Rimessa alla Sezione delle autonomie la questione circa la compatibilità della legge della Regione Sicilia che obbliga i comuni ad assorbire il personale a seguito della soppressione di una IPAB, e la legislazione statale in materia di contenimento della spesa di personale.

Corte dei conti, sezione autonomie, deliberazione n. 4 del 4 febbraio 2016, Presidente Falcucci, Relatori Granelli e Provvidera

A margine

La sezione di controllo della Corte dei conti per la Regione siciliana rimette alla Sezione delle autonomie una questione concernente la corretta interpretazione ed applicazione delle previsioni di cui all’art. 34, c. 2, della legge della Regione siciliana n. 22-1986, ove si dispone che, a seguito dell’estinzione di un’IPAB, “i beni patrimoniali sono devoluti al comune, che assorbe anche il personale dipendente, facendone salvi i diritti acquisiti in rapporto al maturato economico”.

In particolare, la sezione remittente evidenzia che l’applicazione della normativa regionale sull’assorbimento del personale da parte del comune sembra confliggere con la legislazione statale in materia di contenimento della spesa di personale e che, qualora non fosse ammissibile una deroga a tali disposizioni, il meccanismo di assorbimento citato non potrebbe trovare applicazione in modo automatico.

Viceversa, ove tali vincoli di spesa fossero derogabili, la sezione autonomie è chiamata a chiarire l’ambito applicativo di tale automatismo, ovvero se sia estendibile anche agli addetti non assunti dall’IPAB mediante pubblico concorso.

Per rispondere al quesito la sezione autonomie aderisce all’impostazione della sezione regionale di controllo per la Sardegna (deliberazione n. 82-2013-PAR) che ha distinto tra l’ipotesi in cui sia la stessa amministrazione a disporre autonomamente l’assunzione di personale, da quella in cui sia la normativa regionale, a carattere cogente e non discrezionale, ad imporre il trasferimento obbligato di personale, patrimonio e funzioni alle amministrazioni comunali, con evidenti riflessi di incremento (obbligato) sulla spesa di personale.

Tale distinzione conduce, nel caso in esame, ad affermare, da una parte, l’inapplicabilità dei vincoli assunzionali per quanto riguarda l’esercizio in corso, ritenendo, quindi, che rimanga fermo l’assorbimento del personale, quando normativamente previsto come automatico, dall’altra, che i vincoli di finanza pubblica debbano trovare applicazione per gli esercizi successivi a quello in cui si verifica il trasferimento dei dipendenti, computandosi, ai fini del rispetto delle norme di contenimento della spesa pubblica, anche le maggiori spese derivanti dall’assorbimento obbligatorio di personale.

Pertanto, a seguito dell’immissione nei ruoli dell’ente locale del personale appartenente all’ente soppresso prevista dalla legge regionale, da una parte, si produrrà un effetto derogatorio dei vincoli assunzionali nell’esercizio finanziario interessato dal trasferimento dei dipendenti e dall’altra, si porrà la necessità di rispettare le disposizioni relative ai limiti di spesa per gli anni a venire e, dunque, non si potrà procedere ad ulteriori assunzioni discrezionali, né sarà consentito disattendere l’obbligo di riduzione delle spese di personale.

Per quanto riguarda il secondo profilo rimesso all’attenzione della sezione autonomie, il collegio ritiene che l’art. 34, c. 2, della legge della Regione siciliana n. 22 del 1986, al pari di ogni altra norma che disponga un assorbimento non discrezionale di personale da parte di un ente locale, vada interpretato in maniera costituzionalmente orientata alla luce dell’art. 97 della Costituzione, nel senso, quindi, di ritenere possibile l’assorbimento nei limiti in cui il personale interessato sia stato reclutato tramite pubblico concorso anche quando trattasi di categorie svantaggiate riservatarie, ritenute compatibili con il menzionato precetto costituzionale di cui all’art. 97.

Pertanto l’automatismo della reinternalizzazione del personale non può dirsi valido per gli addetti non assunti tramite pubblico concorso, pena la comminatoria di nullità, quale invalidità improduttiva di effetti giuridici, imprescrittibile, insanabile e rilevabile di ufficio, e non già alla stregua di un mero vizio di violazione di legge, secondo i principi generali regolanti il regime di annullabilità degli atti amministrativi illegittimi (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 8 maggio 2000, n. 2637; sez. V, 22 settembre 1999, n. 1135; sez. VI, 20 ottobre 1999, n. 1508).

Simonetta Fabris


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