Tabella su “Semplificazioni per piccoli comuniL’ANAC ha approvato in via definitiva, con delibera n. 1074 del 21 novembre 2018, l’aggiornamento 2018 al Piano Nazionale Anticorruzione 2016, di cui il Responsabile della prevenzione della corruzione e della trasparenza dovrà  tenere conto nell’elaborazione del  Piano triennali di prevenzione della corruzione e della trasparenza 2019 – 2021, da adottare da parte dell’organo di indirizzo politico  entro il 31 gennaio del prossimo anno (vedi in questa Rivista la news del 16 dicembre).

Il documento dell’Autorità, sul quale si era conclusa la consultazione pubblica lo scorso 15 novembre, è suddiviso in due parti:

a) una parte generale con la quale sono fornite indicazioni alle amministrazioni sulle modalità di adozione annuale del PTPCT; sui ruoli e i compiti del RPCT; sui rapporti fra gli obblighi di pubblicazione e nuova disciplina della tutela dei dati personali introdotta dal Regolamento UE 2016/679; sull’applicazione del  c.d. pantouflage, sull’adozione dei codici di comportamento da parte delle amministrazioni e sulle tematiche attuative attinenti alla rotazione del personale;

b) una parte speciale di approfondimenti tematici, dedicata ai temi connessi alla gestione dei fondi strutturali, alla gestione dei rifiuti e alle Agenzie fiscali, e ad alcune semplificazioni per i  comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti e, per alcuni aspetti, per quelli con popolazione inferiore a 5.000 ab.

In allegato al PNA la deliberazione n. 840 del 2 ottobre 2018un prospetto  con i riferimenti normativi sul ruolo e le funzioni del RPCT .

L’ANAC dà conto, innanzitutto, degli esiti di due monitoraggi. Il primo  sull’evoluzione della qualità dei PTPCT 2015-2017 e 2017-2019 – effettuato su un campione di 536 amministrazioni stratificato per comparti – da cui è merso un complessivo miglioramento del livello di qualità dei Piani ma anche  alcune criticità specie per quanto attiene alla fase di valutazione e ponderazione del rischio nelle “aree specifiche” ed una disomogeneità tra comparti e amministrazioni. L’altro  sullo stato di attuazione della disciplina in materia di prevenzione della corruzione e trasparenza da parte di un campione di 340 società in controllo pubblico, aventi sede nel territorio delle regioni Basilicata, Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Piemonte, Puglia e Sicilia. L’esito di questo monitoraggio sperimentale  ha evidenziato che hanno superato l’esame, sotto l’aspetto qualitativo, oltre il 51 % delle società controllate con un punteggio fra alto, medio-alto e medio.

Incompatibilità fra RPCT e componente Nucleo di valutazione – L’ANAC  censura la prassi secondo la quale  il Segretario comunale è, al contempo, RPCT e  componente anche del Nucleo di valutazione. Come già evidenziato nell’Atto di segnalazione trasmesso al Governo e al Parlamento n. 1 del 24 gennaio 2018, l’Autorità  ritiene, infatti, “non compatibile prevedere nella composizione del Nucleo di valutazione (o organo diversamente denominato nell’autonomia degli enti locali), la figura del RPCT, in quanto verrebbe meno l’indefettibile separazione di ruoli in ambito di prevenzione del rischio corruzione che la norma riconosce a soggetti distinti ed autonomi, ognuno con responsabilità e funzioni diverse”. In altri termini, il RPCT si troverebbe nella veste di controllore e controllato. Laddove nei piccoli comuni non fosse possibile mantenere distinti i due ruoli, circostanza da evidenziare con apposita motivazione, per l’ANAC il ricorso all’astensione sarà possibile solo laddove il Nucleo di valutazione abbia carattere collegiale e il RPCT non ricopra il ruolo di Presidente.

