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Sulla differenza tra soggetti accentratori e centrali di committenza e sull’obbligo di ricorso alle convenzioni Consip6 min read

I Soggetti accentratori di cui all’art. 9, d.l. n. 66/2014 sono figure diverse dalle Centrali di Committenza costituite da Comuni non Capoluogo di Provincia che sono, invece, riconducibili alla figura della Stazione Unica Appaltante di cui all’art. 13, l. n. 136/2010.

Il Comune non è obbligato ad aderire alla Convenzione Consip per assicurare il servizio pubblico locale di illuminazione, non risultando questo espressamente menzionato nell’elenco dei settori merceologici e di servizi contemplati dal d.P.C.M. 24 dicembre 2015.

Tar Lazio, sez. II quater, sentenza 24 maggio 2018, n. 5781 [1], Presidente Pasanisi; Estensore Rizzetto

A margine

Il fatto

La Società aggiudicataria della Convenzione Consip per il Servizio Luce impugna il bando di gara telematica per l’affidamento in concessione dell’attività di gestione e manutenzione degli impianti di pubblica illuminazione di un Comune lamentando il difetto di qualificazione della centrale unica di gara incaricata nonché la mancata adesione alla Convenzione Consip “Luce 3” e l’omessa verifica del benchmark convenzionale.

La sentenza

Il Tar ricorda che l’’art. 33-ter del d.l. n. 179/2012 [2] aveva istituito l’Anagrafe unica delle stazioni appaltanti (AUSA), presso l’AVCP, obbligando le stazioni appaltanti a richiedere l’iscrizione ai sensi dell’art. 62-bis d.lgs. n. 82/2005 [3].

L’art. 9 del D.L. n. 66/2014 [4], commi 1 e 2, ha istituto, nell’ambito della predetta Anagrafe, un ulteriore elenco, quello dei « soggetti aggregatori », al quale sono iscritti “di diritto” Consip S.p.A. e una centrale di committenza per ogni Regione (ove costituita) e, previa valutazione del possesso di specifici requisiti individuati con DPCM (11.11.2014), anche «i soggetti diversi da quelli di cui al comma 1 che svolgono attività di centrale di committenza ai sensi dell’art. 33 del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163 [5]», fino ad un massimo di 35 soggetti.

Il sistema è stato confermato anche dal nuovo Codice [6] del 2016 che all’art. 213, co. 16, ha affidato all’ANAC il compito di gestire tale elenco.

Dal quadro attuale risulta che, mentre i Soggetti Aggregatori sono Centrali di Committenza “qualificate” mediante l’iscrizione nell’elenco predetto, la Centrale di Committenza costituita dai Comuni non Capoluogo è riconducibile alla Stazione Unica Appaltante di cui all’art. 13 della legge n. 136/2010 [7] (DPCM 30.6.2011) – che dà attuazione all’art. 33 del Codice Appalti del 2006 – come chiarito dall’ANAC con Determinazione n. 3 del 25.2.2015 [8], che ha in tal modo risolto lo spinoso problema del rapporto tra le Stazioni Uniche Appaltanti di cui all’art. 13 della legge n. 136/2010 [7] ed i Soggetti Aggregatori previsti dall’art. 9 del D.L. n. 66/2014 [4], chiarendo che i due istituti hanno in comune la natura di centrale di committenza, alla quale, tuttavia, il Soggetto Aggregatore unisce un’ulteriore qualità, consistente nell’abilitazione derivante dalla “qualificazione” conseguita ex lege o previa valutazione e iscrizione nell’elenco ANAC.

Ne discende che dal mancato inserimento della centrale di committenza in esame nell’elenco dei soggetti aggregatori deriva solo l’incapacità dell’Ente in parola di operare come Soggetto Aggregatore della Domanda, ma non anche la sua incapacità di operare come Centrale di Committenza per l’Unione dei Comune che ne fanno parte.

A tal fine è infatti sufficiente, come previsto dall’art. 216, co. 10, del Codice [6], richiamato anche dall’art. 38, co. 8, la mera iscrizione quale Centrale di Committenza all’AUSA; questa costituisce condizione necessaria e sufficiente per consentire alla Comunità Montana in parola di operare come Centrale di Committenza almeno nel regime transitorio delineato dall’art. 216, co. 10, del Codice [6], fino all’entrata a regime del sistema di qualificazione di cui all’art. 38 del Codice, come ribadito anche dalla Delibera ANAC n. 911 del 31.8.2016 [9].

