Il Consiglio di Stato ritiene che, alla stregua del principio del divieto di abuso del processo, precipitato del più generale divieto di abuso del diritto e della clausola di buona fede, deve considerarsi inammissibile il motivo di impugnazione con il quale il ricorrente contesti la giurisdizione, da lui stesso adita, al fine di ribaltare l’esito negativo nel merito del giudizio, ponendosi una siffatta prospettazione in palese contrasto con il divieto del venire contra factum proprium e con la regola di correttezza e buona fede prevista dall’art. 1175 c.c. (v., da ultimo, anche Cons. St., sez. VI, 8.2.2013, n. 703).

Consiglio di Stato, Sez. III, sentenza 7 aprile 2014, n. 1630; Pres. Romeo, Est. Noccelli


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