L’RSPP (Responsabile del servizio di Prevenzione e Protezione) è una delle figure chiave della sicurezza sul lavoro. Esso sta a capo del servizio di prevenzione e protezione previsto dall’art. 2, lettera l, del D.Lgs. 81/08 smi. Una delle peculiarità che caratterizza il servizio della prevenzione e protezione rispetto alle altre figure, è che questo è l’unico organo collegiale della sicurezza, in tutti gli altri casi infatti abbiamo figure individuali (medico competente, datore di lavoro, dirigente, preposto ecc).

L’RSPP viene designato direttamente dal datore di lavoro, che peraltro non può in alcun modo delegare tale nomina (come previsto dall’Art 17 del D.Lgs. 81/08 smi).  In particolare, la considerazione che l’art. 31 del D.Lgs. 81/08 si esprime nel senso che il datore di lavoro designa il responsabile – che deve avere le capacità ed i requisiti di cui all’art. 32 del D.Lgs. n. 81/2008 – tra coloro cui sono affidati i compiti del servizio di prevenzione e protezione, fa ritenere che, qualora questo debba essere “interno” all’azienda o all’unità produttiva, lo debba essere anche il responsabile.

Inoltre anche nel caso che il servizio di prevenzione e protezione debba essere interno, il datore di lavoro può avvalersi di persone esterne all’azienda in possesso delle conoscenze necessarie per integrare l’azione di prevenzione e protezione nonché “se la capacità dei dipendenti all’interno dell’azienda ovvero dell’unità produttiva è insufficiente, può far ricorso a persone o servizi esterni, previa consultazione col rappresentante dei lavoratori per la sicurezza”.

Altro aspetto importante è la forma con cui viene nominato l’RSPP. Infatti è ormai noto che non basti la così detta prova testimoniale della nomina dell’RSPP, ma questa deve avvenire con documento ufficiale recante data certa (come rilevato da una sentenza della Cassazione n. 43840 Sez. III del 5 Novembre 2008).

Come detto l’RSPP deve avere una serie di requisiti, ben specificati dall’art. 32 del D.Lgs. 81/08 smi, e proprio in questo senso, potrebbe essere utile rispondere al seguente quesito: può sussistere una culpa in eligendo in capo al datore di lavoro che pure abbia nominato un RSPP che abbia i requisiti e le capacità previsti dall’art. 32, per non aver valutato altri elementi che possono comunque giocare un ruolo in termini di effettività in relazione alla predisposizione del Servizio di Prevenzione e Protezione?

Il quesito sorge perchè nel D.Lgs. 81/08 sono solo due le figure giuridiche per le quali il legislatore prevede una qualificazione soggettiva: una è il medico competente, l’altra proprio l’RSPP. Per questo può esserci, per il datore di lavoro, il rischio di non scegliere correttamente una delle due figure citate, non controllando in modo idoneo i requisiti.

L’art 32 non sembrerebbe però lasciare troppo spazio ad un’interpretazione che sostenga la necessità sul piano giuridico che il datore di lavoro nel nominare l’RSPP identifichi e valuti anche ulteriori elementi, oltre a quelli previsti dall’art. 32, la cui sussistenza possa essere ritenuta, sulla base dell’effettività e caso per caso, un presupposto necessario atto a garantire la reale “capacità” di un soggetto di far fronte ad un ruolo che è sostanzialmente un ruolo consulenziale, un ruolo professionale, interno o esterno che sia.

Parlando di RSPP è inevitabile citare anche la delega di funzioni in materia di sicurezza sul lavoro.

In particolare, è delegabile l’obbligo di designare gli addetti al servizio di prevenzione e protezione, ma non anche quello di designare il relativo responsabile (art. 17, lett. b), D.Lgs. 81/08).

