Nella seduta del 24 luglio u.s., la Conferenza Unificata ha raggiunto l’intesa, a norma dell’art. 1, co. 60 e 61, della L. 190/2012, per l’attuazione degli adempimenti “Anticorruzione”, con relative tempistiche, da parte di regioni, province autonome, enti locali, nonché di enti pubblici e soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo.

La Conferenza ha preso atto, anzitutto, delle recenti sollecitazioni espresse dalle autonomie, mediante il documento congiunto del 11 luglio, relativamente al d.lgs n. 39/2013 in materia di inconferibilità e di incompatibilità di incarichi. Il sottosegretario alla Pubblica amministrazione si è impegnato, quindi, ad attivare un confronto per valutare possibili modificazioni al decreto.

L’intesa, ai sensi della L. n. 190, riguarda, in sintesi, tutti le misure amministrative della normativa “anticorruzione”: dal responsabile anticorruzione e della trasparenza, al piano anticorruzione; dai Codici di comportamento locali agli adempimenti in materia di trasparenza e in materia di inconferibilità e incompatibilità.

La Conferenza ha stabilito un solo rinvio ad un specifico tavolo tecnico per individuare gli incarichi vietati ai dipendenti pubblici di cui all’art. 53 del decreto n. 165/01.

Sulle figure del responsabile della prevenzione e del responsabile della trasparenza, le parti convengono di provvedere tempestivamente alle designazioni, dandone comunicazione alla CiVIT e sui rispettivi siti istituzionali.

I due incarichi possono essere assegnati ad un unico soggetto oppure a due soggetti distinti, ma, nella seconda ipotesi, va comunque garantito un coordinamento tra le attività dei due responsabili, e tra il piano di prevenzione della corruzione e il programma per la trasparenza e l’integrità.

In più, la Conferenza precisa che in ogni amministrazione vanno individuati un solo responsabile per la prevenzione e un solo responsabile per la trasparenza, stabilendo, tra l’altro, adeguati meccanismi di collegamento tra le diverse articolazioni degli uffici, soprattutto per le organizzazioni “complesse”.

Gli enti possono valutare se individuare anche dei “referenti”, i cui compiti vanno specificati nei piani, cui fare  riferimento per la raccolta di informazioni e segnalazioni.

Sono prevedibili anche ulteriori misure organizzative per supportare il/i responsabile/i, cui vanno garantiti autonomia, poteri di impulso e massima indipendenza, anche mediante la disponibilità di risorse adeguate, seppur nel rispetto dell’invarianza finanziaria.

Vengono confermati gli indirizzi della Circolare n. 1/13 della Funzione pubblica, secondo cui le responsabilità relative a prevenzione e trasparenza non possono essere attribuite a dirigenti/funzionari di diretta collaborazione degli organi di indirizzo politico.

Salve le specificità degli enti di piccole dimensioni, comportanti spesso la concentrazione di ruoli e funzioni in singole figure, la Conferenza puntualizza che, in via eccezionale, nelle amministrazioni in cui le funzioni di responsabile dell’UPD sono affidate al segretario comunale, lo stesso può comunque essere individuato quale responsabile della prevenzione. In questo senso, per superare progressivamente tale antinomia, ANCI e UPI si sono impegnati a promuovere uffici per i procedimenti disciplinari in convenzione tra più enti, per lo svolgimento di procedimenti secondo efficienza, efficacia e senza interferenze sulla prevenzione della corruzione.

Va considerata a parte la situazione delle regioni, caratterizzata dalla compresenza di Giunta e Consiglio, organi dotati di spiccata autonomia e supportati, in genere, da distinti apparati. Tale configurazione può, nello specifico, giustificare la nomina di due distinti responsabili per i due organi, sia per la prevenzione che per la trasparenza.

Da ultimo, in merito alla competenza ad approvare il piano di prevenzione e il programma per la trasparenza nelle ASL, nella aziende ospedaliere e negli istituti di ricovero e cura, l’accordo in sede di Conferenza Unificata, la riconosce in capo al direttore generale, previo parere del consiglio di indirizzo e vigilanza.

