Le modifiche alla legge n. 241 del 1990 sul procedimento, come gli esami, non finiscono mai. Le ultime, in ordine di certo non d’importanza, si ritrovano nella legge anticorruzione n. 190/2012 e nel decreto – legge Sviluppo bis n. 179/2012

1. Le modifiche nella legge n. 190 del 2012

Il 28 novembre scorso è entrata in vigore la legge 6 novembre 2012, n. 190, recante “Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell’illegalità nella pubblica amministrazione” (G.U. n. 265 del 13 novembre 2012).

La legge n. 190 introduce, fra l’altro, tre importanti modifiche alla legge 241. Un’altra modifica della stessa legge interessa l’istituto dell’accesso alla documentazione amministrativa di cui agli artt. 22 e ss della 241.

1.1. Modifica dell’art. 1, comma 1-ter, della l. 214, sull’attività amministrativa svolta dai soggetti privati.

Questa modifica non riguarda l’attività amministrativa svolta dalle pubbliche amministrazione, ma quella esercitata dai soggetti privati. L’ente locale, come gli altri soggetti, pubblici o privati, è interessato dalla novella normativa solo come eventuale fruitore di attività amministrative svolte dai soggetti privati.

La modifica – introdotta dal comma 37 dell’art. 1 della legge n. 190 – consiste, in particolare, nell’aggiunta all’art. 1, comma 1-ter, della legge n. 241, in fine, delle seguenti parole «, con un livello di garanzia non inferiore a quello cui sono tenute le pubbliche amministrazioni in forza delle disposizioni di cui alla presente legge».

L’articolo 1, comma 1-ter, della legge n. 241 obbliga, come è noto, i soggetti privati preposti all’esercizio dell’attività amministrativa di assicurare il rispetto dei principi generali di legalità, economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza dettati dallo stesso articolo 1 per l’attività amministrativa in generale.

La precisazione introdotta con la novella dell’art. 1, comma 37, della legge n. 190 rafforza tale obbligo, imponendo un “livello di garanzia” pari a quello previsto per le pubbliche amministrazioni dalla stessa legge n. 241, e, quindi, primo fra tutte, la partecipazione al procedimento e l’accesso ai documenti amministrativi.

1.2. Modifica dell’art. 2, comma 1, della legge n. 241 sull’obbligo del provvedimento espresso.

Questa modificazione consolida la previsione dell’art. 2, comma 1, della legge n. 241 sul dovere della pubblica amministrazione di concludere i procedimenti amministrativi con un provvedimento espresso e riguarda, nello specifico, quelli da attivare su istanza di parte. A tale obbligo è correlato il diritto dell’istante ad ottenere il provvedimento.

La modifica – introdotta dal comma 38 dell’art. 1, della legge n. 190 – prevede la possibilità, anche per le amministrazioni, al pari dei giudici amministrativi, di motivare in forma semplificata i provvedimenti nei casi di manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda.

In queste ipotesi, la motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo. E’ bene evidenziare che l’unica deroga riguarda il contenuto della motivazione, che può essere esplicitata in forma semplificata. Ciò significa che restano ferme, anche in questo caso, le altre regole, ad esempio, sulla comunicazione di avvio del procedimento ex art. 7, ove possibile, e sul preavviso di rigetto ex art. 10-bis.

Queste considerazioni potrebbero portare a concludere che la nuova disposizione ha una portata innovativa abbastanza limitata. In realtà così non è, se si considera il tema, ampiamente dibattuto, dei limiti all’obbligo della P.A. di avvio del procedimento in presenza di un’istanza del privato, su cui nel tempo si è formata un’ampia casistica giurisprudenziale, secondo cui tale obbligo sarebbe escluso in alcune fattispecie (fra le quali: a fronte di istanze aventi ad oggetto diritti soggettivi o pretese patrimoniali; in presenza di domande manifestamente assurde o totalmente infondate, al cospetto di pretese illegali; in presenza di richieste aventi il medesimo contenuto di un provvedimento in precedenza adottato, se non sono dedotte circostanze nuove in punto di fatto o di diritto; a fronte di istanze meramente conoscitive; per le richieste di risarcimento del danno, ecc).

Con la nuova diposizione, invece, tutte le domande, anche quelle manifestamente irricevibili, inammissibili, improcedibili o infondate, attivano un procedimento e comportano l’obbligo per la pubblica amministrazione di adottare un provvedimento espresso, seppure in forma semplificata per quanto attiene alla motivazione.

La casistica indicata dalla norma novellata è molto ampia e tale da ricomprendere tutti le ipotesi: irricevibilità, improcedibilità, inammissibilità e infondatezza. Il presupposto comune a tutte le fattispecie legittimanti il provvedimento semplificato è la “manifesta”, ossia la palese, l’esplicita evidenza dell’irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità dell’istanza, individuabile senza che siano necessari accertamenti istruttori puntuali,

1.3 Il nuovo articolo 6-bis della legge n. 241 sull’obbligo di astensione

Nella legge n. 241 è stato inserito – dall’art. 1, comma 41 della legge n. 190 – l’istituto dell’astensione dei soggetti che svolgono un ruolo, istruttorio, consultivo o di amministrazione attiva, anche solo endoprocedimentale, nell’ambito del procedimento amministrativo.

