La delega contenuta nella riforma Madia viola la Costituzione laddove ha consentito al Governo di provvedere alla soppressione del Corpo Forestale dello Stato con assorbimento in altra Forza di polizia, pur riconoscendosi ad esso piena efficienza e competenza, e volendo mantenere gli attuali livelli di presidio ambientale e salvaguardare le professionalità esistenti, solo per non meglio definite e dimostrabili esigenze di razionalizzazione dei costi.

Tar Abruzzo, Pescara, ordinanza 16 agosto 2017, n. 235, Presidente Tramaglini, Estensore Balloriani

A margine

Nella vicenda un soggetto appartenente al Corpo forestale dello Stato è trasferito, in seguito al decreto legislativo 12 settembre 2016, n. 177 «Disposizioni in materia di razionalizzazione delle funzioni di polizia e assorbimento del Corpo forestale dello Stato», di attuazione dell’art. 8, lett. a), l. 7 agosto 2015, n. 124 (c.d. Riforma Madia), all’interno del corpo dell’Arma dei Carabinieri.

Il soggetto chiede dunque al Tar l’annullamento dell’atto di assegnazione, affermando il proprio interesse a continuare a operare all’interno del disciolto Corpo Forestale dello Stato, e in subordine di non confluire nell’Arma dei Carabinieri o comunque in altra Forza di Polizia ad ordinamento militare, ma solo nella Polizia di Stato.

Nel esaminare la questione attinente alla materia del pubblico impiego non privatizzato il Tar arriva a ritenere che la riforma si pone in violazione di numerosi principi costituzionali.

Quanto alla disciplina dell’assorbimento del personale, il Tar chiarisce che ai sensi dell’art. 12, d.lgs. 19 agosto 2016, n. 177, il personale assegnato all’Arma dei Carabinieri (o ad altra forza di polizia o al Ministero delle politiche agricole), se rinuncia, di fatto, a tale assegnazione si espone a procedure di mobilità e al collocamento in disponibilità, quindi ad un sicuro peggioramento delle condizioni giuridiche ed economiche del rapporto di lavoro e a una possibile estinzione dello stesso, previa collocazione in disponibilità per 24 mesi.

Sotto tale profilo appare quindi violato l’art. 2 Cost., perché non è stato rispettato il principio di autodeterminazione del personale del Corpo Forestale nel consentire le limitazioni, all’esercizio di alcuni diritti costituzionali, derivanti dall’assunzione non pienamente volontaria dello status di militare, e l’art. 4 Cost., perché il rapporto di impiego e di servizio appare radicalmente mutato con l’assunzione dello status di militare, pur in mancanza di una scelta pienamente libera e volontaria da parte del medesimo personale del Corpo Forestale.

Ha aggiunto il Tar che la mancata previsione della possibilità di poter comunque scegliere di transitare in altra Forza di Polizia con il medesimo ordinamento, connota sotto ulteriore profilo l’illegittimità costituzionale del decreto delegato per violazione degli artt. 76 e 77 Cost., laddove il Governo, nell’interpretare i principi e criteri direttivi, non ha optato per un’attuazione conforme anche a tale tradizione normativa (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 340 del 2007), ma ha scelto la militarizzazione obbligatoria e non solo facoltativa del personale del Corpo Forestale (ove destinato alla Guardia di Finanza o all’Arma dei Carabinieri), salva la rinuncia di quest’ultimo all’esercizio delle funzioni di polizia giudiziaria, e peraltro per contingenti assai limitati per la mobilità verso altre Amministrazioni civili.

Il Tar rileva inoltre l’illegittimità costituzionale dell’articolo 8 lett. a) della legge n. 124 del 2015 per contrasto con gli articoli 3 commi 1 e 2, 9, 32, 76 e 77 comma 1, 81 della Costituzione, laddove ha delegato il Governo, peraltro in maniera del tutto generica e rimessa alla scelta arbitraria di quest’ultimo, l’“eventuale assorbimento” del Corpo Forestale dello Stato in altra Forza di Polizia.

