“E’ incandidabile alle elezioni regionali chi è stato condannato in via definitiva per i reati contro la pubblica amministrazione indicati nell’articolo 7, comma 1, lett. c) del Decreto Legislativo n. 235 del 2012. Questa misura non è una sanzione accessoria alla condanna, ma un effetto di natura amministrativa, che non incide sull’irretroattività delle norme penali o delle disposizioni afflittive, e non contrasta con gli articoli 3 e 51 della Costituzione.

Consiglio di Stato, Sez. V, 6 febbraio 2013, n. 695. Pres. Stefano Baccarini, Est. Francesco Caringella  [CdS_n._695]

]1. Il caso

Il Signor (X) si è presentato come candidato nella lista regionale del candidato Presidente per l’elezione del Presidente e della Giunta della Regione Molise, ma l’Ufficio centrale regionale, costituito presso la Corte d’Appello di Campobasso, ha disposto la cancellazione del nominativo di questo candidato della lista regionale. Infatti, dal casellario giudiziale risultava a carico del Signor (X) una sentenza definitiva di condanna pronunciata dalla Corte d’Appello di Campobasso per abuso d’ufficio, e si doveva quindi applicare l’articolo 7, comma 2, lettera c), del D.Lgs. 31 dicembre 2012, n. 235, che stabilisce l’incandidabilità per queste elezioni. L’Ufficio centrale regionale ha poi precisato che il Signor (X) non aveva ottenuto la riabilitazione, per avere rinunciato, a suo tempo, all’istanza.

Il Signor (X) ha allora proposto ricorso, ma il Tar (Molise – Campobasso, Sez. I, n. 27/2013) lo ha respinto. Contro questa sentenza il Signor (X) ha interposto appello, sostenendo di nuovo che l’articolo 7, del D.Lgs. n. 235/2012 poteva essere applicato soltanto con riferimento alle sentenze successive alla sua entrata in vigore.

2. La normativa.

Conviene qui richiamare il D.Lgs. 31 dicembre 2012, n. 235 (Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi, a norma dell’articolo 1, comma 63, della legge 6 novembre 2012, n. 190), che è stato applicato nell’articolo 7, intitolato: “Incandidabilità alle elezioni regionali”, e che stabilisce:

“1. Non possono essere candidati alle elezioni regionali (…);

a) – b)

c) coloro che hanno riportato condanna definitiva per delitti, consumati o tentati, previsti dagli articoli 314, 316, 316-bis, 316 ter, 317, 318, 319, 319-ter, 319-quater, primo comma, 320, 321, 322, 322-bis, 323, 325, 326, 331, secondo comma, 334, 346-bis del codice penale;

d) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva alla pena della reclusione complessivamente superiore a sei mesi per uno o più delitti commessi con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o a un pubblico servizio diversi da quelli indicati alla lettera c);

3. L’eventuale elezione o nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1 è nulla. L’organo che ha deliberato la nomina o la convalida dell’elezione è tenuto a revocarla non appena venuto a conoscenza dell’esistenza delle condizioni stesse”.

3. La sentenza e la motivazione.

La sentenza, che ha respinto il ricorso in appello, si è basata sui seguenti argomenti:

1) I casi di non candidabilità sono stati stabiliti dal legislatore, che ha ritenuto, nell’esercizio della sua discrezionalità, che determinate tipologie di reato erano caratterizzate da uno speciale disvalore.

2) I soggetti che sono stati colpiti da queste irrevocabili pronunce di giustizia sono inidonei ed indegni, e devono essere allontanati dallo svolgimento di questo rilevante munus pubblico.

3) Questa disciplina si applica anche alle sentenze che sono state pubblicate priva dell’entrata in vigore del D.Lgs. n. 235/2012.

4) L’articolo 7 citato non ha natura sanzionatoria, e non contrasta perciò con il principio dell’articolo 25 Cost., in riferimento all’irretroattività delle norme penali.

5) Non si tratta quindi di una sanzione, e neppure di una sanzione sostitutiva (quale potrebbe essere, ad es., la semidetenzione, o le sanzione alternative pecuniarie), perché questa misura non è irrogata dal giudice, ma è stabilita direttamente dal legislatore.

6) La previsione dell’incandidabilità è una conseguenza del parametro previsto dal legislatore per allontanare da incarichi pubblici le persone che sono “radicalmente inidonee”.

7) La discrezionalità del legislatore giustifica la diversità di disciplina per le elezioni regionali rispetto all’incandidabilità alla carica di deputato, senatore e membro del Parlamento europeo, che riguardano cariche diverse e diversi procedimenti elettorali.

 4. Commento

Gli argomenti della motivazione sono tutti pertinenti, ma il punto che appare determinante e persuasivo riguarda l’interrogativo se la previsione della incandidabilità sostituisca o no una “sanzione”. La tesi enunciata dai giudici del Consiglio di Stato è che non si tratta di una sanzione, e la tesi è degna di essere approvata, anche per i seguenti ulteriori argomenti:

1) La “sanzione” secondo la dottrina (Bobbio, voce Sanzione, in Novissimo Digesto Italiano e Kelsen, Teoria generale del diritto e dello Stato, 1963, p. 52), indica quella misura predisposta dall’ordinamento per rafforzare l’osservanza delle norme.

2) La sanzione è al di fuori del precetto normativo penale.

3) La previsione dell’ineleggibilità è quindi esterna e successiva alla previsione della pena prevista direttamente per i reati indicati nelle lettere c) e d) dell’articolo 7, del D.Lgs. n. 235/2012.

4) Ciò è confermato anche dalla previsione della nullità del comma 3, per l’eventuale elezione o la nomina di coloro che si trovano nelle condizioni di cui al comma 1. Anche questa è una ulteriore conseguenza, esterna ed al di fuori della regola prevista nelle lettere c) e d) dell’articolo 7 citato.

 5. Conclusioni.

La sentenza è quindi persuasiva. Essa ha interpretato in modo esatto la norma dell’articolo 7, del D.Lgs. n. 235/2012 ed anche l’intenzione del legislatore, che ha stabilito queste regole sull’incandidabilità sulla base di una valutazione di ipotesi di “indegnità politica”, ostativi di questa candidabilità.


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