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Contributi e benefici a privati ed enti pubblici: 5 regole fondamentali4 min read

Com’è noto, la concessione di contributi e benefici a terzi da parte delle pubbliche amministrazioni è circondata da una serie di cautele dirette ad assicurare il rispetto anche in questo delicato ambito di attività amministrativa dei principi di imparzialità e trasparenza. Le regole da rispettare sono diverse e sono divenute più rigorose specie dopo l’emanazione della normativa «anticorruzione e trasparenza» del 2012 e 2013.

Rientrano nel novero dei suddetti provvedimenti accrescitivi della sfera giuridica dei destinatari tutti quei provvedimenti che, sulla base della normativa vigente, sono volti a sostenere un soggetto sia pubblico che privato, accordandogli un vantaggio economico diretto o indiretto mediante l’erogazione di incentivi o agevolazioni che hanno l’effetto di comportare sgravi, risparmi o acquisizione di risorse. E, pertanto, non solo le sovvenzioni, i contributi, i sussidi, gli ausili finanziari, le attribuzioni di vantaggi economici consistenti in erogazione di denaro o conferimento di beni, senza obblighi di restituzione o obbligo di pagamento nei confronti della PA, ma anche gli atti di attribuzione di benefici che fanno sorgere in capo al destinatario  obblighi di diversa natura.


La prima regola è contenuta nell’art. 12 della legge n. 241 del 1990. Questa disposizione subordina l’attribuzione di vantaggi economici alla predeterminazione da parte delle amministrazioni dei criteri e delle modalità cui le stesse dovranno poi attenersi. Prescrive, in altri termini, che l’amministrazione che intende procedere alla concessione di contributi, sussidi, ecc. deve autolimitare la sua discrezionalità scrivendo prima le regole da rispettare nella concessione stessa dei benefici. Non solo. La norma prescrive anche che nei nei singoli provvedimenti debba essere dimostrata l’osservanza dei criteri e delle modalità di concessione da essa stessa determinati. Detto altrimenti, l’amministrazione deve fissare nel regolamento, provvedimento generale o nel bando o avviso pubblico le regole valide per tutti, in modo che sia assicurata l’imparzialità e la par condicio di tutti i potenziali beneficiari in possesso dei requisiti richiesti.


L’altra regola riguarda il corretto riparto delle competenze in questa materia fra vertice politico e burocratico.  Nel rispetto del noto principio della distinzione fra politica e gestione previsto, in generale, dall’art. 4 del d.lgs n. 165 del 2001 [1], e, per quanto attiene agli enti locali, dall’art. 107, comma 1, del TUEL 267 del 2000 [2], agli organi di governo compete definire i criteri e le modalità per la concessione dei contributi e delle altre figure assimilate, ai dirigenti spetta la responsabilità dei singoli  procedimenti concessori e l’assunzione dei provvedimenti attributivi dei vantaggi nel rispetto dei criteri e modalità predeterminati dagli stessi organi di governo.


Con l’art. 1, commi 9 e 16, della legge n. 190 del 2012 [3], in materia di anticorruzione, i procedimenti di concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi,  ecc a persone ed enti pubblici e privati sono stati qualificati fra gli ambiti di attività delle pubbliche amministrazioni a più elevato rischio di corruzione. Per questi pocedimenti il Piano triennale per la prevenzione della corruzione (PTCP) di ciascuna amministrazione deve prevedere obbligatoriamente meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio del verificarsi di questo fenomeno e obblighi di informazione nei confronti del responsabile anticorruzione.

In altri termini, quella delle concessionari di sovvenzioni, contributi, ecc è individuata come area a forte rischio corruzione che deve essere presidiata  mediante l’implementazione di misure di prevenzione (si veda sul punto il Piano Nazionale Anticorruzione [4] – PNA- all. 2, pag 11, e allegato 2 aree di rischio comuni e obbligatorie).

I più comuni rischi in questo ambito sono, fra l’altro: abuso nell’adozione di provvedimenti aventi ad oggetto condizioni di accesso a servizi pubblici al fine di agevolare particolari soggetti (es. inserimento in cima ad una lista di attesa); abuso nel rilascio di autorizzazioni in ambiti in cui il pubblico ufficio ha funzioni esclusive o preminenti di controllo al fine di agevolare determinati soggetti (es. controlli finalizzati accertamento del possesso di requisiti per apertura di esercizi commerciali);riconoscimento indebito di indennità di disoccupazione a cittadini non in possesso dei requisiti di legge al fine di agevolare determinati soggetti;  riconoscimento indebito dell’esenzione dal pagamento di ticket sanitari al fine di agevolare determinati soggetti; uso di falsa documentazione per agevolare taluni soggetti nell’accesso a fondi comunitari, ecc (PNA  [4]allegato 3 – Elenco esemplificazione rischi).


La quarta regola riguarda la pubblicità dei criteri  e  modalità cui le amministrazioni e devono attenersi per la concessione di sovvenzioni, contributi, ecc e dei relativi provvedimenti attributivi di vantaggi economici. Per questi atti la pubblicazione nella Sezione Amministrazione trasparente” sottosezione “di primo livello “Sovvenzioni, contributi, sussidi, vantaggi economici”, sotto-sezioni di secondo livello “Criteri e modalità” e “Atti di concessione”,  è obbligatoria. Non solo. Essa è anche  condizione di efficacia dei relativi provvedimenti concessori, ma solo per importi superiori a mille euro: sia se erogati con un unico atto, sia con atti diversi purché nel corso dell’anno solare superino il tetto dei mille euro nei confronti di un unico beneficiario (artt. 26 e 27 del d.lgs n. 33 del 2013 [5]; vedi ANAC (allora Civit), deliberazione n.59 del 2013 [6] in tema di “Pubblicazione degli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzione di vantaggi economici a persone fisiche ed enti pubblici e privati ”).


La pubblicazione di questi provvedimenti richiede particolari cautele per quanto attiene al rispetto delle regole sulla privacy nei casi in cui gli atti contengano informazioni relative allo stato di salute ovvero alla situazione di disagio economico-sociale degli interessati (sul punto, si vedano Le linee guida emanate dal Garante per la privacy [7]il 15 maggio 2014, in GU. n. 134 del 12 giugno 2014; in questa Rivista “Trasparenza: le linee guida del Garante per la privacy [8]).