La legge di delega viola inoltre gli articoli 3, commi 1 e 2, 9, 32, 81 della Costituzione, laddove si è consentito al Governo di provvedere alla soppressione del Corpo Forestale dello Stato (con assorbimento in altra Forza di polizia), pur riconoscendosi ad esso piena efficienza e competenza, e volendo solo mantenere gli attuali livelli di presidio ambientale e salvaguardare le professionalità esistenti, e ciò solo per non meglio definite e dimostrabili esigenze di razionalizzazione dei costi.

Come noto, secondo la Corte Costituzionale, il diritto alla tutela e salvaguardia del bene ambiente rappresenta un diritto fondamentale della persona che si rinviene negli articoli 9 e 32 della Costituzione (cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 641 del 1987).

Poiché quindi il diritto alla tutela e salvaguardia dell’ambiente rientra nell’ambito di tutela del diritto alla salute, deve ritenersi che anch’esso sia un diritto incomprimibile, e perciò non sacrificabile per mere esigenze di bilancio e risparmio di spesa (cfr. Corte Costituzionale 275 del 2016).

Ciò nonostante, tra i criteri e principi direttivi esposti nella delega, oltre a un generico richiamo alla garanzia degli attuali livelli di presidio dell’ambiente e alla salvaguardia delle professionalità esistenti, delle specialità e dell’unitarietà delle funzioni da attribuire, non si evincono ragioni di tale accorpamento salvo quella relativa alla “razionalizzazione dei costi”.

Proprio perché l’obiettivo della delega era quello di mantenere gli attuali livelli di presidio ambientale e salvaguardare le professionalità esistenti, con essa si riconosceva implicitamente che il Corpo aveva garantito adeguati livelli di professionalità e funzionalità.

Quindi l’unico obiettivo dell’accorpamento desumibile dalla legge delega è l’esigenza di “razionalizzare i costi”, che sostanzialmente in termini aziendalistici vuol dire attuare dei risparmi di spesa, mantenendo gli stessi livelli di efficienza e produttività.

Ciò premesso, appare del tutto contraddittorio perseguire un risparmio di spesa mantenendo gli attuali livelli di presidio dell’ambiente e la salvaguardia delle professionalità esistenti, delle specialità e dell’unitarietà delle funzioni da attribuire, smembrando un Corpo di Polizia a competenza specialistica che non ha significative sovrapposizioni di funzioni e professionalità con le altre esistenti.

Peraltro, come si evince dal comma 3 dell’articolo 7 del d.lgs. n. 177 del 2016, al momento per tale operazione è altresì previsto uno specifico aggravio di costi, che sono stati preventivati per l’anno 2017.

Per tutte le considerazioni che precedono, ad avviso del Tar rimettente, appaiono violati gli articoli 9 e 32 della Costituzione, in relazione all’articolo 81 della medesima Carta come recentemente interpretato nella sentenza n. 275 del 2016, laddove, per mere esigenze di bilancio e con operazione meramente ragionieristica di contenimento dei costi, si è ritenuto di smembrare un Corpo che nella sua lunga storia ha maturato un riconosciuto e consolidato bagaglio specialistico nella tutela dei beni ambientali.

E per le stesse ragioni appare altresì violato l’articolo 3 commi 1 e 2 della Costituzione, laddove si è ritenuto semplicisticamente che l’assorbimento, di un Corpo così specializzato, in altra Forza di polizia ad ordinamento militare, con smembramento di alcune sue funzioni in altre Forze di polizia e nei Vigili del Fuoco, non possa creare alcuna diminuzione nella incontestata efficienza assicurata e garantita dal Corpo medesimo a tutela dei menzionati beni di rilevanza costituzionale.

Per tutte le considerazioni suesposte, la questione di costituzionalità appare rilevante e non manifestamente infondata, atteso che le norme suindicate appaiono violare gli articoli della Costituzione come dettagliatamente indicato.


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