E’ legittimo il diniego espresso da un comune ad una richiesta di accesso generalizzato ove la stessa risulti“massiva” e manifestamente irragionevole

Tar Lombardia, Milano, sezione terza, sentenza n. 1951 del 11 ottobre 2017 – Presidente Di Benedetto, relatore Cattaneo

A margine

Un soggetto presenta ad un comune istanza di accesso civico per poter ottenere copia, su supporto informatico, di tutte le determinazioni, complete degli allegati, emanate da tutti i Responsabili dei servizi, nel corso del 2016, in quanto non pubblicate integralmente nel sito web dell’Ente.

Dopo aver appurato che l’istanza concerne un accesso di tipo “generalizzato”, ai sensi dell’art. 5, co. 2, del d.lgs n. 33/2013 e s.m.i., il comune rigetta la domanda, considerandola “massiva” e manifestamente irragionevole secondo le Linee Guida approvate dall’ANAC.

Anche la successiva richiesta di riesame, rivolta al Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza, ottiene, una volta acquisito il parere del Garante per la protezione dei dati personali, esito negativo.

Il soggetto propone quindi ricorso al Tar. Il giudice, tuttavia, ritiene il ricorso infondato e lo respinge.

Lo stesso ricorda, infatti, che “l’accesso generalizzato – introdotto dal D.lgs. n. 97/2016 – ha la sua ratio nella dichiarata finalità di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.

Posta questa finalità, l’istituto, che costituisce uno strumento di tutela dei diritti dei cittadini e di promozione della partecipazione degli interessati all’attività amministrativa (cfr. art. 1 D.lgs. 33/2013, come modificato dall’art. 2 D.lgs. 97/2016), non può … essere utilizzato in modo disfunzionale rispetto alla predetta finalità ed essere trasformato in una causa di intralcio al buon funzionamento dell’amministrazione. La valutazione dell’utilizzo secondo buona fede va operata caso per caso, al fine di garantire – in un delicato bilanciamento – che, da un lato, non venga obliterata l’applicazione dell’istituto, dall’altro lo stesso non determini una sorta di effetto “boomerang” sull’efficienza dell’Amministrazione”.

Nel caso di specie, l’istanza di accesso costituisce una manifestazione sovrabbondante, pervasiva e, in ultima analisi, contraria a buona fede, dell’istituto dell’accesso generalizzato.

Non è quindi censurabile la motivazione del diniego espressa dal comune, che ha rinvenuto nella domanda di accesso un’ipotesi di “richiesta massiva”, così come definita dalle Linee Guida adottate dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), tale da imporre un facere straordinario, comportante un aggravio per l’ordinaria attività dell’Amministrazione.

A questo va poi ad aggiungersi il fatto che l’istante ha rivolto al Comune, dal 2015 al 2017, ben 73 richieste di accesso. Tale circostanza configura, infatti, un abuso dell’istituto dell’accesso nonché una violazione del principio di buona fede.

Stefania Fabris


Stampa articolo