La Cassazione, sul punto, ha chiarito che in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro (già prima del D.Lgs. 81/08) il datore di lavoro non poteva delegare, neanche nell’ambito di imprese di grandi dimensioni l’attività di valutazione dei rischi per la salute e la sicurezza del lavoratore e la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione dei rischi (Sez. IV, 23 marzo 2012, n. 11425).

A quest’ultimo il datore di lavoro che non sia nelle condizioni di svolgere direttamente i compiti propri del servizio prevenzione e protezione all’interno dell’azienda “… è tenuto a dare incarico ad altri per lo svolgimento in concreto di tali compiti, assicurandosi che gli incaricati siano in numero sufficiente, possiedano la capacità necessaria e dispongano di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati …” (Sez. IV, 22 gennaio 2001, n. 514).

Sul punto, in ogni caso, non appare superfluo precisare che il servizio in discorso – e soprattutto il suo responsabile – svolge un ruolo di consulenza per il datore di lavoro e non già un ruolo sostitutivo di quest’ultimo.

Sul punto la Suprema Corte ha precisato che “… l’obbligo di vigilare affinché sia garantita la corretta osservanza del precetto penale permane a carico del datore di lavoro anche nel caso in cui sia stato nominato un responsabile per la prevenzione e la protezione, quale previsto dall’art. 31 del D.Lgs. n. 81/2008, poiché tale norma mira a rafforzare il sistema di garanzie a protezione del lavoratore, ma non comporta che la nomina del responsabile abbia efficacia liberatoria per il datore di lavoro, dato che questi rimane il principale destinatario della norma penale” (Sez. IV, 18 settembre 2001, n. 33832).

Ancora, il Supremo collegio ha precisato che “… il responsabile del servizio di prevenzione e protezione, di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 626/1994, a norma dell’art. 9 dello stesso decreto – disposizioni confluite negli artt. 31 e 33, D.Lgs. 81/08 – è utilizzato dal datore di lavoro per compiti di valutazione dei fattori di rischio, di individuazione delle misure prevenzionistiche, di informazione e formazione dei lavoratori” (Sez. IV, 12 luglio 2001, n. 28153).

Gli obblighi di vigilanza e di controllo che gravano sul datore di lavoro non vengono dunque meno con la nomina dell’RSPP, cui sono demandati dalla legge compiti diversi intesi ad individuare i fattori di rischio, ad elaborare le misure preventive e protettive e le procedure di sicurezza relative alle varie attività aziendali (Sez. IV, 20 maggio 2008, n. 27420).

Vero è che l’RSPP è un mero consulente del datore di lavoro (Sez. IV, 10 giugno 2009, n. 23929), e che la nomina dell’RSPP non esonera affatto il garante dalla penale responsabilità, ma, tuttavia, si può verificare l’ipotesi non infrequente che il responsabile per la sicurezza, esuberando dai propri compiti di consulenza, fornisca indicazioni operative inadeguate o manchi di approntare specifici progetti d’intervento volti ad assicurare la sicurezza delle condizioni lavorative, il c.d. RSPP può essere ritenuto penalmente responsabile senza che ciò determini un esonero di responsabilità del garante principale (Sez. IV, 11 giugno 2013 n. 25647).

Nell’ottica del legislatore, l’RSPP deve quindi assumere un ruolo “puro”, quale soggetto consulente del datore di lavoro, evitando l’assunzione di compiti operativi, pena la creazione di una figura “ibrida” che comporta inevitabilmente l’attribuzione di più ampie responsabilità in capo al medesimo.
Il responsabile e gli addetti al servizio di prevenzione e protezione che siano dipendenti dal datore di lavoro del resto non possono subire pregiudizio a causa dell’attività svolta (art. 31, D.Lgs. 81/08) ed, inoltre, devono disporre di mezzi e di tempo adeguati per lo svolgimento dei compiti loro assegnati.

