Il Sindaco non può affidare incarichi esterni di responsabilità se non per mancanza di adeguate professionalità nell’ente e previo espletamento di un’opportuna procedura comparativa

Corte dei Conti – sezione giurisdizionale Campania, sentenza n. 138 del 31 gennaio 2013, Pres. Di Cecilia, relatore Di Benedetto

Sentenza n. 138-2013

Il caso

La Corte dei conti giudica la responsabilità del sindaco per danno erariale, derivante dall’illegittimo conferimento dell’incarico di responsabile del servizio finanziario, avvenuto in assenza dell’attestazione di copertura finanziaria, in carenza di una procedura ad evidenza pubblica, e senza alcuna necessità oggettiva di assumere da parte del Comune.

Derogando alla programmazione delle assunzioni dell’ente (che non prevedeva l’assunzione di un nuovo responsabile, da inquadrare nella cat. D3), il sindaco conferisce l’incarico ai sensi dell’art. 110, co. 1, T.U.E.L., in violazione dello statuto comunale, in base al quale è necessaria la mancanza di professionalità interne all’amministrazione: circostanza, questa, che non sussiste nel caso di specie, visto che le funzioni di ragioneriere capo erano già esercitate da altro funzionario comunale.

Peraltro, il soggetto incaricato, dipendente a tempo indeterminato e pieno di altro Comune, non avrebbe potuto assumere altri incarichi senza la stipulazione di apposita convenzione tra i due enti, per un totale di 36 ore, ai sensi dell’art. 14 CCNL Regioni – Enti locali del 22 gennaio 2004.

Nell’accusa la Procura ritiene che la suddetta nomina, carente di apposita procedura comparativa, sia espressiva di una condotta connotata da colpa grave, rilevando l’erogazione di risorse pubbliche per una designazione arbitraria, anche nell’intento di rimuovere altro funzionario ritenuto “ostile”, con conseguente violazione del principio di separazione tra politica e gestione.

Il danno viene quantificato in euro 14.640,88, importo corrispondente alle somme versate al soggetto incaricato per circa sette mesi di servizio, in assenza di qualsiasi vantaggio per il Comune.

La sentenza

La Corte rileva che nella fattispecie sussistono gli elementi tipici della responsabilità amministrativa.

In particolare, quanto al danno patrimoniale, la Sezione campana rileva che lo statuto comunale consente il ricorso a funzionari esterni solo in mancanza di professionalità interne all’ente¹. La motivazione è semplice: nell’Ente è già presente e in servizio altro dipendente, dotato di adeguata professionalità e dei requisiti per lo svolgimento delle funzioni di responsabile del servizio finanziario, peraltro già esercitate per anni.

Il decreto sindacale che conferisce l’incarico è dunque illegittimo e dannoso, in quanto comporta un costo per il Comune.

Secondo la Corte, non negano la validità di tali conclusioni le argomentazioni difensive secondo cui la volontà sindacale di assegnare l’incarico ad un soggetto munito di laurea, diversamente dal precedente incaricato, escluderebbe l’applicabilità delle disposizioni statutarie, rendendo incomparabili le figure nel nuovo e del vecchio responsabile del servizio finanziario. Anzi, questa tesi è viziata da “inversione logica”, posto che sono i funzionari esterni che “devono possedere gli stessi requisiti richiesti per il posto da ricoprire” affinché il conferimento dell’incarico sia legittimo.

Per quanto attiene all’elemento soggettivo, costitutivo della responsabilità amministrativa, il collegio ravvisa colpa grave nella condotta del sindaco, violativa di chiare norme di settore.

Constatati anche il rapporto di servizio tra convenuto ed ente danneggiato e il nesso di causalità tra condotta ed evento dannoso, la Corte accerta l’esistenza di tutti i requisiti propri della responsabilità amministrativa; accoglie quindi la domanda della Procura e condanna il sindaco al pagamento di euro 7.320,44, importo ricalcolato in applicazione del potere riduttivo dell’addebito.

Conclusioni

La sentenza merita di essere condivisa nella convinzione che la separazione politica – gestione (art. 4 D.Lgs n. 165/2001) corrisponda, ormai, ad un principio cardine dell’ordinamento della PA italiana, affermatosi anche in ambito comunitario.

Tra gli scopi perseguiti dalla regola: quello di ridurre, fino ad eliminare, le competenze gestionali in capo agli organi politici, posto che le decisioni sulla gestione della cosa pubblica vanno adottate in piena autonomia dai dirigenti, figure munite di professionalità adeguata alle funzioni da svolgere, e non sottoposte ai condizionamenti dell’elettorato.

Tuttavia, malgrado le numerose riforme per la piena affermazione del principio, nonchè le frequenti censure avanzate per le situazioni in difformità da giurisprudenza amministrativa e costituzionale, va riconosciuto, purtroppo, che la prassi amministrativa del paese continua a registrare ancora oggi spiacevoli ingerenze della classe politica negli ambiti tecnico – gestionali.

La sentenza ribadisce altresì il principio generale secondo cui al fabbisogno ordinario e permanente, la pubblica amministrazione può provvedere solo con proprio personale dipendente a tempo indeterminato, e, in via eccezionale e temporanea, con rapporto di lavoro flessibile.

In base a questo principio, il ricorso a professionalità esterne è, quindi, un’eccezione, attuabile solo se ricorrono i rigorosi presupposti di legittimità ora codificati dalla legge, ma ancora prima elaborati dalla giurisprudenza della Corte dei conti, nonché alcuni presupposti procedimentali specificatamente previsti per i comuni e le province dall’art. 110. commi 1 e 2 del TUEL (e, ingenerale dall’art. 7, comma 6 e ss del D.Lgs 165/2001).

Stefania Fabris

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¹ L’articolo 69 dello statuto comunale, rubricato “Incarichi di dirigenza” testualmente prevede che “Il comune può in caso di vacanza del posto e per il conferimento di incarichi richiedenti alta specializzazione, purchè manchino professionalità analoghe all’interno dell’ente, procedere all’assunzione di personale esterno in misura comunque non superiore al 5% della dotazione organica”.


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