Incompatibilità fra RPCT e Responsabile della protezione dei dati personali –  Con riguardo ai rapporti fra il Responsabile della prevenzione della corruzione (RPCT) e il Responsabile della protezione dei dati (RPD), figura introdotta dal Regolamento (UE) 2016/679 (artt. 37-38), l’ANAC conferma l’incompatibilità fra i due ruoli, in quanto  “la sovrapposizione dei due ruoli può rischiare di limitare l’effettività dello svolgimento delle attività riconducibili alle due diverse funzioni, tenuto conto dei numerosi compiti e responsabilità che la normativa attribuisce sia al RPD che al RPCT”.  L’ANAC ricorda che il medesimo orientamento è stato espresso dal Garante per la protezione dei dati personali (FAQ n. 7 relativa al RPD in ambito pubblico), secondo cui «In linea di principio, è quindi ragionevole che negli enti pubblici di grandi dimensioni, con trattamenti di dati personali di particolare complessità e sensibilità, non vengano assegnate al RPD ulteriori responsabilità. Il riferimento al Garante  è, però, alle amministrazioni centrali, alle agenzie, agli istituti previdenziali, nonché alle regioni e alle ASL, ossia ad enti di grande dimensione, mentre per l’ANAC eventuali eccezioni all’incompatibilità fra le due figure  possono essere ammesse solo in enti di piccole dimensione qualora la carenza di personale renda, da un punto di vista organizzativo, non possibile tenere distinte le due funzioni.

Rapporti fra ANAC e RPCT –  L’ANAC enfatizza la rilevanza che assumono  i rapporti con il RPCT, valutando la sua collaborazione  indispensabile per l’Autorità al fine di poter compiutamente svolgere le funzioni. Le modalità di interlocuzione con il RPCT sono state  chiarite dall’ANAC nel  Regolamento del 29 marzo 2017 approvato con delibera n. 330 del 29 marzo 2017.

Revoca del RPCT e  misure discriminatorie  Il paragrafo 6.2. del documento in esame contiene  le indicazioni alle amministrazioni per consentire all’ANAC di esercitare il potere di richiesta di riesame dei provvedimenti di revoca del RPCT e delle misure discriminatorie adottati dall’amministrazione nei suoi confronti. L’ANAC ricorda che il provvedimento di revoca deve essere comunicato all’Autorità, che ha il potere di richiedere il riesame del provvedimento. Anche per quanto riguarda le altre misure discriminatorie adottate nei confronti del RPCT, per motivi collegati, direttamente o indirettamente, allo svolgimento delle sue funzioni, quali demansionamenti,  licenziamenti, trasferimenti, o altre misure organizzative aventi effetti negativi, diretti o indiretti, sulle condizioni di lavoro, l’intervento di ANAC  consiste nella possibilità di «chiedere informazioni all’organo di indirizzo e intervenire nelle forme di cui al comma 3, articolo 15, decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39» e, quindi, con una richiesta di riesame del provvedimento concernente “le misure discriminatorie” adottate dall’amministrazione.

Adozione del PTPCT – L’ANAC ha confermato, come già chiarito dal suo Presidente con comunicato del 16 marzo 2018, che le amministrazioni sono tenute ad adottare, ciascun anno, alla scadenza prevista dalla legge, un nuovo completo PTPC, che include anche un’apposita sezione dedicata alla trasparenza, valido per il successivo triennio. Unica eccezione ammessa è per i comuni con popolazione inferiore ai 5.000 abitanti nei casi in cui nell’anno successivo all’adozione del PTPC non siano intercorsi fatti corruttivi o modifiche organizzative rilevanti. In questi enti , l’organo di indirizzo politico può limitarsi ad adottare un provvedimento con cui, “nel dare atto dell’assenza di fatti corruttivi o ipotesi di disfunzioni amministrative significative nel corso dell’ultimo anno, conferma il PTPC già adottato“, inserendo, se necessario, eventuali  integrazioni o correzioni di misure preventive presenti nel PTPC risultanti dal monitoraggio svolto dal RPCT.

Per quanto attiene all’adozione del Piano, è opportuno ricordare che l’organo di indirizzo politico è tenuto a formulare gli obiettivi strategici  in materia di prevenzione della corruzione e della trasparenza (art. 1, c. 8, L. 190/2012), che  diventano contenuto obbligatorio e indefettibile del PTPCT. La loro mancanza rileva, per l’ANAC, ai fini dell’applicazione delle relative sanzioni (PNA 2016, § 5.1.). Fra questi obiettivi, è obbligatorio definire quello relativo alla pianificazione di maggiori livelli di trasparenza (PNA 2016, § 5.1). Giova ricordare anche che, come indicato dal PNA 2016, gli enti con due organi di indirizzo politico, come gli enti locali, sono tenuti a coinvolgere anche il Consiglio dell’ente cui deve essere sottoposto  un documento generale sul PTPCT prima dell’adozione del Piano da parte della Giunta. Mentre per gli enti con un solo organo di indirizzo, l’ANAC consiglia una doppia lettura del documento da parte dello stesso organo di indirizzo politico e, quindi, prima l’adozione e poi l’approvazione definitiva del Piano.

