Con l’atto di segnalazione n. 2 del 1° febbraio 2017, approvato dal Consiglio dell’Autorità nazionale anticorruzione con delibera n. 48 del 1° febbraio 2017, l’Anac propone al Governo e al Parlamento la modifica degli articoli 83, c. 10, 84, c. 4 e 95, c. 13, del D.Lgs. n. 50/2016.

La segnalazione trae le mosse dalla previsione dell’art. 83, c. 10, del Codice dei contratti secondo cui «è istituito presso l’ANAC, che ne cura la gestione, il sistema del rating di impresa e delle relative penalità e premialità, da applicarsi ai soli fini della qualificazione delle imprese, per il quale l’Autorità rilascia apposita certificazione. Il suddetto sistema è connesso a requisiti valutati sulla base di indici qualitativi e quantitativi, oggettivi e misurabili, nonché sulla base di accertamenti definitivi che esprimono la capacità strutturale e di affidabilità dell’impresa. L’ANAC definisce i requisiti reputazionali e i criteri di valutazione degli stessi, nonché le modalità di rilascio della relativa certificazione, mediante linee guida adottate entro tre mesi dalla data di entrata in vigore del presente codice. Rientra nell’ambito dell’attività di gestione del suddetto sistema la determinazione da parte di ANAC di misure sanzionatorie amministrative nei casi di omessa o tardiva denuncia obbligatoria delle richieste estorsive e corruttive da parte delle imprese titolari di contratti pubblici, comprese le imprese subappaltatrici e le imprese fornitrici di materiali, opere e servizi. I requisiti reputazionali alla base del rating di impresa di cui al presente comma tengono conto, in particolare, del rating di legalità rilevato dall’ANAC in collaborazione con l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, ai sensi dell’art. 213, comma 7, nonché dei precedenti comportamentali dell’impresa, con riferimento al rispetto dei tempi e dei costi nell’esecuzione dei contratti, all’incidenza del contenzioso sia in sede di partecipazione alle procedure di gara che in fase di esecuzione del contratto. Tengono conto altresì della regolarità contributiva, ivi compresi i versamenti alle Casse edili, valutata con riferimento ai tre anni precedenti».

Il lavoro svolto dall’Autorità, successivamente all’emanazione del Codice, ha evidenziato la necessità di diversi interventi di chiarimento e correzione sul suddetto articolo al fine di consentire l’effettiva implementazione dell’istituto in coerenza con la sua natura e ratio.

A tal fine e tenuto conto del divieto di gold plating, l’Anac segnala che:

  • il desunto collegamento del rating di impresa per l’accesso alla gara, soltanto per la qualificazione dei lavori, costituisce una limitazione irragionevole in considerazione delle dimensioni dei mercati dei servizi e delle forniture e delle numerose criticità riscontrate nel tempo in ordine alla qualità esecutiva del loro affidamento. Pertanto il testo dell’art. 83, c. 10 andrebbe rivisto e, nel contempo, andrebbe introdotta una norma speculare a quella contenuta nell’art. 84, c. 4, per l’istituzione di una procedura di qualificazione legata al rating d’impresa anche per l’affidamento di servizi e forniture;
  • l’art. 83, c. 10, del Codice, prevede che il rating di impresa sia basato su “penalità e premialità” mentre l’art. 84, c. 4, del Codice, sembrerebbe far propendere per l’obbligatorietà dell’istituto. Una diversa disciplina, che lo costruisse su base volontaria, potrebbe consentirne l’utilizzo in sede di offerta economicamente più vantaggiosa secondo il miglior rapporto qualità/prezzo, includendolo tra gli elementi menzionati dall’art. 95, c. 13, del Codice, in luogo del rating di legalità. In tale sede sembra infatti molto più coerente, sotto il profilo dell’esperienza, dare rilievo al rating di impresa piuttosto che a quello di legalità;
  • è necessario chiarire il rapporto tra i 2 rating richiamati: se, da un lato, l’attribuzione del rating di legalità è consentita solo alle imprese titolari di fatturati annui al di sopra di due milioni di euro, dall’altro, l’utilizzo dello stesso, per finalità diverse e ulteriori, impone necessariamente l’introduzione di misure correttive per non svantaggiare i soggetti che non possono averne accesso.

Pertanto l’Anac propone di rivedere il rating d’impresa, come attualmente previsto dal Codice, in considerazione:

  • dell’attuale collegamento di quest’ultimo solo alla qualificazione, in luogo di un suo più opportuno inserimento tra gli elementi di valutazione dell’offerta qualitativa;
  • della sua strutturazione, basata su elementi che non possono essere ritenuti, in alcuni casi, chiari indici di past performance, e che, peraltro, recano con sé un aggravio di oneri amministrativi e burocratici al sistema nel suo complesso (imprese, amministrazioni e Autorità) trasformandolo, da istituto obbligatorio, ad istituto ad adesione volontaria;
  • della necessità di coordinarlo correttamente con il diverso “rating di legalità”, che presenta precisi limiti soggettivi ed oggettivi di applicazione.

Infine, anche nel caso di mantenimento dell’attuale collegamento dell’istituto con il sistema di qualificazione degli operatori, in ogni caso da chiarire, vanno necessariamente rivisti gli indicatori costitutivi del rating di impresa avendo come obiettivo quello di individuarne pochi, facilmente misurabili, oggettivi ed effettivamente espressivi della past performance dell’impresa esecutrice.


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