Il limite di spesa previsto dall’art. 1, comma 141, L. n. 228 del 2012 e smi, secondo cui le P.A. non possono effettuare spese di ammontare superiore al 20% della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l’acquisto di mobili e arredi, stante l’espresso riferimento soltanto “agli anni 2013, 2014, 2015 e 2016”, non appare, ad oggi, più applicabile in quanto contenente un preciso limite temporale, già superato (anno 2016).

Corte dei conti, sezione regionale di controllo per il Veneto, deliberazione 15 maggio 2018, n. 173, Presidente Calaciura Traina, Estensore Tessaro

A margine

Il quesito

Il sindaco di un Comune, premettendo di aver realizzato un edificio polifunzionale da adibire a sala congressi, da arredare con vari complementi, chiede alla Corte dei conti se sia ancora vigente il limite di spesa previsto dall’art. 1, comma 141, della L. n. 228/2012 e successive modificazioni, secondo cui le amministrazioni pubbliche non possono effettuare spese di ammontare superiore al 20% della spesa sostenuta in media negli anni 2010 e 2011 per l’acquisto di mobili ed arredi, se non destinati all’uso scolastico e dei servizi per l’infanzia, salvo che l’acquisto sia funzionale alla riduzione delle spese connesse alla conduzione degli immobili.

Nel caso del Comune in esame, la spesa anzidetta, per gli anni 2010 e 2011 è stata pari a zero, pertanto si chiede alla Corte, se possano comunque trovare applicazione, secondo i chiarimenti resi dalla Sezione Autonomie n. 26/SEZAUT/2013 e sulla scorta della sentenza della Corte costituzionale n. 139-2012, i principi di compensazione, ovvero, se la spesa per mobili e arredi debba essere considerata e intesa autonomamente.

Il parere

La Corte ricorda che la norma in esame aveva superato anche il vaglio della Corte Costituzionale che, con sentenza n. 141-2015, aveva dichiarato non fondata la questione di legittimità del riportato art. 1, comma 141, della L. n. 228/2012 sollevata dalle Regioni autonome Valle d’Aosta e Friuli-Venezia Giulia, precisando, a tal fine che “le disposizioni statali della cui attuazione si tratta manifestano, infatti, la necessità che, in un momento difficile per la finanza pubblica, l’attenzione sia rivolta, oltre che alla quantità, alla qualità della spesa”.

Su un piano più generale, secondo l’interpretazione del Giudice delle leggi (sentenza n. 139/2012), che l’ente mostra di conoscere, “i cosiddetti tagli lineari, non operano in via diretta, ma come disposizioni di principio, nel rispetto del limite complessivo, che lascia agli enti stessi ampia libertà di allocazione delle risorse fra i diversi ambiti e obiettivi di spesa” (sentenze n. 182/2011, n. 297/2009, n. 289/2008 e n. 169/2007), ancorché si traducano, inevitabilmente, in limitazioni indirette all’autonomia di spesa degli enti (sentenza n. 182-2011).

A conferma di ciò soccorreva l’interpretazione letterale dell’inciso iniziale dell’art. 1 comma 141 della Legge 228/2012 il quale statuisce “fermo restando le misure di contenimento della spesa già prevista dalle vigenti disposizioni (….)”, diretto a fare emergere cioè come tutti i precetti che comprendono riduzioni di spesa per consumi intermedi dovessero essere interpretati in un’ottica unitaria, con la possibilità di compensare le singole voci di spesa, nel rispetto di un tetto massimo di spesa stanziabile a bilancio.

La stessa Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, in sede nomofilattica, con la deliberazione 20 dicembre 2013, n. 26/SEZAUT/2013/QMIG, aveva del resto chiarito come l’articolo sopra richiamato non avesse voluto stabilire vincolativamente le voci di spesa su cui operare le riduzioni necessarie per raggiungere gli equilibri di bilancio, quanto, piuttosto, rientrare nell’ambito di quella serie di disposizioni che, valutate unitariamente, pongono un limite complessivo.

Purtuttavia, quanto al quesito sottoposto dall’Ente, la Sezione rileva che la norma in questione, stante l’espresso riferimento soltanto “agli anni 2013, 2014, 2015 e 2016”, non appare, ad oggi, più applicabile in quanto contenente un preciso limite temporale, già superato (anno 2016).

Conclusioni

Del resto, per gli enti locali, il vincolo era già stato sospeso per l’anno 2016.

Nello specifico il D.L. n. 210/2015 aveva disposto, con l’art. 10, comma 3, che “per l’anno 2016 gli enti locali sono esclusi dal divieto di cui al citato articolo 1, comma 141, della legge n. 228 del 2012”. Inoltre, per l’anno 2017 e per l’anno in corso non risulta prevista alcuna reiterazione del tetto di spesa, come già ribadito dalla giurisprudenza della Corte (Sez. Puglia, delibera n. 140/2017).

Per completezza espositiva, la Sezione osserva, peraltro, che, se pure il limite di spesa per l’acquisto di mobili ed arredi non sia, allo stato, tuttora vigente, spetterà comunque all’ente locale valutare la piena compatibilità di tale tipologia di spesa con la complessiva situazione finanziaria e patrimoniale nonché, nelle ipotesi di acquisto, procedere alla corretta applicazione della disciplina prevista dall’allegato 4/3 al D.Lgs. n. 118/2011 in tema di contabilità economico-patrimoniale.


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