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Sull’affidamento di appalti a titolo gratuito alla luce del Codice dei contratti3 min read

La logica concorrenziale che presidia, per la matrice eurounitaria, il Codice degli appalti pubblici, non esclude la possibilità di bandire una gara in cui l’utilità economica del potenziale contraente non è finanziaria ma insita nel ritorno di immagine derivante dall’esecuzione della prestazione contrattuale.

Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 3 ottobre 2017, n. 4614 [1], Presidente Severini, Estensore Fantini

A margine

Fatto –  Sentenzaari ordini professionali impugnano il bando di gara con cui un Comune indice una procedura aperta per l’affidamento dell’incarico di redazione del piano strutturale dell’ente e del relativo regolamento urbanistico a titolo gratuito con corrispettivo simbolico pari ad 1 € e con riconoscimento di un rimborso spese per € 250.000,00, comprensivo di IVA, affermando l’illegittimità degli atti in quanto l’istituto dell’appalto si caratterizzerebbe come contratto a titolo oneroso, sia nella disciplina del Codice civile, sia in quella dei contratti pubblici.

In primo grado, il Tar Catanzaro, con sentenza n. 2435/2016 [2]accoglie il ricorso nell’assunto che non è configurabile un appalto pubblico di servizi a titolo gratuito, ovvero atipico rispetto alla disciplina di cui al d.lgs. n. 50 del 2016 [3].

Pertanto il Comune propone appello affermando l’erroneità della sentenza del Tar per avere individuato una corrispondenza tra onerosità dell’incarico professionale e garanzia dei requisiti di qualità dell’offerta, e dunque dell’appalto di servizi.

Sentenza – Il Consiglio di Stato accoglie il ricorso chiarendo che la garanzia di serietà e affidabilità, intrinseca alla ragione economica a contrarre, non necessariamente trova fondamento in un corrispettivo finanziario della prestazione contrattuale, che resta comunque a carico della Amministrazione appaltante; può, infatti, avere analoga ragione anche in un altro genere di utilità, pur sempre economicamente apprezzabile, che nasca o si immagini vada ad essere generata dal concreto contratto.

A supporto delle conclusioni cui è pervenuta, la Sezione ha ricordato che assume ormai particolare pregnanza nell’ordinamento, evidenziando il rilievo dell’economia dell’immateriale, la pratica dei contratti di sponsorizzazione. La sponsorizzazione non è un contratto a titolo gratuito, in quanto alla prestazione dello “sponsor” in termini di dazione del denaro o di accollo del debito corrisponde l’acquisizione, in favore dello stesso sponsor, del diritto all’uso promozionale dell’immagine della cosa di titolarità pubblica: il motivo che muove quest’ultimo è l’utilità costituita ex novo dall’opportunità di spendita dell’immagine, cioè la creazione di un nuovo bene immateriale.

Per l’Amministrazione è finanziariamente non onerosa – cioè passiva: non comporta un’uscita finanziaria – ma comunque genera un interesse economico attivo per lo sponsor, insito in un prodotto immateriale dal valore aggiunto che va a suo vantaggio. In altri termini, la circostanza che vi sia verso lo sponsor una traslazione meramente simbolica, cioè di immagine, della cosa di titolarità pubblica non può essere considerata come vicenda gratuita, ma va posta in stretta relazione, nei termini propri dell’equilibrio sinallagmatico, con il valore della controprestazione, vale a dire della dazione dello sponsor. Con la sponsorizzazione si ha dunque lo scambio di denaro contro un’utilità immateriale, costituita dal ritorno di immagine.

Conclusione. E’ legittima  una gara in cui l’utilità economica del potenziale contraente non è finanziaria, ma è costituita da un bene immateriale quale il ritorno d’immagine.