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Edilizia, sanzioni per abusi edilizi più gravi solo con legge statale4 min read

E’ costituzionalmente illegittimo, per violazione dell’art. 117, comma 3, della Costituzione, l’art. 2, comma 2, della legge della Regione Campania 22 giugno 2017, n. 19 (Misure di semplificazione e linee guida di supporto ai Comuni in materia di governo del territorio), là dove consentiva ai comuni di non demolire  gli immobili abusivi locandoli o alienandoli anche ai responsabili degli abusi.

La demolizione dell’immobile abusivo acquisito al patrimonio comunale, prevista dai commi da 3 a 6 dell’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001, – con le sole deroghe previste dal comma 5 dello stesso articolo – costituisce principio fondamentale della materia “governo del territorio”.

Corte costituzionale, sentenza 5 giugno- 5 luglio 2018, n. 140 [1], Pres G. Lattanzi. Rel. Sivana Sciarra


A margine

Il principio fondamentale della demolizione – Con la sentenza annotata, il giudice delle leggi conferma che l’apparato sanzionatorio previsto dall’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001 – per gli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali rispetto a esso – costituisce principio fondamentale della materia “governo del territorio”.

Le fasi del procedimento – Tale sanzione si articola in due fasi:
– nella prima fase – disciplinata dal comma 2 dell’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001 [2] – il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, accertata l’abuso, notifica al proprietario e al responsabile dell’abuso l’ingiunzione a demolire le opere (o a rimuovere gli effetti degli interventi posti in essere senza la realizzazione di trasformazioni fisiche), indicando l’area che, in caso di inottemperanza all’ordine, sarà acquisita al patrimonio del Comune ai sensi del comma 3;
– nella seconda fase, che origina dall’inottemperanza all’ordine di demolire e ripristinare lo stato dei luoghi entro novanta giorni dalla notificazione dell’ingiunzione a demolire, il bene immobile abusivo e l’area di sedime (nonché quella necessaria, secondo le prescrizioni urbanistiche, alla realizzazione di opere analoghe a quelle abusive) sono acquisiti, di diritto e gratuitamente, al patrimonio del Comune, affinché esso possa provvedere alla demolizione delle opere abusive ed al ripristino dello stato dei luoghi a spese dei responsabili dell’abuso. Si ricorda, peraltro, che l’inottemperanza all’ordine di demolire e ripristinare lo stato dei luoghi entro novanta giorni comporta anche l’applicazione della sanzione pecuniaria prevista dal comma 4 bis dell’art. 31 (di importo compreso tra 2.000 euro e 20.000 euro), anche se tale sanzione “non può trovare applicazione nei confronti del proprietario non responsabile dell’abuso e che non abbia il possesso del bene per poter procedere alla demolizione” (così Cons. Stato Sez. VI, 10-07-2017, n. 3391).

Entrambe le fasi si caratterizzano per il contenuto afflittivo delle stesse, avendo la giurisprudenza della stessa Corte costituzionale già chiarito che anche l’acquisizione dell’immobile abusivo ”rappresenta la reazione dell’ordinamento al duplice illecito posto in essere da chi, dapprima esegue un’opera abusiva e, poi, non adempie all’obbligo di demolirla” (sentenza n. 345 del 1991, punto 2. del Considerato in diritto; nello stesso senso, sentenza n. 427 del 1995 e ordinanza n. 82 del 1991; ma si veda anche Cons. Stato Sez. VI, 01-03-2018, n. 1263). L’acquisizione, quindi, non ha carattere personale, ma reale, avendo la finalità di accrescere la deterrenza rispetto all’inerzia conseguente all’ordine demolitorio e di assicurare ad un tempo la effettività del provvedimento di ripristino dello stato dei luoghi e la soddisfazione del prevalente interesse pubblico all’ordinato assetto del territorio (in terminis Cons. Stato Sez. IV, 19-10-2017, n. 4837 [3]).

L’eccezione – Unica eccezione alla natura ripristinatoria della sanzione per tali tipi di abusi (sanzione che assume, quindi, i caratteri dell’ordinarietà) è rappresentata dalla previsione del comma 5 dell’art. 31 del d.P.R. n. 380 del 2001, secondo cui, in via eccezionale, è possibile conservare l’opera quando, “con deliberazione consiliare […] si dichiari l’esistenza di prevalenti interessi pubblici e sempre che l’opera [stessa] non contrasti con rilevanti interessi urbanistici, ambientali o di rispetto dell’assetto idrogeologico”.

La L.R. della Campania – Dati tali presupposti l’art. 2, comma 2, della legge della Regione Campania 22 giugno 2017, n. 19 non poteva non considerarsi costituzionalmente illegittimo. Tale disposizione, infatti, prevedeva che i Comuni potessero adottare atti regolamentari e di indirizzo con cui disciplinare la “locazione e alienazione degli immobili acquisiti al patrimonio comunale per inottemperanza all’ordine di demolizione, anche con preferenza per gli occupanti per necessità al fine di garantire un alloggio adeguato alla composizione del relativo nucleo familiare”. Secondo la Corte, in tal modo, si sarebbe intaccata e sminuita l’efficacia anche deterrente del regime sanzionatorio dettato dallo Stato all’art. 31 d.P.R. n. 380 del 2001; rischio nel caso scrutinato ancora più evidente, in quanto “l’interesse pubblico alla conservazione dell’immobile abusivo potrebbe consistere nella locazione o nell’alienazione dello stesso all’occupante per necessità responsabile dell’abuso”.

dott. Luigi Alfidi, segretario generale