Per tale ragione, la ratio legis è nel senso di garantire al soggetto RSPP la massima autonomia possibile nell’espletamento dei suoi compiti: ciò spiega, quindi, il perché, ove la funzione sia svolta in contemporanea con altre che comportano l’assunzione di responsabilità gestionali, l’RSPP è chiamato a rispondere penalmente.

Si è affermato, a tal proposito, in giurisprudenza che è configurabile la responsabilità del soggetto designato quale RSPP aziendale che, di fatto, assuma il ruolo di coordinatore per l’esecuzione dei lavori (Sez. IV, 4 maggio 2012, n. 16892).

Sorge a questo punto spontaneo un quesito: esiste una responsabilità penale diretta dell’RSPP ?
Non sono previste specifiche sanzioni penali a carico degli addetti e del responsabile del servizio di prevenzione e protezione.

Ciò non toglie, secondo la più diffusa opinione, che essi potrebbero essere chiamati a rispondere di concorso nel reato di omicidio colposo o lesioni personali colpose che si siano verificati anche a causa della violazione dei compiti ad essi attribuiti dalla legge. Tale impostazione è condivisa dalla giurisprudenza di legittimità secondo cui – pur essendo innegabile che i componenti del servizio aziendale di prevenzione, essendo considerati dei semplici ausiliari del datore di lavoro, non possono essere chiamati a rispondere direttamente del loro operato, perché difettano di un effettivo potere decisionale – ciò pur tuttavia non esclude che il responsabile del servizio di prevenzione e protezione possa essere chiamato a rispondere, anche penalmente, per lo svolgimento della propria attività (giurisprudenza costante: Sez. IV, 15 febbraio 2007, n. 15226; Id., 4 aprile 2007, n. 39567; Id., 23 aprile 2008, n. 25288; Id., 20 agosto 2010, n. 32195; Id., 27 gennaio 2011, n. 2814).

L’RSPP, dunque, pur in assenza di una previsione normativa di sanzioni penali a suo specifico carico, qualora, agendo con imperizia, negligenza, imprudenza o inosservanza di leggi e discipline, abbia dato un suggerimento sbagliato o abbia trascurato di segnalare una situazione di rischio, inducendo, così, il datore di lavoro, ad omettere l’adozione di una doverosa misura prevenzionistica, risponderà insieme a questi dell’evento dannoso derivatone, essendo a lui ascrivibile un titolo di colpa professionale che può assumere anche carattere esclusivo, ancorché sia privo di poteri decisionali e di spesa, dovendosi presumere che alla segnalazione avrebbe fatto seguito l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle iniziative idonee a neutralizzare tale situazione.

Infine c’è da dire che la figura dell’RSPP è ulteriormente mutata con il nuovo Accordo Stato regioni del 7 luglio 2016, che ne è andato a modificare il percorso formativo e di aggiornamento. Ormai l’RSPP è diventato a tutti gli effetti un manager della sicurezza. Infatti le sue competenze non dovranno più essere meramente tecniche ma dovranno essere gestionali, metodologiche, organizzative e progettuali.

L’RSPP deve saper gestire le diverse problematiche della sicurezza sul lavoro, deve saper individuare i rischi e soprattutto deve saper proporre delle misure preventive adeguate ed idonee a ridurre alla fonte tutti i rischi individuati.  Non solo, l’RSPP deve anche essere in grado di comunicare i rischi ai lavoratori, deve informarli e deve sfruttare le sue competenze per proporre procedure di sicurezza. È evidente la volontà di arrivare sempre più ad un vero e proprio manager della sicurezza.

Proprio per questo sono crescenti le responsabilità di questa figura, e se come già detto non vi siano riferimenti diretti di specifiche sanzioni al RSPP le sue responsabilità sono presenti ed evidenti.

Sul tema relativo alla figura dell’RSPP manager consigliamo la lettura del testo: “Responsabile del servizio manager della sicurezza” con autore il Prof. Rocco Vitale edito da EPC.

Dott. Matteo Fadenti


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