Sempre in materia di approvazione del Piano, gioca ricordare che l’art. 1, comma 8, della legge 190/2012 prevede il divieto di redigere il piano anticorruzione da parte di soggetti esterni. L’ANAC ha chiarito che scopo della norma è di considerare la predisposizione del PTPC un’attività che deve essere necessariamente svolta da chi opera esclusivamente all’interno dell’amministrazione interessata, “sia perché presuppone una profonda conoscenza della struttura organizzativa, di come si configurano i processi decisionali (siano o meno procedimenti amministrativi) e della possibilità di conoscere quali profili di rischio siano involti; sia perché comporta l’individuazione delle misure di prevenzione che più si attagliano alla fisionomia dell’ente e dei singoli uffici”(PNA 2016). Per l’Autorità, l’unica attività esternalizzabile è quella  di assistenza e formazione del personale (deliberazione n. 748 del 5 settembre 2018).

 Per la Corte dei conti il suddetto divieto include anche il supporto nelle attività di analisi del rischio corruzione (risk analysis), salvo nel caso in cui si tratti di  struttura molto complessa, particolarmente grande, ad esempio in termini di estensione territoriale, o soggetta a processi di notevole complessità (C. conti, sez. giurisdizionale per la Regione Lazio, sentenza 4 maggio 2018, n. 269).

 Codice di comportamento dell’amministrazione –  I codici di comportamento, adottati da ciascuna amministrazione a valle dell’entrata in vigore del d.P.R. 63/2013 e delle prime Linee Guida ANAC dell’ottobre del 2013,sono risultati nella stragrande  maggioranza dei casi, meramente riproduttivi del codice generale contenuto nel d.P.R. 62/2013. mentre avrebbero dovuto  tradurre “in regole di comportamento di lunga durata, sul versante dei doveri che incombono sui singoli pubblici dipendenti, gli obiettivi di riduzione del rischio corruttivo che il PTPC persegue con misure di tipo oggettivo, organizzativo (organizzazione degli uffici, dei procedimenti/processi, dei controlli interni)“. Ciascuna amministrazione, pertanto, dovrà riscrivere il proprio codice di comportamento  sulla base delle Linee guida che saranno emanate dall’ANAC e di una propria “mappatura” dei doveri di comportamento connessi alla piena attuazione, da parte dei dipendenti, sul versante dei comportamenti soggettivi, delle misure oggettive, organizzative, di PTPC. In particolare,  i RPCT  sono chiamati a valutare, per ciascuna delle misure proposte nel PTPCT,  “se l’attuale articolazione dei doveri di comportamento (tra doveri del codice nazionale e doveri del vigente codice di amministrazione)  sia sufficiente a garantire il successo delle misure, ovvero se non sia necessario individuare ulteriori doveri, da assegnare a determinati uffici (o categorie di uffici) o a determinati dipendenti (o categoria di dipendenti)”. L’ANAC, da parte sua, con  Linee guida generali, da emanarsi nei primi mesi del 2019 per settore o tipologia di amministrazione , darà istruzioni  alle amministrazioni quanto ai contenuti dei codici di comportamento da adottare (doveri e modi da seguire per un loro rispetto condiviso), al procedimento per la loro formazione, agli strumenti di controllo sul rispetto dei doveri di comportamento, in primo luogo in sede di responsabilità disciplinare.

Rotazione – L’ANAC torna, anche nell’aggiornamento 2018, sul tema della rotazione del personale, istituto espressamente previsto dalla L. n. 190/2012 come misura di prevenzione della corruzione. L’istituto  ampiamente approfondito dall’ANAC nel PNA 2016 (par. 7.2.), assume, per l’Autorità, particolare rilievo nel limitare casi di mala amministrazione e di corruzione. La sua applicazione è obbligatoria, ma è rimessa all’autonoma programmazione delle amministrazioni in modo da adattarla alla concreta situazione dell’organizzazione degli uffici. L’amministrazione è tenuta, quindi, a pianificare  modalità certe e ad indicare tempi e soggetti deputati e, in caso  di impossibilità di applicazione per carenze di personale o per professionalità ad elevato contenuto tecnico,  deve individuare nel PTPCT misure alternative idonee a raggiungere le stesse finalità, ossia limitare il consolidarsi di relazioni che possano alimentare dinamiche improprie nella gestione amministrativa, conseguenti alla permanenza nel tempo di determinati dipendenti nel medesimo ruolo o funzione.

