Due  pronunce del Giudice delle leggi del 2017 intervengono sul tema del pareggio di bilancio, come risultante dal quadro normativo costituito dalla L. 243/2012 in materia di equilibrio dei bilanci delle regioni e degli enti locali, oggetto di modifica da parte della L. 164/2016.

La sentenza n. 252 del 2017 –  E proprio le novità introdotte da quest’ultima disposizione costituiscono l’ambito su cui si è soffermata la prima sentenza (n° 252/2017), che dichiara l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni introdotte relative al rinvio ad un apposito decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri per la definizione della disciplina attuativa concernente l’utilizzo degli avanzi di amministrazione ed il ricorso all’indebitamento.
In particolare, sul punto, la censura ha riguardato essenzialmente due aspetti: da una parte, il fatto che il decreto sia stato chiamato a disciplinare i criteri e le modalità di attuazione senza limitare gli spazi di successiva regolamentazione ai profili di “attuazione tecnica”; dall’altra parte, il fatto che il decreto sia stato investito anche del compito di definire le modalità attuative del potere sostitutivo dello Stato, in caso di inerzia o ritardo da parte delle regioni e delle province autonome di Trento e Bolzano.
La prima questione è stata risolta dalla Corte Costituzionale in funzione della riconducibilità della disciplina alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, quale presupposto della potestà regolamentare e della necessità di un carattere meramente tecnico. In proposito, tuttavia, non si può non osservare come l’art. 5 della L. 243/2012 preveda una disciplina statale attuativa da adottare con legge rinforzata, potendosi conseguentemente escludere la possibilità, proprio da parte dello Stato, di esercitare sul punto una potestà regolamentare integrativa e non meramente tecnica.
Nel caso di specie, invece, proprio la formulazione letterale propone il riferimento ad intese in termini così generali da comportare l’eventuale esercizio di un potere tanto di natura meramente tecnica, quanto di natura discrezionale.
La seconda questione, invece, è stata risolta tenendo conto della previsione di cui all’120 della Carta Fondamentale, il quale ha introdotto una riserva di legge in materia di disciplina del potere sostitutivo, con la conseguenza che i casi e le fattispecie in presenza dei quali può essere esercitato devono essere stabiliti da un atto avente valore di legge.
La sentenza n. 247 del 2017 – L’ulteriore sentenza emessa (n° 247/2017), invece, concerne le restrizioni definite, sempre nell’ambito della L. 243/2012, in relazione all’utilizzo degli avanzi di amministrazione ed alla considerazione del fondo pluriennale vincolato nell’ambito del saldo finanziario. Tali evoluzioni normative, infatti, secondo gli enti che hanno attivato il giudizio, avrebbero determinato una violazione dei principi di autonomia finanziaria e di bilancio, soprattutto perché il fondo pluriennale vincolato fa riferimento a spese comunque finanziariamente coperte.
Le critiche indicate non sono, tuttavia, state accolte dalla Corte Costituzionale che, conseguentemente, ha sancito la conformità di tali previsioni che non avrebbero l’effetto di privare le amministrazioni della possibilità di disporre dell’avanzo. Del resto, sottolinea il giudice delle leggi, gli enti locali in avanzo hanno la mera facoltà e non l’obbligo di mettere a disposizione delle politiche regionali di investimento una parte o l’intero avanzo di amministrazione.
Rispetto al fondo pluriennale vincolato, infine, è suggerita un’interpretazione costituzionalmente orientata, che parte dal presupposto che le disposizioni impugnate non ne alterano la struttura e la gestione temporale, dal momento che accertamento, impegni ed obbligazioni attive e passive rimangono rappresentati e gestiti in bilancio secondo quanto programmato a suo tempo dall’ente territoriale.
In altri termini, sussiste comunque la possibilità di utilizzare il fondo pluriennale vincolato alle scadenze e per gli importi programmati, con la conseguenza che tale istituto contabile (tipico dell’armonizzazione contabile) non risulta influenzato in termini di utilizzo per garantire la copertura finanziario delle spese e che, pertanto, le disposizioni impugnate si presentano conformi alla disciplina costituzionale.

Stampa articolo