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I vincoli all’incremento del fondo risorse decentrate previsti dal nuovo CCNL4 min read

Uno dei primi pareri del giudice contabile sulla compatibilità tra il nuovo CCNL “Funzioni locali” e le norme di contenimento della spesa pubblica

Corte dei conti, sezione di controllo per la Puglia, deliberazione n. 99 del 5 luglio 2018 [1] – Presidente Chiappiniello, relatore Sciancalepore

A margine

Il quesito verte sulla corretta quantificazione del fondo delle risorse decentrate alla luce di quanto di previsto dal nuovo CCNL [2] del 21 maggio 2018, relativo al personale non dirigente degli enti locali, e dei vincoli stabiliti in materia dal d.lgs. n. 75/2017 [3].

Un comune domanda se gli aumenti previsti dall’art. 67, co. 2, lett. a) e b) del CCNL [2] si pongano al di fuori del perimetro applicativo dell’art. 23, co. 2, del d.lgs. n. 75/2017. [3]

La sezione osserva che gli incrementi disposti dalla lettera a), pari ad euro 83,30 su base annua, per le unità di personale in servizio al 31 dicembre 2015, operano solo a decorrere dal 31 dicembre 2018 e a valere dall’anno 2019.

Inoltre, impattando sulle modalità di costituzione del fondo, l’art. 15, co. 5, dello stesso CCNL [2], stabilisce che gli oneri da destinare alla retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative vanno posti a carico del bilancio degli enti, ivi compresi quelli dotati di personale dirigenziale (deliberazione n. 6/SSRRCO/CCN/18 [4]).

Rispetto al vincolo posto dall’art. 23, co. 2, del d.lgs. n. 75/2017 [3], secondo cui, dal 2017, l’ammontare delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016, la Corte sottolinea che esso opera dal 1° gennaio 2017 senza una scadenza precisa.

Si tratta di una disposizione vincolistica, che pone limiti quantitativi, dai contenuti sostanzialmente analoghi a quelli dettati negli ultimi anni dal legislatore. Ad essa si accompagna, però, l’espressa abrogazione dell’art. 1, co. 236, della legge n. 208/2015 [5], con conseguente venir meno dell’ulteriore obbligo, per ogni ente, di ridurre automaticamente il fondo in misura proporzionale alla riduzione del personale in servizio (Sez. controllo Puglia, n. 110/2017/PAR [6]).

Chiarito ciò, la sezione sottolinea che, nel computo del tetto di spesa previsto dall’art. 23 rientrano, se non diversamente previsto dalla legge, tutte le risorse stanziate in bilancio con destinazione al trattamento accessorio del personale, indipendentemente dall’origine delle eventuali maggiori risorse, proprie dell’ente medesimo, a tal fine destinate.

Il limite all’ammontare complessivo delle risorse per il trattamento accessorio riguarda, infatti, sia le risorse tratte dai fondi per la contrattazione integrativa (circolare MEF-RGS n. 12/2011 [7] e SS.RR. in sede di controllo n. 51/2011/CONTR), sia le risorse poste direttamente a carico del bilancio delle singole amministrazioni (Sezione delle Autonomie, n. 26/2014/QMIG).

Nel trattamento accessorio del personale rientrano, quindi, tutti gli oneri accessori del personale, ivi comprese le risorse destinate a finanziare le posizioni organizzative nei Comuni privi di qualifiche dirigenziali (Sez. controllo Lombardia n. 54/2018/PAR [8]).

L’applicabilità dei vincoli posti dal decreto di riforma del d.lgs. n. 165/2001 trova conferma nell’art. 67, co. 7, del nuovo CCNL [2], secondo cui “la quantificazione del fondo delle risorse decentrate e di quelle destinate agli incarichi di posizione organizzativa di cui all’art. 15, co. 5, deve comunque avvenire, complessivamente, nel rispetto dell’art. 23, co. 2, del d.lgs. n. 75/2017 [3]”.

Questa norma contrattuale non deve infatti ritenersi smentita dalla successiva dichiarazione congiunta n. 5, allegata al CCNL [2], a mente della quale “in relazione agli incrementi del fondo risorse decentrate previsti dall’art. 67, comma 2, lett. a) e b), le parti ritengono concordemente che gli stessi, in quanto derivanti da risorse finanziarie definite a livello nazionale e previste nei quadri di finanza pubblica, non siano assoggettati ai limiti di crescita dei fondi previsti dalle norme vigenti”, stante la relativa natura “non normativa”.

In un siffatto quadro, la possibile contraddizione tra l’art. 67, co. 7, del CCNL [2] e la suddetta dichiarazione può essere superata ravvisando la legittimità di un eventuale incremento del fondo solo nel caso in cui questo non comporti un incremento, rispetto all’anno 2016, dell’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio: obiettivo, questo, ora realizzabile attraverso una corrispondente riduzione delle risorse destinate agli incarichi di posizione organizzativa.

Una tale conclusione risulta avvalorata dal disposto dell’art. 15, co. 7, del CCNL [2], norma secondo cui per effetto di quanto previsto dall’art. 67, co. 7, in caso di riduzione delle risorse destinate alla retribuzione di posizione e di risultato delle posizioni organizzative previste dal comma 5, si determina un corrispondente ampliamento delle facoltà di alimentazione del Fondo risorse decentrate, attraverso gli strumenti a tal fine previsti dall’art. 67”.

In sostanza, a parere della Sezione, l’art. 23, co. 2, del d.lgs. n. 75/2017 [3] è tuttora vigente e si applica anche in rapporto agli aumenti previsti dall’art. 67, co. 2, del nuovo CCNL [2].

Questo perché, alla dichiarazione congiunta n. 5, allegata al CCNL [2], non può essere attribuita alcuna rilevanza, non avendo la stessa alcun valore normativo e non risultando pertanto né vincolante, né idonea a derogare a norme di contenimento della spesa pubblica.

Stefania Fabris