Con la recente deliberazione n. 28/2017 la Sezione delle Autonomie della Corte dei conti ha chiarito ulteriormente le modalità con cui le regioni devono procedere alla contabilizzazione dell’anticipazione di liquidità, anche alla luce dell’evoluzione normativa intervenuta (contenuta, in particolare, nella L. 208/2015) e giurisprudenziale.

Corte dei conti, Sezione delle Autonomie, deliberazione 19 dicembre 2017, 28-SEZAUT-2017Pres. Adolfo T. DE GIROLAMO, Rel. Alfredo GRASSELLI e altri

A margine

Il caso – La problematica, come noto, consegue ai molteplici provvedimenti adottati dal governo (il primo rappresentato dal D.L. 35/2013) derivanti dall’esigenza di consentire alle amministrazioni territoriali di effettuare pagamenti per spese già sostenute ma senza corresponsione del prezzo pattuito, perché le coperture formalmente previste nei bilanci degli enti non avevano trovato effettiva realizzazione per le scarse disponibilità liquide.

Si è trattato, ad evidenza, di un intervento eccezionale e straordinario, finalizzato a superare una criticità che, in assenza di provvedimenti significativi, avrebbe continuato a produrre effetti fortemente negativi sul sistema economico e produttivo complessivamente considerato.

Da qui la “lettura” della Corte costituzionale che, nel ritenere costituzionalmente legittime le misure straordinarie sopra richiamate, ha sottolineato l’esigenza che da questa immissione di risorse non derivassero effetti distorsivi sui risultati e non si provochino ulteriori spese non correlate ad effettive nuove disponibilità concretamente esistenti.

La deliberazione – Tale finalità, secondo la magistratura contabile, può essere agevolmente conseguita attraverso la sterilizzazione (in termini di spesa) delle maggiori risorse, meramente finanziarie, derivanti dall’anticipazione di liquidità finalizzata al superamento delle difficoltà nel pagamento dei fornitori.

Ciò anche tenendo conto della circostanza che (aspetto decisivo nella logica dei bilanci pubblici) trattasi, appunto, di un’anticipazione di liquidità, destinata a finanziaria solo in termini di cassa la gestione, e non di una provvista destinata al finanziamento di investimenti.

Ecco perché, secondo la pronuncia il corretto trattamento contabile dell’anticipazione di liquidità si traduce nell’allocazione in bilancio (titolo IV della spesa) dell’importo da restituire come specifica voce del Rimborso prestiti, non impegnabile e non pagabile.

Tale fondo è, poi, riportato come posta negativa alla specifica voce “Fondo anticipazioni liquidità DL 35 del 2013 e successive modifiche e rifinanziamenti” nel prospetto dimostrativo della composizione del risultato d’amministrazione di cui all’allegato A) degli schemi di rendiconto, proprio allo scopo di impedire la formazione di ulteriore risorse spendibili in termini di spesa.

La prima voce della spesa, intestata al “Disavanzo di amministrazione”, deve essere poi comprensiva della quota annuale di ripiano del disavanzo da accantonamento al fondo anticipazioni di liquidità determinata in misura pari alla rata di rimborso annuale dell’anticipazione ricevuta (con distinta indicazione nell’ambito della nota integrativa).

Il fondo anticipazioni così sterilizzato nel risultato di amministrazione (nell’ambito della parte accantonata) è poi annualmente applicato in entrata del bilancio di previsione dell’esercizio successivo come “Utilizzo fondo anticipazioni di liquidità”, allo scopo di garantire la copertura finanziaria delle quote a rimborso stanziate in spesa.

Infine, la Corte si preoccupa anche di quei casi in cui gli enti non hanno provveduto fin dall’inizio a sterilizzare le somme introitate a titolo di anticipazione di liquidità, con l’effetto di avere incrementato i livelli di spesa mediante l’utilizzo di tali risorse.

E’ così chiarito, in ultimo, che le eventuali nuove spese in precedenza effettuate a valere sulle anticipazioni di liquidità concorrono a formare disavanzo effettivo da ripianare secondo le ordinarie modalità di recupero del disavanzo.


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