L’accesso ai fogli presenza del dipendente può essere concesso senza ledere le libertà fondamentali dell’interessato omettendo le motivazioni delle assenze.

Tar Campania, Napoli, sez. VI, sentenza 13 dicembre 2017, n. 5901, Presidente Passoni, Estensore Corrado

A margine

Il fatto – Un privato chiede ad una società pubblica di acquisire, mediante accesso civico generalizzato ex art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 33 del 14 marzo 2013 e s.m.i., documenti concernenti la presenza sul luogo di lavoro, in un determinato periodo, di un impiegato con contratto di lavoro a tempo indeterminato presso la stessa società.

Il responsabile della trasparenza dell’ente nega l’accesso sulla scorta della opposizione espressa dal controinteressato.

Pertanto il soggetto ricorre al Tar mentre la società si oppone trattandosi di istanza tesa non ad esercitare un “controllo diffuso” nello spirito della norma ma ad accedere a dati personali di un soggetto determinato.

Il controinteressato, costituito in giudizio, da conto dell’esistenza di un contenzioso presso il Tribunale del Lavoro con il ricorrente circa la nomina del dipendente a dirigente a tempo determinato presso un Comune e contesta, poi, la possibilità di conoscere i dati richiesti tenuto conto che si tratterebbe di dati riguardanti una persona fisica, non necessari per il raggiungimento dello scopo che intende perseguire la norma di cui all’art. 5, comma 2, del d. lgs 33/2013. Inoltre afferma che verrebbe in evidenza una della ipotesi di preclusione al “diritto di conoscere” di cui all’art. 5 bis, commi 1 e 2 del d. lgs. 33/2013 con riguardo alla “protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia” considerato che il foglio presenze richiesto conterrebbe dati sensibili e personali non ostensibili a terzi (es. malattia, aspettativa, ferie).

La sentenza – Il Tar rileva che sussiste la violazione della disciplina in tema di accesso civico generalizzato risultando la decisione sull’istanza di accesso del ricorrente direttamente adottata dal Responsabile della trasparenza e senza neanche l’eventuale coinvolgimento del Garante per la protezione dei dati personali.

In particolare, la Società resistente, come esplicitato nelle linee guida ANAC (del. 1309/2016) avrebbe dovuto effettuare una attività valutativa con la tecnica del bilanciamento, ponderando gli interessi in gioco tra l’interesse pubblico alla disclosure generalizzata e la tutela dei dati personali che possono venire in evidenza. Inoltre, poiché il legislatore con riguardo ai limiti da salvaguardare di cui all’art. 5 bis, commi 1 e 2, fa riferimento al pregiudizio “concreto” che deve rinvenirsi, l’amministrazione avrebbe dovuto indicare il pregiudizio che l’ostensione del solo dato della presenza al lavoro del controinteressato avrebbe comportato, oscurando ogni altro riferimento alle ragioni delle eventuali assenze dal lavoro.

Nel merito, tra il diritto a conoscere le presenze al lavoro di un dipendente di una società pubblica e il diritto del controinteressato a che non sia rivelata la presenza perché afferente a un dato personale, appare certamente prevalente il diritto a conoscere del richiedente tenuto anche conto che l’amministrazione avrebbe potuto omettere tutte le informazioni impattanti con il diritto alla riservatezza, quali per esempio l’astensione dal lavoro per malattia.

Ad avviso del Collegio, infatti, i rilevamenti delle presenze del personale in servizio rientrano proprio nell’ambito della possibilità di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali dell’ente e sull’utilizzo da parte di questo delle risorse pubbliche.

Nel caso in esame, inoltre, non si comprende in che termini l’informazione richiesta possa ledere, alla luce della disciplina recata dal Codice della privacy (d. lgs. 196/2003) la sfera di riservatezza del controinteressato, atteso che il relativo rapporto di lavoro risulta instaurato con un soggetto pubblico donde la sussistenza in capo al dipendente di obblighi e doveri, fermo restando il controllo che solo l’Ente può svolgere relativamente alla validità delle ragioni di astensione dal lavoro.

Pertanto il ricorso è accolto e si ordina alla Società di dare ostensione dei documenti dai quali risulta la presenza o meno in ufficio del controinteressato nel periodo richiesto con omissione di ogni dato idoneo a disvelare le ragioni delle assenze.

Conclusioni – Secondo il giudice il diniego dell’Ente, facendo riferimento all’unica circostanza dell’opposizione da parte del controinteressato, non consente di ricostruire la valutazione dell’amministrazione sugli interessi in gioco, a maggior ragione allorquando c’è opposizione all’ostensione da parte del controinteressato.

Come già affermato dalla stessa Sezione va infatti escluso che l’amministrazione possa legittimamente assumere quale unico fondamento del diniego di accesso agli atti la mancanza del consenso da parte dei soggetti controinteressati, atteso che la normativa in materia di accesso agli atti, lungi dal rendere i controinteressati arbitri assoluti delle richieste che li riguardino, rimette sempre all’amministrazione destinataria della richiesta di accesso il potere di valutare la fondatezza della richiesta stessa, anche in contrasto con l’opposizione eventualmente manifestata dai controinteressati (cfr. sentenza n. 1380 del 9 marzo 2017).

di Simonetta Fabris

 

 


Stampa articolo