I “compiti di collaborazione” e le “funzioni di assistenza giuridico amministrativa nei confronti degli organi dell’ente in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti”, intestati in capo al Segretario generale in base all’art. 97 T.U.E.L., non possono comportare la responsabilità dello stesso rispetto a vicende, per le quali non risulti un diretto ed immediato coinvolgimento dello stesso. In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto, va disposta l’assoluzione del …”

Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Toscana, deliberazione n. 209 del 19 settembre 2017, presidente Federici, estensore Ruggiero

A margine

La vicenda – Un sindaco e un segretario comunale vengono chiamati a rispondere del danno erariale causato dal conferimento dell’incarico di responsabile dell’ufficio del sindaco ad un soggetto privo del diploma di laurea. L’incarico, di natura fiduciaria ai sensi dell’art. 90 del TUEL, ha comportato un esborso da parte dell’Ente di complessivi euro 240.198,96 (ovvero 50.000,00 annui lordi, comprensivi della 13ª mensilità) corrisposti per l’intera durata del mandato del Sindaco.

La sentenza – Secondo i giudici, il profilo di illiceità è rappresentato non già dall’assenza del diploma di laurea in capo all’incaricato, ma dall’intervenuto riconoscimento allo stesso di un compenso non corrispondente ai requisiti culturali e professionali.

A differenza di quanto previsto dall’art. 110 del Tuel, l’art. 90 non richiede infatti uno specifico e particolare requisito culturale, ma impone di inquadrare l’incaricato, sulla base dei requisiti di studio posseduti e in relazione alle pregresse esperienze professionali, in una determinata qualifica funzionale, cui far discendere, in applicazione delle disposizioni contrattuali di settore, la determinazione del relativo trattamento economico.

Tali previsioni risultano anche dal Regolamento comunale sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, il quale non impone alcun particolare requisito culturale, limitandosi a prevedere che il responsabile dell’Ufficio del Sindaco, da scegliersi tra il personale dipendente dell’Ente oppure all’esterno, sia “comunque in possesso di comprovati requisiti professionali adeguati alle mansioni da svolgere”, aggiungendo, per l’ipotesi in cui tale Ufficio sia diretto da personale non dipendente dell’ente, che il relativo rapporto di lavoro sia disciplinato da contratto a tempo determinato di durata non superiore a quella del mandato amministrativo, con attribuzione di una retribuzione determinata dalla Giunta.

Nel caso in esame, il curruculum del soggetto incaricato lascia emergere, secondo i giudici, il possesso di requisiti professionali (e culturali) adeguati in relazione all’incarico in questione. Tuttavia tali requisiti non avrebbero potuto comunque giustificare l’attribuzione di un trattamento economico come quello concretamente riconosciuto.

Questo in considerazione dei principi di ragionevolezza e buon andamento della P.A., che impongono di riconoscere al personale esterno, incaricato ai sensi dell’art. 90 TUEL, anche in assenza di laurea, un trattamento economico corrispondente ai requisiti culturali e professionali concretamente posseduti, vale a dire il trattamento economico proprio della qualifica cui lo stesso incaricato andrebbe inquadrato in base ai predetti titoli (in termini, Corte Conti, Sez. giur. Toscana, n.85/2012, Sez. I n. 806/2014; Sez. giur. Toscana, n. 282/2011; Sez. giur. Calabria, n. 191/2014; Sez. giur. Emilia Romagna, n. 155/2014).

A ben vedere, infatti, il rispetto del vincolo di corrispondenza tra il trattamento economico normativamente previsto per una determinata categoria e i requisiti, culturali e professionali, posseduti, atti a giustificare l’appartenenza a quella stessa categoria, evita che le assunzioni dall’esterno ai sensi dell’art. 90 TUEL siano lasciate al mero arbitrio degli amministratori.