Si rammenta che fra le misure alternative alla rotazione, l’ANAC ha indicato, nel PNA 2016, le seguenti: a) maggiore compartecipazione del personale alle attività del proprio ufficio, mediante fasi di condivisione delle fasi procedimentali o affiancamento al funzionario istruttore di un altro funzionario; b) affidamento delle varie fasi procedimentali a più persone; c)  assegnazione della responsabilità del procedimento a soggetto diverso dal dirigente.

Giova ricordare anche che il giudice amministrativo (TAR Marche sent. n. 370/2013) ha ritenuto che la rotazione non è sostanzialmente praticabile nei Comuni di più ridotte dimensioni, nei quali solitamente sono presenti in organico solo un ragioniere (il quale deve evidentemente essere posto a capo del settore finanziario) e un tecnico diplomato o laureato (il quale si deve occupare dei settori LL.PP., protezione civile, urbanistica, ecc.). L’ANAC ha  precisato, però, che ai fini di questo istituto, la definizione di piccolo comune e la giustificazione delle piccole dimensioni dell’ente, può costituire una giustificazione solo se trattasi di comune con popolazione inferiore a 5000 ab., considerato che la L. 6 ottobre 2017, n. 158 «Misure per il sostegno e la valorizzazione dei piccoli comuni, nonché’ disposizioni per la riqualificazione e il recupero dei centri storici dei medesimi comuni», definisce «piccoli comuni»: «… i comuni con popolazione residente fino a 5.000 abitanti nonché’ i comuni istituiti a seguito di fusione tra comuni aventi ciascuno popolazione fino a 5.000 abitanti» (deliberazione ANAC n. 555 del 13 giugno 2018).

Di recente, l’Osservatorio sulla finanza e la contabilità degli enti locali, con atto di orientamento ex art. 154, co 2, del TUEL N. 267/200, ha sostenuto che la rotazione del responsabile del servizio finanziario – figura non esclusa dall’applicazione di tale misura ai sensi  della legge 190/2012 e delle correlate disposizioni regolative di attuazione …, deve tenere conto di due condizioni delle quali deve darsi motivazione nell’atto di disposizione della rotazione: a) insussistenza di vincoli “oggettivi”, ovvero che la rotazione non comprometta il buon andamento e la continuità dell’azione amministrativa; b)  possibilità di garantire il conferimento dell’incarico a soggetti dotati delle competenze necessarie. Ed ha concluso  che, considerata la sostanziale infungibilità della posizione del responsabile finanziario e fatte salve conclamate situazioni di incompatibilità, l’Amministrazione potrà soprassedere dall’attuare tale misura di prevenzione della corruzione qualora non sia in grado – e fino a quando non sarà in grado – di sostituzione con altro soggetto con le competenze necessarie.

Semplificazioni per i piccoli comuni – Le novità su questo fronte non sono particolarmente significative, anche se riguardano sia la trasparenza che l’approvazione del PTPCT.  Si rimanda alla Tabella allegata nella quale sono riassunti le precedenti e le nuove semplificazioni per i comuni di piccola dimensione demografica.

L’ANAC, anche per i piccoli comuni, ha condotto  un monitoraggio  mediante esame di 4.784 questionari pari al 66,6% dei comuni interessati dalla verifica. Oggetto dell’indagine: la figura del RPCT e le eventuali misure organizzative adottate dai comuni per ottemperare alle prescrizioni di legge; l’attuazione degli obblighi di pubblicazione dettati dal D.Lgs 33/2013; l’istituto dell’accesso civico e le criticità rilevate nel fornire riscontro alle istanze; le misure organizzative strumentali al trattamento dei dati personali; la presenza di eventuali sanzioni comminate per violazione degli obblighi di trasparenza. I dati raccolti si riferiscono al periodo 1 gennaio – 31 dicembre 2017.

Giuseppe Panassidi

 

 

 


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