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Scietà in house: il confine, secondo la Corte cost., fra controllo analogo e autonomia gestionale

La norma regionale impugnata davanti alla Corte Costituzionale prevede che il controllo analogo sia esercitato sugli affidatari in house del servizio idrico integrato «nel rispetto dell’autonomia gestionale del soggetto gestore», attraverso «parere obbligatorio» sugli atti fondamentali di quest’ultimo.

La Corte, con la sentenza n. 50 del 28 marzo 2013 [1], dichiara l’illegittimità costituzionale della norma sia per la previsione del rispetto dell’autonomia gestionale del soggetto affidatario in house, sia per la prescrizione di pareri obbligatori, ma non vincolanti, sugli atti fondamentali del soggetto gestore.

Per il primo profilo, i giudici ricordano che la Corte di giustizia dell’Unione europea ha affermato che sul soggetto concessionario deve essere esercitato «un controllo che consente all’autorità pubblica concedente di influenzarne le decisioni. Deve trattarsi di una possibilità di influenza determinante sia sugli obiettivi strategici che sulle decisioni importanti» (sentenza 13 ottobre 2005, in causa C-458/03, Parking Brixen). Ciò non significa che siano annullati tutti i poteri gestionali dell’affidatario in house, ma che la «possibilità di influenza determinante» è incompatibile con il rispetto dell’autonomia gestionale, senza distinguere – in coerenza con la giurisprudenza comunitaria – tra decisioni importanti e ordinaria amministrazione.

Anche con riferimento al secondo profilo, la Corte osserva che il condizionamento stretto, richiesto dalla giurisprudenza comunitaria, non può essere assicurato da pareri obbligatori, ma non vincolanti, resi peraltro – come esplicitamente prevede la norma impugnata – «sugli atti fondamentali del soggetto gestore in house».

Su questo argomento, leggi [2] gli approfondimenti pubblicati nella Rivista.