Nel caso in cui il contribuente dimostri di avere provveduto direttamente allo smaltimento, al  recupero e riciclo dei propri rifiuti speciali consistenti in rifiuti da imballaggio secondari e terziari, è fatta salva la possibilità per il contribuente di  sottrarsi all’obbligo della privativa comunale e, quindi, alla tassazione in favore del Comune.

 Commissione Tributaria Regionale di Bari – Sezione 10 – in concomitanza della sentenza N°156/10/2013 depositata in Segreteria il 05/11/2013.

Trattasi di un principio giurisprudenziale non di poco conto, in occasione del quale i Giudici tributari pugliesi hanno recepito in toto le direttive palesate dalla  Corte di Cassazione nell’Ordinanza n°11500 del 09/07/2012 in occasione della quale gli Ermellini hanno chiarito “che i rifiuti da imballaggi terziari, nonché, quelli degli imballaggi secondari, ove non si sia stata attivata la raccolta differenziata, non possono essere assimilati dai comuni ai rifiuti urbani.

Il caso

In data 12/07/2010 un Comune della provincia di Bari notificava a carico di una SRL due Avvisi di pagamento TARSU attraverso i quali l’ente impositore richiedeva il versamento della tassa per le annualità 2009 e 2010, per un ammontare complessivo di euro undicimila . La SRL proponeva due distinti  ricorsi davanti alla CTP di Bari innanzi alla quale deduceva la non debenza TARSU trattandosi, nel caso di specie, di rifiuti speciali (imballaggi secondari e terziari) e che allo smaltimento degli stessi provvedeva direttamente la società.

La società ricorrente evidenziava, altresì, l’illegittimità della Delibera adottata dal Comune, di assimilazione dei rifiuti speciali a quelli urbani. Il Collegio tributario di prime cure con sentenza n°62/12/12 del 17/7/2012 rigettava entrambi i ricorsi riuniti, ritenendo che la società ricorrente non aveva dato prova tangibile in ordine al fatto  che i rifiuti erano stati  effettivamente avviati al recupero, ritenendo, inoltre, che i rifiuti in questione (imballaggi due e tre) non possano dirsi speciali, soggiacendo, pertanto, alla disciplina riconducibile alla TARSU ordinaria. Avverso la  sentenza di primo grado la società proponeva appello, deducendo in sede di gravame: 1) la violazione e falsa applicazione dell’art.38 comma 3 lett.a) del D.lgs.n°22/1997 poiché i rifiuti prodotti dalla società sono rifiuti speciali non pericolosi di tipo imballaggi secondario  e terziario, la cui raccolta e recupero sono a carico dei produttori e/o utilizzatori; 2)  l’inesistenza del servizio di raccolta e smaltimento da parte del Comune richiedente, all’interno del comprensorio dove era ubicata la sede della società appellante.

La società a responsabilità limitata sosteneva di avere fornito ampia documentazione sufficiente a comprovare lo smaltimento diretto dei rifiuti da imballaggi, diversamente dal Comune che, nulla ha provato in ordine all’effettivo espletamento del servizio che potesse giustificare in qualche modo il pagamento della TARSU. Si costituiva il Comune convenuto, segnalando nel proprio atto di parte, la mancanza di una legge che disponga la specialità in via assoluta degli imballaggi, ritenendo  dovuta la TARSU ordinaria sulle superfici interne, non avendo fornito la SRL alcuna documentazione relativa alla effettiva produzione di rifiuti speciali. Facendo seguito all’udienza del 22/10/2013 il Collegio tributario di secondo grado, riteneva fondato l’appello proposto dalla società  e pertanto non dovuto il pagamento della TARSU riconducibile al  regime di privativa del Comune.

 

La sentenza 

Con riferimento alla casistica in questione, il Giudice tributario di secondo grado ha giustamente  rilevato contrariamente a quanto dedotto  dal Comune impositore, che la previsione normativa di cui all’art.38 del Decreto Legge n°22/97 (Decreto Ronchi) in quanto lex specialis  dispone a carico dei produttori e utilizzatori precisi obblighi  in ordine alla raccolta, recupero e riciclaggio dei rifiuti da imballaggi secondari e terziari, fissandone altresì tempi e modalità di intervento. A tal fine, essi devono organizzare autonomamente la raccolta, il riutilizzo, il riciclo ed il recupero dei rifiuti da imballaggio, stabilendo che sono a carico dei produttori e utilizzatori i costi per il ritiro degli imballaggi usati e la raccolta dei rifiuti da imballaggio secondari e terziari, nonché, lo smaltimento dei rifiuti da imballaggio secondari e terziari. Trattasi, pertanto, di un preciso obbligo ineludibile  a cui il produttore o utilizzatore deve adempiere, sostenendo i relativi costi, pena la  personale responsabilità.

