L’art. 7, comma 2, d.lgs. 8 aprile 2013, n. 39, il quale stabilisce che gli incarichi dirigenziali presso le amministrazioni di una provincia, di un comune con popolazione superiore ai 15.000 abitanti o di una forma associativa tra comuni avente la medesima popolazione non possono essere conferiti (anche) a coloro che, nell’anno precedente, abbiano fatto parte della giunta o del consiglio di una provincia, di un comune cono popolazione superiore ai 15.000 abitanti nella stessa regione dell’amministrazione locale che conferisce l’incarico, ha la sua ratio nell’esigenza di mantenere, anche all’interno del territorio della medesima regione, una netta separazione tra gli incarichi di natura politica, involgenti l’attività di indirizzo politico-amministrativo, e quelli prettamente gestionali, propri degli incarichi dirigenziali, ove svolti nell’ambito di enti di un certo rilievo e, quindi, di maggior peso, ciò al fine di prevenire e contrastare fenomeni corruttivi e conflitti di interesse, salvaguardando l’esercizio imparziale delle funzioni pubbliche.

Tar Catanzaro, sez. I, sentenza 30 luglio 2018, n. 1454, Presidente Salamone, Estensore Mazzulla

Il fatto

Un Comune, quale capofila di un Ambito territoriale con funzione di stazione appaltante della procedura per l’affidamento del servizio pubblico di distribuzione del gas naturale, impugna il decreto del Presidente della Giunta Regionale con cui la Regione ha esercitato il potere sostitutivo di cui all’art. 14, comma 7, D.lgs. 164 del 2000, nominando un Commissario ad acta per l’avvio delle procedure di gara in esame non attivate, entro il termine assegnato, dall’Ambito territoriale.

In particolare, il Comune afferma che il soggetto nominato non potrebbe svolgere l’incarico di Commissario ad acta in quanto consigliere di altro Comune con popolazione residente superiore a 15.000 abitanti che, pur facendo parte dell’Ambito territoriale in esame, non avrebbe inteso collaborare per l’approvazione dello schema di convenzione finalizzato a disciplinare in modo coordinato ed in forma associata i rapporti tra i Comuni dell’ATO e anche a realizzare le attività propedeutiche e strumentali all’affidamento del servizio oggetto di commissariamento.

In proposito, parte ricorrente invoca il disposto di cui agli artt. 7 e 11 del D.lgs. 39/2013 che disciplinano, rispettivamente, le ipotesi di “Inconferibilità di incarichi a componenti di organo politico di livello regionale e locale” e di “Incompatibilità tra incarichi amministrativi di vertice e di amministratore di ente pubblico e cariche di componenti degli organi di indirizzo nelle amministrazioni statali, regionali e locali”.

La sentenza

Il Tar ritiene fondata la censura chiarendo, ai sensi del D.lgs. 39/2013, che il consigliere comunale di un Comune avente una popolazione superiore a 15.000 abitanti non può essere nominato, nell’ambito del medesimo territorio regionale, commissario ad acta ai sensi dell’art. 14, comma 7, d.lgs. 23 maggio 2000, n. 164, per procedere all’indizione della procedura ad evidenza pubblica funzionale all’affidamento del servizio di distribuzione del gas naturale.

Come chiarito dal Tar Lazio (sez. III, 8 giugno 2016, n. 6593), la finalità perseguita dal legislatore delegato è stata quella di “scongiurare, tramite la formulazione di un giudizio prognostico ex ante, che lo svolgimento di determinati incarichi e/o funzioni, individuati nel rispetto dei criteri posti dalla legge di delega (l. n. 190 del 2012) potesse agevolare la precostituzione di situazioni favorevoli in vista del successivo conferimento di incarichi dirigenziali e assimilati e, di conseguenza, potesse comportare il rischio di un accordo corruttivo per conseguire il vantaggio in maniera illecita. La disciplina delle nuove incompatibilità e inconferibilità corre appunto lungo la linea della distinzione tra funzione di indirizzo politico e funzione di gestione e corrisponde ad una scelta in qualche modo necessitata, nel senso tracciato dalla giurisprudenza costituzionale, che ha più volte affermato il divieto di cumulo di più cariche politiche quando possa ripercuotersi negativamente sulla efficienza e l’imparzialità delle funzioni (cfr. sentenza n. 143 del 2010), per cui un analogo divieto diviene necessario anche nel caso in cui la minaccia per l’imparzialità venga dal coesercizio di funzioni di indirizzo politico e di funzioni di amministrazione”.

Trattasi, quindi, di una misura generale a carattere preventivo, volta ad evitare potenziali forme di conflitto d’interesse che possono crearsi fra controllore (organo politico) e controllato (amministrazione o società controllata), al fine di evitare che fra tali soggetti possa configurarsi una eccessiva contiguità, che impedisca o renda assai difficoltoso il raggiungimento degli obiettivi dell’efficienza e dell’efficacia dell’azione amministrativa, che costituiscono il cardine dell’organizzazione e dell’attività della pubblica amministrazione (contemplati dall’art. 97 Cost. e dall’art. 1, l. n. 241 del 1990).

La disposizione assolve, dunque, allo scopo di evitare che un soggetto approfitti della propria posizione per ottenere un’altra carica e di garantire la massima imparzialità e l’assenza di una situazione, anche potenziale, di conflitto di interesse in capo a coloro che ricoprono o saranno chiamati a ricoprire incarichi amministrativi.

Pertanto il Tar accoglie ricorso con conseguente dichiarazione di nullità della nomina in parola.

Conclusioni

Il collegio ricorda comunque che l’inconferibilità comporta un’esclusione dal conferimento dell’incarico non permanente, ma solo temporanea. La legge in tal modo intende impedire che un soggetto, che si trovi in una posizione tale da comprometterne l’imparzialità, acceda all’incarico senza soluzione di continuità; perché egli possa accedere all’incarico nella P.A. è necessario, quindi, un congruo “periodo di raffreddamento”, che garantisca la condizione di imparzialità all’incarico.

di Simonetta Fabris


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