Tale disposizione applica specificatamente al procedimento amministrativo l’obbligo generale di astensione dei funzionari pubblici, sancito in forza dell’art. 97 della Costituzione e degli stessi principi di imparzialità e trasparenza fissati dall’art. 1 della legge n. 241/1990.

L’obbligo di astensione impone al dipendente pubblico1, in generale, ed espressamente al titolare di poteri nell’ambito del procedimento amministrativo, di astenersi dal partecipare all’adozione di decisioni o ad attività che possano coinvolgere, direttamente o indirettamente, interessi finanziari o non finanziari propri o di parenti o conviventi.

Tale obbligo vale anche nel caso in cui, pur non essendovi un effettivo conflitto di interessi, la partecipazione del dipendente all’adozione della decisione o all’attività possa ingenerare comunque sfiducia nell’indipendenza e nell’imparzialità dell’amministrazione [2].

Sotto l’aspetto amministrativo, l’atto adottato dal soggetto in conflitto d’interesse è viziato da illegittimità, per violazione dell’art. 6-bis della legge n. 241. La violazione non richiede la “consumazione” dell’illegittimità, ossia che l’attività del funzionario in conflitto di interessi si sia effettivamente concretata in un risultato illegittimo, essendo sufficiente la potenzialità astratta della lesione della parità di trattamento. Detto altrimenti, è sufficiente la mera eventualità del vulnus del bene giuridico tutelato con correlata diminuzione del prestigio dell’amministrazione [3]

1.4. Modifica dell’art. 11 della legge n. 241 sugli accordi di programma

Il comma 47 dell’art. 1 della legge n. 190, con la modifica dell’art. 11 della legge 241, impone l’obbligo di motivazione di cui all’art. 3 della stessa legge n. 241 per gli accordi procedimentali o sostitutivi ex art. 15 della stessa legge 241.

Questa modifica nulla aggiunge alle regole in vigore, tenuto conto che il dovere di motivazione sussiste, ai sensi dell’art. 3 della legge n. 241, già nell’atto (determinazione, deliberazione, ecc) che obbligatoriamente deve precedere la stipulazione dell’accordo procedimentale.

Negli accordi è opportuno riportare apposta motivazione, anche per relationem alla deliberazione o alla determinazione adottata.

1.5 Modifica alla disciplina sull’accesso ai documenti amministrativi ex artt. 22 e ss della legge n. 241

Il comma 51 dell’art. 1 della legge n. 241 introduce indirettamente una modifica alla disciplina dell’accesso ex art. 22 della legge 241, estendendo la casistica degli atti inaccessibili per legge.

Il comma 51, in particolare, inserisce l’art. 54-bis nel decreto legislativo n. 165 del 2001, ai fini della tutela del pubblico dipendente che, all’interno della amministrazione pubblica o delle aziende esercenti potestà pubbliche, segnala comportamenti disciplinarmente o penalmente rilevanti (La tutela del dipendente pubblico che denuncia un illecito, di Riccardo Patumi ).

Il nuovo art. 54-bis precisa che la denuncia compiuta dal dipendente che segnala le attività illecite e corruttive è sottratta all’accesso salvo che l’accesso non sia indispensabile per presentare denuncia penale per diffamazione o calunnia.

Il responsabile del procedimento di accesso, in questo caso, deve valutare se la “denuncia” presentata dal pubblico dipendente rivesta carattere indispensabile ai fini della querela per diffamazione o calunnia da parte del denunciato.

2. Le modifiche alla legge n. 241 nel decreto – legge 179/2012

L’art. 6, comma 2, del decreto – legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, nella legge 17 dicembre 2012, n. 221, modifica le modalità di sottoscrizione degli accordi fra le pubbliche amministrazioni.

Detta disposizione inserisce, in particolare, all’art. 15 della legge n. 241, il seguente comma 2 bis: “A fare data dal 1° gennaio 2013 gli accordi di cui al comma 1 sono sottoscritti con firma digitale, ai sensi dell’articolo 24 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, pena la nullità degli stessi”.

Dal 1° gennaio 2013 l’unica modalità di sottoscrizione di tali accordi è la firma digitale. E la sottoscrizione del documento analogico comporta la nullità dell’atto.

Le modalità operative per l’applicazione della suddetta disposizione saranno rese note con apposito atto organizzativo.

Giuseppe Panassidi


1. Art. 51 cpc; art. 78 del d.lgs 267/2000; art. 6 del Codice di comportamento allegato al CCNL 22 gennaio 2004 per il personale del comparto Regioni – Autonomie locali.

2. Fra le altre, TAR Molise – Campobasso, Sez. I, 3 novembre 2011, n. 718; Cons. Stato IV, 4 dicembre 2003 n. 7050; idem 12 dicembre 2000 n. 6596; Tribunale Penale di Nola, ordinanza emessa in data 16 novembre 2006 dal GIP dr. Francesco Gesuè Rizzi Ulmo.

3 Cons. St, sez V, 1 aprile 2009, n. 2070.

 


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