Sotto questo punto di vista, il rinvio operato dall’art. 90 al CCNL, se da un lato costituisce una garanzia per il lavoratore a fronte del rischio dell’erogazione di retribuzioni inferiori e/o comunque sganciate dalle previsioni contrattuali, dall’altro fornisce all’Amministrazione un parametro obiettivo nella determinazione del trattamento retributivo del personale chiamato a far parte degli uffici di diretta collaborazione.

Tali conclusioni non risultano inficiate da quanto ulteriormente disposto dal comma 3bis dell’art. 90, secondo cui “resta fermo il divieto di effettuazione di attività gestionale anche nel caso in cui nel contratto individuale di lavoro il trattamento economico, prescindendo dal possesso del titolo di studio, è parametrato a quello dirigenziale”.

Questa disposizione non può infatti trovare spazio nel caso di specie in quanto introdotta nel 2014, in epoca successiva ai fatti per cui è causa; inoltre, il relativo carattere sostanziale ne preclude un’applicazione retroattiva (così Corte Conti, Sez. giur. Emilia Romagna, 28 aprile 2016, n. 73).

In ogni caso, l’attribuzione a personale sfornito di laurea di un trattamento dirigenziale dovrebbe essere espressamente consentita dal Regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, ipotesi non ricorrente nel caso in parola (Corte Conti, Sez. cont. Toscana, delib. n. 11 del 5.3.2015).

Nella vicenda all’esame, il soggetto incaricato avrebbe dovuto, pertanto, essere inquadrato nella categoria C, pos. economica 5, per l’accesso alla quale è richiesto il diploma di scuola superiore, potendo percepire un compenso annuo lordo pari ad euro 23.726,43,

A detta dei giudici, il sindaco è quindi colpevole di aver omesso di convocare la Giunta per determinare il compenso definitivo da attribuire, nonostante l’espressa previsione in tal senso contenuta nel decreto di nomina.

Nella condotta del sindaco non può trovare spazio nemmeno la “esimente politica” di cui all’art. 1, comma 1-ter, legge 20/94, trattandosi di atto assunto, in via diretta ed autonoma, nell’esercizio delle proprie precipue competenze.

Rileva inoltre l’estrema trascuratezza e superficialità da questi mostrate nella salvaguardia delle risorse finanziarie del Comune, con il riconoscimento al soggetto incaricato, in violazione dei canoni di ragionevolezza e buon andamento della P.A., di un compenso sganciato da ogni oggettivo parametro di riferimento e ben superiore a quello giustificato dai requisiti culturali e professionali del medesimo.

Il altri termini, il sindaco non poteva non avere contezza dei fondamentali principi dell’agire amministrativo e della contabilità pubblica, peraltro di semplicissima ed intuitiva evidenza, che impongono di legare il compenso di soggetti assunti dall’esterno ex art. 90 TUEL a parametri oggettivi, suscettibili di verifica e riscontro immediati.

Diversamente, per quanto riguarda il Segretario comunale, viene rigettata la pretesa erariale in quanto non emerge alcuna prova certa del relativo coinvolgimento nella vicenda. In particolare, non risulta che allo stesso Segretario sia stato preventivamente chiesto alcun parere sulla legittimità del decreto sindacale di nomina del responsabile dell’ufficio del sindaco, né che il decreto sia stato a questi trasmesso in epoca successiva alla relativa adozione.

Conclusioni – I “compiti di collaborazione” e le “funzioni di assistenza giuridico-amministrativa nei confronti degli organi dell’ente in ordine alla conformità dell’azione amministrativa alle leggi, allo statuto ed ai regolamenti”, intestati al Segretario generale dall’art. 97 TUEL, non possono evidentemente comportare la responsabilità dello stesso rispetto a vicende per le quali non risulti un suo diretto ed immediato coinvolgimento. Di conseguenza, la condanna del solo sindaco a rifondere al comune la somma di euro 69.494,54 (pari alla differenza tra quanto corrisposto dal comune e quanto avrebbe dovuto essere erogato in base al corretto livello di inquadramento contrattuale dell’incaricato).

Stefania Fabris


Stampa articolo