La controversia nella quale un dirigente, a seguito del mancato conferimento di un incarico, prospetti un pregiudizio professionale derivante dall’adozione di atti di macro organizzazione di cui chiede l’annullamento, spetta alla giurisdizione del giudice amministrativo in quanto implica la deduzione di una posizione di interesse legittimo, rispetto alla quale gli effetti pregiudizievoli derivano direttamente dall’atto presupposto di cui si contesta la legittimità.

Corte di Cassazione civile, sez. unite, sentenza 27 febbraio 2017, n. 4881, Presidente Amoroso, Estensore Manna

A margine

Nella vicenda, il Consiglio di Stato annulla la sentenza n. 2194/2014 con cui il Tar Lazio declina la propria giurisdizione sul ricorso proposto da un’interessata contro:

  • l’attribuzione di un incarico dirigenziale a soggetto esterno all’amministrazione;
  • l’avviso informativo per la ricerca di professionalità esterna;
  • il presupposto regolamento di organizzazione degli uffici e servizi dell’amministrazione.

In particolare, il Consiglio di Stato ravvisa la giurisdizione del giudice amministrativo (GA), sul presupposto che la contestazione investe direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo mediante la deduzione della non conformità a legge di atti di macro organizzazione tramite i quali la PA ha definito le linee fondamentali che determinano i modi di conferimento della titolarità degli incarichi dirigenziali.

L’amministrazione coinvolta ricorre quindi in Cassazione sostenendo nuovamente la giurisdizione del giudice ordinario (GO) in quanto controversia in materia di conferimento di incarichi dirigenziali e non sull’esercizio di poteri autoritativi incidenti su posizioni di interesse legittimo.

La Corte di Cassazione ritiene il ricorso infondato confermando la giurisdizione del giudice amministrativo.

La Suprema Corte ricorda che il riparto di giurisdizione tra GA e GO si fonda sulla consistenza della situazione giuridica soggettiva dedotta in giudizio, che è di interesse legittimo – e non di diritto soggettivo (tutelato dal giudice ordinario ai sensi dell’art. 2907 c.c.) – nei casi in cui sia correlata all’esercizio di poteri autoritativi di cui è titolare l’amministrazione.

Nel caso in esame, la ricorrente ha chiesto l’annullamento, per asseriti vizi di legittimità, d’un atto di macro-organizzazione, quale il regolamento di organizzazione degli uffici, nella parte in cui esclude nelle procedure di selezione pubblica di ricerca dei dirigenti la valutazione comparativa di titoli dei partecipanti esterni.

Va pertanto richiamata la giurisprudenza delle S.U. (sentenza n. 3052/09) secondo cui rientrano nella giurisdizione del GA le controversie nelle quali, pur chiedendosi la rimozione del provvedimento di conferimento di un incarico dirigenziale (e del relativo contratto di lavoro), la contestazione operata dal ricorrente investa direttamente il corretto esercizio del potere amministrativo ritenuto non conforme alla legge in quanto non lo sono gli atti di macro organizzazione mediante i quali le PP.AA. definiscono le linee fondamentali di organizzazione degli uffici e i modi di conferimento della titolarità degli stessi.

Infatti, in tal caso, non può operare il potere di disapplicazione previsto dall’art. 63, c. 1, del d.lgs. n. 165/2001, richiamato dal Tar Lazio, secondo cui l’impugnazione dell’atto amministrativo presupposto (il summenzionato regolamento di organizzazione degli uffici e servizi) non avrebbe spostato i termini della questione, potendo il giudice ordinario disapplicarlo se illegittimo.

Al contrario, il potere di disapplicazione presuppone che sia dedotto in causa un diritto soggettivo su cui incida un provvedimento amministrativo ritenuto illegittimo, mentre nel caso in esame si deduce una situazione giuridica suscettibile di assumere la consistenza di diritto soggettivo soltanto all’esito della rimozione del provvedimento di macro organizzazione.

Del resto, un’interpretazione che, estendendo il potere di disapplicazione del GO, nel contempo gli affidasse la giurisdizione pur in assenza di diritti soggettivi già sorti finirebbe inesorabilmente con il collidere con l’art. 103, c. 1, Cost. e con la stessa formulazione dell’art. 63, c. 1, d.lgs. n. 165/2001, nella parte in cui, pur attribuendo al GO la cognizione delle controversie “relative ai rapporti di lavoro”, nondimeno stabilisce che “l’impugnazione davanti al giudice amministrativo dell’atto amministrativo rilevante nella controversia non è causa di sospensione del processo”, così sottolineando la diversità tra il giudizio concernente l’impugnazione di atti autoritativi e quello sul rapporto di lavoro e i diritti soggettivi.

In tal senso la sentenza n. 11387 del 2016 delle S.U. ha statuito che la controversia in cui un dirigente, a seguito del mancato conferimento di un incarico, prospetti un pregiudizio professionale derivante dall’adozione di atti di macro organizzazione correlati all’esercizio di poteri autoritativi (rivolti a ridefinire le strutture amministrative e a stabilire i criteri e le modalità di attribuzione degli incarichi dirigenziali), al fine di ottenerne l’annullamento, spetta alla giurisdizione del GA in quanto implica la deduzione di una posizione di interesse legittimo, rispetto alla quale il rapporto di lavoro non costituisce l’effettivo oggetto del giudizio e gli effetti pregiudizievoli derivano direttamente dall’atto presupposto di cui si contesta la legittimità.

 

 


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