La disciplina della segnalazione certificata di inizio di attività (SCIA) costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost, ed è pertanto, materia di competenza esclusiva dello Stato.

Corte costituzionale, sentenza n 121/2014, 5 – 9 maggio 2014, Presidente Silvestri – Redattore Criscuolo

Il caso

La Provincia autonoma di Bolzano ha promosso, in via principale, questione di legittimità costituzionale dell’art. 49, comma 4-ter, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,  per contrasto con la normativa provinciale, anche nelle specifiche materie di competenza statutaria, nella parte in cui:

a)  qualifica la disciplina sulla SCIA, come attinente alla tutela della concorrenza, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione;

b) ne ribadisce la qualificazione come livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost;

c)  dispone che la disciplina sulla SCIA sostituisca direttamente, dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del d.l. n. 78 del 2010, quella della «dichiarazione di inizio attività» (DIA), recata da ogni normativa statale e regionale.

La sentenza

La Consulta, con la sentenza che si annota, ha dichiarato non fondate le suddette questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Provincia di Bolzano con riferimento all’art. 49, comma 4ter del d.l. n. 78/2010 sulla disciplina della SCIA.

Le motivazioni della Corte si basano, in buona sostanza, sulla qualificazione della SCIA come istituto di semplificazione procedurale, riconducibile, pertanto, all’ambito degli standard strutturali e qualitativi di prestazioni che, “concernendo il soddisfacimento di diritti civili e sociali, devono essere garantiti, con carattere di generalità, a tutti gli aventi diritto” (sentenze n. 322 del 2009; n. 168 e 50 del 2008; n. 387 del 2007).

La disciplina, anche per i riflessi che ha ai fini di tutela dell’attività economica (art. 41 Cost.), deve essere uniforme in tutto il territorio nazionale.

Il Giudice delle leggi precisa, in particolare, che la SCIA, come la precedente dichiarazione d’inizio di attività (DIA), che sostituisce, è finalizzata alla semplificazione dei procedimenti di abilitazione all’esercizio di attività per le quali sia necessario un controllo della pubblica amministrazione: con la presentazione della SCIA, qualsiasi soggetto acquisisce efficacia legittimante immediata e può dare inizio all’attività, salvo il potere inibitorio dell’amministrazione in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti legittimanti, potere esercitabile, però, entro il termine perentorio di sessanta giorni, o di  trenta in materia edilizia, dal ricevimento della segnalazione.

La Consulta ricorda che il principio di semplificazione, di diretta derivazione comunitaria[1], rientra nel gruppo dei principi fondamentali dell’azione amministrativa (sentenze n. 282 del 2009 e n. 336 del 2005).

Dopo avere ribadito l’irrilevanza ai fini del giudizio di legittimità costituzionale dell’ “autoqualificazione” di una legge, la Consulta valuta, in ogni caso, inappropriato il richiamo alla tutela della concorrenza, effettuato dal citato art. 49, comma 4-ter del d.l. n. 78, in quanto la SCIA ha un ambito applicativo diretto alla generalità dei cittadini e perciò va oltre la materia della concorrenza. Al contrario, ritiene corretta, seppure priva di efficacia vincolante, la qualificazione operata dalla stessa disposizione della disciplina della SCIA come livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione.

Conclusioni

La sentenza annotata si segnala soprattutto per il richiamo alla “semplificazione” come principio rientrante nel catalogo dei principi fondamentali dell’azione amministrativa.

Sono applicazioni evidenti di questo principio, da un lato, la semplificazione nella documentazione con l’obbligo di acquisizione d’ufficio dei documenti già in possesso dell’Amministrazione pubblica e la sostituzione delle certificazioni con le autodichiarazioni, e, dall’altra, l’inserimento nel procedimento amministrativo di diversi istituti, quali la conferenza dei servizi, gli sportelli unici,  gli accordi sostitutivi, la SCIA ( e prima la DIA) , il silenzio, significativo e non, le illegittimità non invalidanti di cui all’art. 21-opties, l. 241/1990, istituti tutti di lotta alle complicazioni amministrative che hanno in comune la finalità di ridurre il cosiddetto “rischio amministrativo”, fattore considerato d’impatto molto negativo sulla competitività del nostro Paese.

E’ opportuno sottolineare che questi istituti non sono da soli sufficienti a riformare l’amministrazione. Occorre accompagnare il processo di semplificazione con investimenti considerevoli per la formazione degli operatori pubblici che devono applicare le nuove regole, e per la riorganizzazione e l’informatizzazione delle procedure amministrative.

 Giuseppe Panassidi



[1] cfr. Direttiva 2006/123/CE, cosiddetta “direttiva servizi” o “direttiva Bolkestein”, attuata nell’ordinamento italiano con decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59.


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