Il principio di trasparenza ed il metodo democratico [1]

E’ all’esame del Senato (XVII Legislatura, n.2439) il disegno di legge approvato dalla Camera l’8 giugno 2016 con il titolo Disposizioni in materia di partiti politici. Norme per favorire la trasparenza e la partecipazione democratica. Si compone di 12 articoli, comprese le norme transitorie e finali (art. 11), e le abrogazioni (art. 12).

Un testo dunque snello, ma ricco di implicazioni.

Nelle vicende storiche la vita politica del nostro Paese è stata condotta dai partiti politici, dapprima delle formazioni parlamentari dell’era postrisorgimentale, e poi con aggregazioni di cittadini con organizzazioni di tipo associativo il cui collante era rappresentato da comunanza di idee e di interessi, e di aspirazioni, per il governo della Nazione. Ne è derivata la loro elevazione a un rango di rilievo costituzionale, che l’articolo 49 della carta fondamentale ha consacrato. La formulazione della norma è diretta ad attribuire a tutti i cittadini il diritto (non una facoltà) di associarsi liberamente in partiti politici per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale. Partiti che, al tempo della Costituente, erano presenti e organizzati come tali. Per questa loro funzione, i partiti hanno concorso a porre in essere gli strumenti istituzionali per il governo del Paese concorrendo alla formazione del Parlamento nelle competizioni elettorali, e del Governo attraverso i loro gruppi parlamentari. Il metodo democratico al quale la loro vita si ispirava trovava espressione nei congressi per la selezione della classe dirigente e per la formulazione delle linee di indirizzo politico, e in convegni di studio per una più ampia formazione culturale e ideologica.

Questi strumenti di formazione della classe politica e di elaborazione dei programmi sono in questi ultimi anni venuti meno, e si è venuta formando una sorta di personalizzazione delle strutture partitiche, per giungere in alcuni casi all’abbandono della figura stessa di partito politico come sede di elaborazione di programmi e strumenti per determinare la politica nazionale.

Di questa evoluzione prende ora atto il legislatore con il disegno di legge in esame, che al primo comma dell’articolo 2 riconosce ai cittadini il diritto di associarsi, per concorrere alla formazione dell’indirizzo politico del paese, alla elaborazione dei programmi per il governo nazionale e locale, nonché alla selezione e al sostegno dei candidati alle elezioni per le cariche pubbliche, non solo in partiti, ma anche in movimenti e gruppi politici organizzati. Ne deriva che pure queste formazioni sono abilitate a presentare candidature alle assemblee elettive, nei modi e nelle forme di cui al successivo articolo 3.

Viene subito da annotare che il legislatore intende riconoscere un ruolo politico a movimenti e gruppi organizzati prendendo atto di una realtà recente, ma non è chiaro in cosa possa differenziarsi rispetto a un partito politico un movimento che ha per finalità di concorrere alle elezioni per conquistare il potere di governare il Paese. Forse una presa d’atto che i partiti tradizionali sono destinati a trasformarsi profondamente per lasciare posto a forme e strumenti di partecipazione politica nuovi.

Tiene però il legislatore a precisare al secondo comma dell’articolo 2, che l’organizzazione, il funzionamento, dei partiti, dei movimenti, e gruppi politici organizzati, debbano essere improntati al principio di trasparenza e al metodo democratico.

Questo per rimanere nell’ambito di quanto prevede l’articolo 49 della Costituzione quando attribuisce ai cittadini associati in partiti politici o in altre forme associative il potere concorrere a determinare la politica nazionale.  Se questa funzione non viene esercitata con metodo democratico, democratica non sarebbe la volontà che venisse espressa. L’insistenza del legislatore, che si esprime nell’articolato (articoli da 3 a 5) con il ribadire questo principio manifesta la preoccupazione che alcuni movimenti e aggregazioni recenti si pongano protagonisti della vita politica del Paese senza un supporto democratico nella formazione del corpo dirigente, e nella elaborazione del programma. A questo punto, le denominazioni movimento o gruppo politico organizzato non si differenzierebbero in alcun modo rispetto ai partiti politici tradizionali, se non per evidenziare il distacco da essi.

Le attività degli Enti locali in favore dei partiti politici, movimenti e gruppi politici organizzati[2]

Il disegno di legge sui partiti politici (Senato, n. 2439) contiene varie norme sulla partecipazione politica, sugli organi dei partiti, sulle regole interne, e specialmente sulla trasparenza e sul metodo democratico.

