

Ne consegue che la clausola contraria, contenuta nel contratto di appalto in esame, lungi dal considerarsi frutto di acquiescenza della parte ricorrente, deve considerarsi nulla e pertanto tamquam non esset ed emendata di diritto dal disposto normativo citato, in quanto norma imperativa, ex art. 1339 c.c..

Ne discende che, se certamente deve escludersi la sussistenza di un diritto all’automatico riconoscimento delle somme pretese dalla ricorrente, il Comune, a seguito della presentazione dell’istanza da parte dell’interessata, comunque diretta ad ottenere la revisione del prezzo, avrebbe dovuto concludere il procedimento con provvedimento espresso e motivato nel termine generale prescritto dall’art. 2, comma 2, l. 241/90.

Pertanto il Tar dichiara l’obbligo del Comune di concludere il procedimento avviato su domanda di parte diretto alla determinazione del compenso revisionale spettante in relazione al servizio gestito, entro 30 (trenta) giorni dalla comunicazione o notificazione della sentenza.

di Simonetta Fabris

 


Stampa articolo