Pubblichiamo il dossier del Servizio Studi del Senato sull’A.S. n. 1678 recante la “Delega al Governo per l’attuazione della direttiva 2014/23/UE del 26 febbraio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, della direttiva 2014/24/UE del 26 febbraio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sugli appalti pubblici e che abroga la direttiva 2004/18/CE e della direttiva 2014/25/UE del 26 febbraio 2014 del Parlamento europeo e del Consiglio sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali e che abroga la direttiva 2004/17/CE”.
Tra le principali novità introdotte dalle direttive 2014/24/CE sugli appalti pubblici e 2014/25/CE sulle procedure d’appalto degli enti erogatori nei settori dell’acqua, dell’energia, dei trasporti e dei servizi postali, segnaliamo:
– il crescente ricorso all’autocertificazione, con l’introduzione del documento di gara unico europeo (DGUE) che conterrà le informazioni relative all’azienda e l’autocertificazione dei requisiti necessari alla partecipazione alle gare (si tratta di una novità a livello europeo, ma senza alcun tratto realmente rivoluzionario per il nostro ordinamento in cui il processo di decertificazione è stato avviato da tempo);
– l’introduzione di misure incentivanti l’accesso al mercato da parte delle piccole e medie imprese mediante la riduzione dei costi amministrativi di partecipazione alle gare;
– l’incentivazione alla suddivisione degli appalti in lotti: qualora il contratto non venga suddiviso in lotti di dimensioni più piccole, l’amministrazione aggiudicatrice sarà tenuta a dare motivazione della decisione assunta;
– la previsione, in riferimento ai requisiti di fatturato, di una regola che impone alle stazioni appaltanti di non introdurre nei bandi soglie minime di fatturato sproporzionate rispetto al valore del contratto (al massimo potrà essere richiesto un fatturato doppio rispetto all’importo a base di gara);
– la riduzione dei tempi minimi per la presentazione delle offerte da parte delle imprese (nel caso di procedura aperta il tempo minimo per la presentazione delle offerte passa da 52 a 35 giorni, in caso di procedura ristretta da 37 a 30 giorni);
– l’obbligo, entro un periodo di transizione di 30 mesi, di stabilire una comunicazione integralmente elettronica tra la P.A. e le imprese in tutte le fasi della procedura, compresa la trasmissione delle richieste di partecipazione e la presentazione delle offerte;
– l’introduzione di nuove procedure di affidamento che aumentano le possibilità di negoziazione tra la P.A. e le imprese in corso di gara, come ad esempio i “partenariati per l’innovazione”, che consentono alle autorità pubbliche di indire bandi di gara per risolvere un problema specifico, lasciando spazio alle autorità pubbliche e all’offerente per trovare insieme soluzioni innovative;
– l’ampliamento delle possibilità di ricorso alla trattativa privata (procedura negoziata senza bando) da parte delle stazioni appaltanti. Solo per i settori ordinari, viene introdotta la procedura competitiva con negoziazione (per cui, in risposta ad un bando, le imprese potranno inviare un’offerta iniziale che verrà negoziata e progressivamente “limata” con la P.A. fino ad arrivare all’offerta finale);
– la possibilità per gli Stati membri di prevedere il pagamento dei subappaltatori per le prestazioni affidate direttamente da parte dell’autorità aggiudicatrice, consentendo ai subappaltatori di proteggersi efficacemente dal rischio di mancato pagamento;
– l’introduzione, in materia di subappalto, per combattere il dumping sociale e garantire che i diritti dei lavoratori siano rispettati, di disposizioni più severe sulle “offerte anormalmente basse”;
– la preferenza, per quanto riguarda i criteri di aggiudicazione nell’assegnazione degli appalti, del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa (MEAT);
– l’incoraggiamento, infine, dell’uso strategico degli appalti per ottenere merci e servizi che promuovano l’innovazione, rispettino l’ambiente e contrastino il cambiamento climatico, migliorando l’occupazione, la salute pubblica e le condizioni sociali.
La direttiva 2014/23/CE sull’aggiudicazione dei contratti di concessione, oltre a disciplinare organicamente un settore finora solo parzialmente regolato a livello UE, prevede, poi, in particolare:
– il principio di libera amministrazione delle autorità pubbliche nazionali, in base al quale esse possono decidere il modo migliore per gestire l’esecuzione dei lavori e la prestazione dei servizi per garantire in particolare un elevato livello di qualità, sicurezza e accessibilità, la parità di trattamento e la promozione dell’accesso universale e dei diritti dell’utenza nei servizi pubblici, essendo altresì libere di espletare tali compiti direttamente, avvalendosi delle proprie risorse o in cooperazione con altre amministrazioni aggiudicatrici, o di conferirli a operatori economici esterni.
– la libertà, per gli Stati membri, di definire, in conformità del diritto dell’Unione, i servizi d’interesse economico generale, con esclusione dei servizi non economici d’interesse generale;
– la definizione di “concessione” e la sua specificità rispetto a quella di appalto pubblico (per concessione, infatti, deve intendersi un contratto a titolo oneroso, concluso per iscritto per mezzo del quale una o più amministrazioni aggiudicatrici o enti aggiudicatori affidano l’esecuzione di lavori o la fornitura e la gestione di servizi a uno o più operatori economici il cui corrispettivo consiste unicamente nel diritto di gestire i lavori o i servizi che sono oggetto del contratto o in tale diritto accompagnato da un prezzo). L’aggiudicazione di una concessione di lavori o di servizi comporterà il trasferimento al concessionario di un rischio operativo legato alla gestione dei lavori o dei servizi, comprendente un rischio sul lato della domanda o sul lato dell’offerta, o entrambi; la parte del rischio trasferito al concessionario dovrà comportare una reale esposizione alle fluttuazioni del mercato, per cui ogni potenziale perdita stimata subita dal concessionario non sia puramente nominale o trascurabile;
– l’applicazione della direttiva alle concessioni di lavori o di servizi il cui valore è pari o superiore a 5.186.000 euro (tuttavia, a partire dal 30 giugno 2013, ogni due anni la Commissione verificherà che tale soglia corrisponda a quella stabilita nell’accordo sugli appalti pubblici dell’Organizzazione mondiale del commercio per le concessioni di lavori e se del caso procederà alla sua revisione).