In particolare, il più volte richiamato art.38, comma 1 del Decreto Legge n°22/1997 (Decreto Ronchi), dispone testualmente: “i produttori e gli utilizzatori sono responsabili della corretta gestione ambientale degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio generati dal consumo dei propri prodotti”. Il successivo comma 2° dello stesso art.1, dispone che: “ nell’ambito degli obbiettivi di cui agli articoli 24 e 37, i produttori e gli utilizzatori adempiono all’obbligo della raccolta dei rifiuti di imballaggi primari e degli altri rifiuti di imballaggi comunque conferiti al servizio pubblico, tramite il gestore del servizio medesimo. A tal fine i produttori e gli utilizzatori costituiscono il Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all’art.41”.

Per la questione di cui si discute, particolarmente rilevante risulta la previsione normativa contenuta nel successivo comma 3 dello stesso Decreto, in cui è disposto testualmente: “ per adempiere agli obblighi di riciclaggio e di recupero nonché agli obblighi della ripresa degli imballaggi usati e della raccolta dei rifiuti di imballaggi secondari e terziari su superfici private, nonché, all’obbligo del ritiro, su indicazione del Consorzio Nazionale Imballaggi di cui all’articolo 41, dei rifiuti di imballaggio conferiti dal servizio pubblico, i produttori, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore delle disposizioni del presente titolo, possono:

  1. Organizzare autonomamente la raccolta, il riutilizzo, il riciclaggio ed il recupero dei rifiuti di imballaggio;
  2. Aderire ad uno dei Consorzi di cui all’art.40;
  3. Emettere in atto un sistema cauzionale”.

La casistica specifica che ha legittimato nel caso di cui si tratta l’orientamento giurisprudenziale assunto dal Collegio tributario barese è proprio quella richiamata alla lettera a) di cui sopra.

Inoltre, rileva segnalare, ancora, che la speciale disciplina, nonché, il divieto espresso disposto dall’art.43 del  più volte richiamato Decreto Legislativo n°22/1997 secondo cui: “a decorrere dal 1°gennaio 1998 è vietato immettere nel normale circuito di raccolta dei rifiuti urbani gli imballaggi terziari e di qualsiasi natura”, preclude ai Comuni di procedere all’assimilabilità dei rifiuti da imballaggio terziario e secondario ai rifiuti urbani (Cass. Civ. Sez. V 18/01/2012, n°627), vanificando, pertanto, la possibilità di applicazione da parte dell’ente impositore della previsione normativa di cui all’art.21 del Decreto Legge n°22/1997.

Nel caso di specie, contrariamente a quanto evidenziato dal Giudice di prime cure, il Collegio tributario  in sede di gravame, ha evidenziato come la società abbia fornito documentazione idonea e sufficiente per comprovare il recupero, lo smaltimento e il riciclo  dei rifiuti speciali da imballaggio due e tre sopra richiamati, dando prova, inoltre, circa  il mancato espletamento del servizio di raccolta e smaltimento dei rifiuti da parte del Comune. L’orientamento assunto dal Collegio tributario di appello, se vogliamo, trova fondamento anche nel principio giurisprudenziale sancito dalla stessa Corte di Cassazione in concomitanza dell’Ordinanza 11500 del 09/07/2012 in occasione della quale i Giudici di Palazzaccio hanno chiarito che: “i rifiuti degli imballaggi terziari nonché quelli degli  secondari, ove non sia stata attivata dal Comune la raccolta differenziata, non possono essere assimilati dai Comuni ai rifiuti urbani”.

Ne deriva che, ove la società dimostri, come nella fattispecie considerata, di avere provveduto direttamente allo smaltimento e al recupero dei propri rifiuti speciali, adempimento quest’ultimo da cui pur volendo il produttore o l’utilizzatore non può sottrarsi per espressa previsione di legge (art.38 D.lgs.n°22/1997), la stessa, può evidentemente ritenere non dovuto il pagamento della TARSU ordinaria rinveniente dalla privativa comunale (Circ. Min. 07/05/1998, n°119).

Né, la Commissione tributaria regionale di Bari adita ha potuto, nel caso di specie, determinare nello specifico il quantum dell’eventuale tassa dovuta, ancorchè, in misura ridotta, in assenza di un avviso di accertamento con indicazione delle superfici, aree e loro destinazioni, degli imponibili o maggiori imponibili accertati, della tariffa applicata a metro quadro  non disponendo di alcun elemento utile allo scopo.

Avv. Giuseppe DURANTE – Tributarista – Esperto di Fiscalità Locale e Contenzioso Tributario – Pubblicista


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