Anche se l’affidamento in house rappresenta una scelta discrezionale all’interno delle possibilità previste dall’ordinamento, tale scelta deve essere adeguatamente motivata circa le ragioni di fatto e di convenienza che la giustificano rispetto alle altre opzioni

Tar Lombardia, sezione terza, sentenza n. 1781 del25 maggio 2016 e del 7 settembre 2016Presidente Di Benedetto, relatore Mameli


A margine

Alcuni Enti affidano ad una società in house la gestione del servizio idrico integrato e procedono con la dichiarazione di decadenza del precedente gestore del servizio di acquedotto.

La società ricorrente eccepisce che l’Ente di governo dell’Ambito non avrebbe effettuato alcuna valutazione in ordine: a) alla capacità della società in house di gestire il servizio in condizioni di economicità ed efficienza anche nell’interesse dell’utenza; b) alla effettiva possibilità per la società in house di dare attuazione al Piano d’Ambito in ragione dei vincoli sull’assunzione del personale e dell’assoggettamento al patto di stabilità interno; c) alla concreta possibilità per gli Enti locali soci di effettuare gli accantonamenti di bilancio imposti per legge a fronte dell’affidamento del servizio alla società in house.

In sintesi, la scelta del modello di gestione in house sarebbe stata effettuata in assenza di un’approfondita analisi di economicità ed efficienza, e senza alcun confronto con le altre possibili modalità gestionali previste dall’ordinamento (affidamento a terzi o a società mista, previa gara).

Il Tar rammenta quindi che i servizi pubblici locali di rilevanza economica possono essere gestiti indifferentemente mediante il mercato (ossia individuando all’esito di una gara ad evidenza pubblica il soggetto affidatario) ovvero attraverso il c.d. partenariato pubblico – privato (ossia per mezzo di una società mista e quindi con una gara a doppio oggetto per la scelta del socio o poi per la gestione del servizio), ovvero, ancora, attraverso l’affidamento diretto, in house, senza previa gara, ad un soggetto che solo formalmente è diverso dall’ente, ma che ne costituisce sostanzialmente un diretto strumento operativo, ricorrendo in capo a quest’ultimo i requisiti della totale partecipazione pubblica, del controllo (sulla società affidataria) analogo (a quello che l’ente affidante esercita sui propri servizi) e della realizzazione, da parte della società affidataria, della parte più importante della sua attività con l’ente o gli enti che la controllano.

E’ dunque vero che l’affidamento in house rappresenta una scelta discrezionale all’interno delle possibilità previste dall’ordinamento, ma altrettanto vero è che tale scelta deve essere adeguatamente motivata circa le ragioni di fatto e di convenienza che la giustificano rispetto alle altre opzioni (cfr. Cons. Stato sez. V, n. 4599/2014).

Tanto più nella specie in cui l’art. 34, comma 20, D.L. 18 ottobre 2012, n. 179, conv. in L. 17 dicembre 2012, n. 221, impone un dettagliato e più aggravato onere motivazionale, subordinando la legittimità della scelta della concreta modalità di gestione dei servizi pubblici locali proprio alla redazione di un’apposita relazione che dia conto delle ragioni e della sussistenza dei requisiti previsti dall’ordinamento europeo per la forma dell’affidamento prescelta e che definisca i contenuti specifici degli obblighi del servizio pubblico e servizio universale, indicando le compensazioni economiche se previste (cfr. Cons. Stato, sez. V, 12 maggio 2016 n. 1900).

Tale relazione è finalizzata, in particolare, a rendere trasparenti e conoscibili agli interessati tanto le operazioni di riscontro delle caratteristiche che fanno dell’affidataria una società in house, quanto il processo d’individuazione del modello più efficiente ed economico alla luce di una valutazione comparativa di tutti gli interessi pubblici e privati coinvolti (T.A.R. Friuli Venezia Giulia, n. 468/2015; T.A.R. Abruzzo Pescara, n. 349/2015).

Tra l’altro, i riferiti canoni interpretativi trovano oggi positiva rispondenza nell’art. 192 del D.lgs. 50/2016, secondo cui “Ai fini dell’affidamento in house di un contratto avente ad oggetto servizi disponibili sul mercato in regime di concorrenza, le stazioni appaltanti effettuano preventivamente la valutazione sulla congruità economica dell’offerta dei soggetti in house, avuto riguardo all’oggetto e al valore della prestazione, dando conto nella motivazione del provvedimento di affidamento delle ragioni del mancato ricorso al mercato, nonché dei benefici per la collettività della forma di gestione prescelta, anche con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio, nonché di ottimale impiego delle risorse pubbliche”

L’ordinamento, dunque, pur ammettendo quale forma di gestione dei servizi pubblici l’affidamento diretto alla società in house, richiede la dimostrazione che tale scelta, preferita rispetto a quelle del ricorso al mercato, sia supportata da ragioni di convenienza sotto il profilo dei benefici per la collettività.

Nel caso di specie, gli atti impugnati non forniscono un’adeguata motivazione dell’opzione prescelta non esplicitando le ragioni della selezione dell’uno o dell’altro modello “con riferimento agli obiettivi di universalità e socialità, di efficienza, di economicità e di qualità del servizio”.  Da qui la decisione del loro annullamento.

Il decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175, recante il nuovo testo unico in materia di società a partecipazione pubblica, in vigore dal 23 settembre 2016, rafforza l’obbligo motivazione degli atti di costituzione delle società o di acquisizione di partecipazione indicando quali sono specificatamente gli elemnti che le pubbliche amministrazioni devono prendere in considerazione e valutare in modo analitico (artt. 4, 5 e art. 7: stretta necessità in relazione alle finalità istituzionali da perseguire; ragioni e finalità della scelta; convenienza economica anche con riferimento ad alternative organizzative, ecc.)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

congruamente motivata e richiede la puntuale dimostrazione


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