L’Autorità nazionale anticorruzione ha fatto pervenire  osservazioni e proposte di modifica alle Commissioni riunite 8^ Lavori pubblici, comunicazioni e 1^ Affari costituzionali del Senato sul decreto legge 16 luglio 2020, n. 76 «Misure urgenti per la semplificazione e l’innovazione digitale», il cui iter per la conversione  in legge è iniziato il 17 luglio scorso proprio in Senato (AS n. 1883).

Le principali critiche dell’ANAC riguardano l’aumento della soglia dell’affidamento diretto “puro” da 40.000 euro a 150.000 euro, che  di fatto comporta la sottrazione al confronto concorrenziale di oltre la metà degli appalti pubblici  (nel 2019 gli appalti in questa soglia sono stati il 54% del totale).

Bocciata dall’Anac anche la scelta del D.L 76/2020  di usare la procedura negoziata senza bando  per gli appalti di lavori e per le concessioni fino a 5,3 milioni (articolo 2, comma 4 del decreto). Tale scelta, si legge nel documento,  si sovrappone alla norma del codice appalti che prevede già la possibilità di procedure semplificate per ragioni d’urgenza (art. 63) e rischia di incorrere in procedure di infrazione comunitaria.

Per l’Autorità, al contrario, ” In fasi complesse e decisive come questa per la vita del Paese non si può abbassare la guardia nella lotta ai fenomeni corruttivi, ma occorre garantire l’efficienza della spesa pubblica e stimolare la competitività tra gli operatori economici quale volano di ripresa e rilancio dell’economia. Ciò risulta possibile se si dà una lettura della disciplina in deroga che tenga conto del contesto normativo in cui è inserita, a partire dal comma 1 dell’art. 36 del Codice, non inciso dalla deroga, che sancisce, anche negli affidamenti sotto soglia, il necessario rispetto, oltre che del principio di rotazione, dei principi di cui all’art. 30, comma 1 (economicità, efficacia, tempestività, correttezza, ma anche libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità e pubblicità), principi che come noto sono di diretta applicazione dei principi europei).

Inoltre, la scelta  di derogare ad ogni disposizione di legge diversa da quella penale appare sproporzionata rispetto all’obiettivo di incentivare gli investimenti pubblici nel settore delle infrastrutture e dei servizi pubblici, nonché far fronte alle ricadute economiche negative a seguito delle misure di contenimento e dell’emergenza sanitaria globale del Covid-19.

A parere dell’Autorità, dovrebbe essere mantenuta la possibilità per le stazioni appaltanti (dapprima espressamente riconosciuta dall’art. 36, comma 2, del Codice) di ricorrere, nell’esercizio della propria discrezionalità, alle procedure ordinarie,”qualora le esigenze del mercato suggeriscano di assicurare il massimo confronto concorrenziale” L’Autorità suggerisce pertanto di inserire un riferimento espresso alla possibilità per le stazioni appaltanti di ricorrere alle procedure ordinarie, previa adeguata motivazione.

L’ANAC è fortemente critica sull’estensione del criterio del massimo ribasso per la selezione delle offerte agli appalti ad alto contenuto tecnologico o ad alta intensità di manodopera, che il codice, prima delle deroghe, esclude espressamente dalla possibilità di aggiudicazione basata solo sul prezzo e che ora invece rischiano di dare “vita ad affidamenti al ribasso giocati sull’abbattimento del costo del lavoro o di svilire il contenuto tecnologico della commessa”.

Sull’argomento leggi in questa rivista anche “L’audizione della Corte dei conti sul disegno di legge di conversione del D.L. “Semplificazioni”.


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