Circa la seconda censura, relativa alla scelta del Comune di avvalersi della procedura in contestazione, anziché aderire alla Convenzione Consip LUCE, senza tener conto delle condizioni più vantaggiose da questa offerte, il collegio ricorda che l’art. 1, co. 449, della legge n. 296/2006 [10], da un lato, obbliga le sole amministrazioni statali ad approvvigionarsi utilizzando le convenzioni-quadro, dall’altro, conferma, per le restanti amministrazioni, inclusi gli enti locali, la mera facoltatività del ricorso alle convenzioni CONSIP, ribadendo, tuttavia, l’obbligo ad utilizzarne i parametri di prezzo-qualità come limiti massimi per la stipulazione dei contratti.

Si ricorda inoltre che il D.P.C.M. 24 dicembre 2015 [11] ha individuato un elenco di beni e servizi standardizzati per i quali tutte le Amministrazioni pubbliche, inclusi gli Enti Locali, non possono effettuare acquisti con procedure autonome, ma sono costrette ad avvalersi della Convenzione Consip.

Nel caso in esame, la previsione di obbligatoria adesione alla Convenzione Consip sancita dall’art. 9, co. 3, DL 66/2014 [4] non trova applicazione in quanto il servizio pubblico locale di illuminazione pubblica non risulta espressamente menzionato nell’elenco dei settori merceologici e di servizi contemplati dal DPCM.

Conclusioni

Il Collegio ritiene che l’attività che si intende affidare con la procedura in contestazione non sia affatto riconducibile al mero servizio energia, ma rientri, invece, tra servizi pubblici locali a rete di rilevanza economica di cui all’art. 3 bis del D.L. n. 138/2011 [4] per i quali la predetta disposizione demanda espressamente “le funzioni di organizzazione degli stessi, di scelta della forma di gestione, di affidamento della gestione e relativo controllo agli enti di governo degli ambiti o bacini territoriali ottimali e omogenei (….)”, e precisando che la motivazione sulla forma di affidamento prescelta va riscontrata nell’apposita relazione da pubblicare sul sito internet degli organi di governo interessati ai sensi dell’art. 34, co. 20, DL n. 179/2012 [2], come ricordato anche dall’ANAC nel Comunicato del Presidente del 14.9.2016 che invita gli Enti Locali a utilizzare gli altri strumenti disponibili, nel rispetto del Codice e del DL 179/2012.

Non convince nemmeno il richiamo al favor delle norme vigenti per le convenzioni della Consip – anche quando la relativa adesione non sia obbligatoria – desumibile anche dal fatto che queste, in difetto di adesione, rilevano comunque come parametri di prezzo-qualità fungenti da limiti massimi per la stipulazione dei contratti, in quanto da essi può farsi discendere, semmai, solo “una peculiare presunzione di convenienza” delle convenzioni in parola, alla quale “corrisponde pertanto, per le Amministrazioni, una sorta di regola di azione” (Cons. Stato, sez. V, n. 2194/2015) che comporta solo di motivare le relative scelte, facendole precedere da adeguata istruttoria (cfr. TAR Sicilia, Palermo, sez. III n. 2033/2017).

Nel caso in esame, è in sede di programmazione dell’intervento che il Comune resistente ha svolto l’attività di indagine per stabilire se convenisse o meno procedere autonomamente all’affidamento del servizio pubblico locale di illuminazione stradale e nell’inserimento di tale decisione, successivamente, nel Programma Triennale di cui si dà atto nella determinazione a contrarre che costituisce la motivazione della scelta finale.

La scelta del Comune può essere sindacata solo nei limiti del riscontro dell’eventuale palese irragionevolezza della decisione; ipotesi che, però, non è ravvisabile nel caso alla luce delle specifiche esigenze di manutenzione e gestione d’esercizio della rete degli impianti di illuminazione e semaforici rappresentate dalla Stazione appaltante, in considerazione della vetustà, della localizzazione e caratteristiche degli impianti stessi, dell’incapacità tecnico-organizzativa e finanziaria dell’Ente a provvedere altrimenti.

di Simonetta Fabris