Questi punti sono già stati esaminati da parte del collega Mario Bassani, e le Sue attente considerazioni possono essere integrate con l’esame dell’articolo 7, che ha come titolo “Promozione dello svolgimento delle attività politiche in favore dei partiti iscritti nel registro” e si riferisce agli Enti locali ed alle loro attività in favore dei partiti politici, movimenti e gruppi politici organizzati.

È opportuno esaminare singolarmente queste attività ed i loro limiti.

a) Innanzitutto, queste attività possono essere effettuate in favore dei “partiti, movimenti o gruppi politici organizzati”. Sono quindi previsti i partiti politici tradizionali, ma anche i movimenti o gruppi politici organizzati, a condizione che siano però iscritti nel “Registro dei partiti politici che possono accedere ai benefici” di cui all’articolo 4 della legge 21 febbraio 2014 n. 13. Da ciò deriva che gli Enti locali non potrebbero svolgere queste attività in favore di partiti politici, movimenti o gruppi politici organizzati che non siano iscritti in questo Registro.

b) In secondo luogo, questa “materia” deve essere disciplinata con apposito regolamento, ed anche attraverso convenzioni con istituzioni pubbliche o private. Questo enunciato deve essere interpretato nel senso che in ogni caso vi deve essere questo apposito regolamento, e quest’ultimo può essere integrato da altre apposite convenzioni con istituzioni pubbliche o private.

La norma non prevede che si debba procedere, prima della deliberazione del regolamento, alla modifica dello statuto dell’Ente locale.

c) In terzo luogo, è stabilito che queste attività degli Enti locali si svolgono anche attraverso “convenzioni” con “istituzioni pubbliche o private”. L’interpretazione letterale richiama “le istituzioni pubbliche” e le “istituzioni private”, e queste ultime sono ad esempio le associazioni, le fondazioni, le società, con o senza personalità giuridica. Non è previsto che si possa stipulare una convenzione con un cittadino privato.

d) In quarto luogo, un importante inciso dell’articolo 7 stabilisce che – dopo che è stato deliberato il regolamento – gli enti territoriali attraverso queste convenzioni, possano “fornire” beni e servizi in favore dei partiti, movimenti e gruppi politici organizzati. L’espressione “fornire” è ampia, e comprende ogni forma di fornitura o di uso di beni o servizi.

Per quanto riguarda la durata di questa fornitura, è opportuno che ciò sia stabilito – come regola generale – nel Regolamento e – come specifica indicazione – nella convenzione.

e) In quinto luogo, è di particolare rilievo l’inciso che stabilisce che gli Enti locali territoriali possono “altresì” (e quindi in aggiunta a quanto stabilito nel primo incido del comma) “stipulare convenzioni per la messa a disposizione di locali per lo svolgimento di riunioni, assemblee, convegni ed altre iniziative finalizzate allo svolgimento dell’attività politica”. L’espressione “mettere a disposizione” indica l’uso, l’utilizzazione di questi locali. E’ quindi opportuno che queste convenzioni siano effettuate sulla base delle regole generali stabilite nel regolamento e sia prevista una “rotazione” tra i partiti e movimenti o gruppi politici che utilizzano questi locali, in modo che sia rispettata l’eguaglianza tra essi.

f) È infine stabilito che il rimborso di queste spese (che sono a carico dei soggetti utilizzatori) sia effettuato secondo “tariffari” definiti dalle Amministrazioni locali. La definizione di queste tariffe potrebbe avvenire mediante una delibera consiliare, ma è opportuno che tali regole siano stabilite nella convenzione, o meglio ancora nel regolamento che conterrà la disciplina della materia e fisserà i criteri generali per la determinazione di queste tariffe.

Questo disegno di legge, anche se dà attuazione parziale all’articolo 49 della Costituzione, merita una valutazione positiva, perché  stabilisce un rapporto tra gli Enti locali ed i partiti ed i movimenti e gruppi politici rivolto ad una maggiore partecipazione dei cittadini alla vita pubblica.

prof. avv Vittorio Italia – prof. avv. Mario Bassani

[1] La parte I è stata redatta da Mario Bassani.
[2] La parte II è stata redatta da Vittorio Italia


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