Per quanto riguarda i termini per l’adozione del piano di prevenzione della corruzione e del programma per la trasparenza, in questa fase di prima applicazione, l’intesa indirizza gli enti ad adottare i piani entro il 31 gennaio 2014, e a pubblicarli sul sito istituzionale unitamente al nominativo del responsabile per la prevenzione e del responsabile per la trasparenza.

I piani devono essere comunicati, entro il medesimo termine, al Dipartimento della Funzione pubblica con l’indicazione del link di pubblicazione al sito (o secondo altre modalità da diffondere a cura del medesimo Dipartimento).

Gli enti sub regionali dovranno comunicare i piani anche alla regione di riferimento, sulla base delle indicazioni da questa elaborate.

Per gli enti locali, invece, la comunicazione del piano “Anticorruzione” alla rispettiva Regione, si intende assolta mediante la pubblicazione sul proprio portale istituzionale.

Rispetto ai programmi per la trasparenza, la CiVIT renderà noti termini e modalità per l’inserimento degli stessi nel portale nazionale della trasparenza.

Nel caso, poi, in cui la CiVIT non approvasse, entro il 30 settembre 2013, la proposta di Piano nazionale per la prevenzione della corruzione, le parti  potranno concertare in Conferenza un eventuale adeguamento del termine per l’adozione e la comunicazione dei piani delle singole amministrazioni.

Da ultimo, l’intesa conferma che i prefetti svolgono, su richiesta degli enti locali, attività di supporto tecnico – informativo per la predisposione dei piani Anticorruzione, le cui modalità andranno individuate mediante accordi tra le istituzioni interessate.

Relativamente alla rotazione di dirigenti/funzionari nei settori a più elevato rischio corruzione, si prevede che, previa informativa sindacale, gli enti assicurino la rotazione del personale individuato nel piano di prevenzione, adottando criteri generali ed oggettivi.

In ogni caso, la rotazione potrà avvenire solo al termine dell’incarico (che dev’essere di durata contenuta), fermi i casi di revoca e le ipotesi di applicazione di misure cautelari previsti dall’ordinamento.

La rotazione dovrà avvenire tenendo altresì conto delle specificità professionali, con riferimento alle funzioni, e nella salvaguardia della continuità della gestione amministrativa, anche puntando sulla formazione del personale, mediante affiancamento e utilizzo di altre professionalità dell’ente.

In particolare, potrà essere utilizzato l’istituto della mobilità. In questo senso, regioni, ANCI e UPI si impegnano a promuovere misure di raccordo e di informativa per incentivare la mobilità, anche temporanea, tra professionalità equivalenti nelle diverse amministrazioni.

Nel caso in cui le condizioni organizzative dell’ente non consentano la rotazione degli incarichi, gli enti dovranno darne conto, con adeguata motivazione, nel piano.

Infine, tutte le amministrazioni devono adeguare i propri ordinamenti all’art. 16, co. 1, lett. l quater) del d.lgs n. 165/01 prevedendo che i dirigenti provvedano al monitoraggio delle attività nell’ambito delle quali è più elevato il rischio corruzione, disponendo, con provvedimento motivato, la rotazione del personale nei casi di avvio di procedimenti penali o disciplinari per condotte di natura corruttiva.

Per quanto riguarda i codici di comportamento “locali”, gli enti dovranno adottarli, ai sensi dell’art. 54 del d.lgs n. 165/01, entro il mese di dicembre 2013, o meglio entro 180 giorni dall’entrata in vigore del DPR n. 62/2013.

Relativamente alla previsione della L. n. 190, art. 1, co. 60, lett. b), secondo cui ogni amministrazione deve dotarsi di norme regolamentari relative all’individuazione degli incarichi vietati ai dipendenti pubblici di cui all’art. 53 del decreto n. 165/01, l’intesa configura la costituzione, presso il Dipartimento della Funzione pubblica, di un tavolo tecnico, composto dai rappresentanti di regioni ed enti locali, allo scopo di analizzare criticità e stabilire criteri guida per gli enti coinvolti.

Le singole amministrazioni dovranno munirsi delle predette disposizioni regolamentari entro 90 giorni dalla conclusione dei lavori del tavolo tecnico e, comunque, non oltre il mese di gennaio 2014 (cioè entro 180 giorni dall’intesa in argomento).

In tema di trasparenza, le parti convengono che le disposizioni del decreto n. 33/2013 sono immediatamente precettive (salva la previsione di specifici termini) sin dal 20 aprile, data di sua entrata in vigore, senza dover quindi attendere il decreto interministeriale previsto dall’art. 31, co. 1 della L. n. 190, provvedimento che potrà introdurre solo mere disposizioni di dettaglio e di raccordo. E lo stesso vale per quanto attiene l’adozione dei decreti previsti dall’art. 48 del decreto n. 33.

Gli obblighi di trasparenza vanno dunque adempiuti tempestivamente, seguendo le indicazioni riportate nell’allegato A al decreto, nella delibera CiVIT n. 50/2013 e nelle delibere AVCP.

Relativamente alla pubblicazione, a norma dell’art. 41, co. 6 del decreto n. 33, dei tempi di attesa delle prestazioni sanitarie, erogate da enti, aziende e strutture, pubbliche e private, per conto del SSN, si prevede l’istituzione di un ulteriore tavolo tecnico, a cura della Conferenza delle regioni, della Funzione pubblica e del Ministero della salute, per definire le modalità applicative della suddetta disposizione.

In via transitoria, per evitare pregiudizio nell’efficienza dei servizi, la trasparenza nella sanità si attua con la pubblicazione, su siti istituzionali, dei tempi massimi di attesa previsti per tutte le prestazioni considerate traccianti, suddivisi per classe di priorità, nonché della percentuale del relativo rispetto.

Sugli obblighi di pubblicazione dei provvedimenti amministrativi  (art. 23, co. 1, decreto n. 33) si chiarisce che le prescrizioni riguardano “i provvedimenti conclusivi” dei procedimenti di autorizzazione e concessione, scelta del contraente di lavori, servizi e forniture, concorsi per assunzioni e progressioni in carriera del personale, accordi tra amministrazioni e tra queste e soggetti privati: ambiti, questi, che costituiscono aree a rischio corruttivo ai sensi della L. n. 190.

Per quel che concerne, invece, la pubblicazione di cui all’art. 24, co. 1, del decreto 33, relativa ai dati in forma aggregata sull’attività amministrativa, si precisa che la stessa riguarda: a) le amministrazioni tenute istituzionalmente a svolgere funzioni statistiche, b) l’attività degli uffici statistici di cui agli artt. 4 e 5 del d.lgs n. 322/1989, e, c) le attività di trattamento dei dati, a fini conoscitivi, poste in essere dalle amministrazioni in assenza di obblighi di legge.

Da ultimo, in materia di inconferibilità e incompatibilità (d.lgs n. 39/13) le parti convengono i seguenti intendimenti:

a)  l’esistenza o l’insorgere delle predette situazioni sono contestate dal responsabile della prevenzione; nel caso in cui l’inconferibilità o l’incompatibilità riguardino il segretario comunale, che ricopra anche il ruolo di responsabile Anticorruzione, sarà il sindaco o il presidente della provincia ad effettuare la contestazione, salve le diverse prescrizioni regolamentarli dell’ente;

b) il collocamento in aspettativa o fuori ruolo del dipendente, se previsto dalla normativa, consente di superare l’incompatibilità;

c)  la dichiarazione di insussistenza (art. 20, co. 2) va resa annualmente nel termine stabilito dai singoli enti, nonché tempestivamente presentata al momento dell’insorgere dell’incompatibilità per consentire all’amministrazione di adottare le iniziative del caso;

d)   le disposizioni di cui agli artt. 5, 8, 10 e 14 del decreto, relativi a inconferibilità e incompatibilità nelle ASL, si applicano anche alle aziende ospedaliere.

Stefania Fabris


Stampa articolo