Il Consiglio di Stato ribadisce che per il principio generale del buon andamento, stabilito dall’art. 97 della Costituzione, le Amministrazioni pubbliche non possono richiedere ai privati atti o certificati relativi a stati, qualità personali e fatti attestati in documenti già in possesso della stessa o di altra Amministrazione.

In particolare, con la sentenza n. 3231 del 11 giugno 2013, i giudici di Palazzo Spada affermano che il DURC, rientrando tra i certificati di cui all’art. 46, comma 1, lett. p) del d.p.r. 445/2000 (“assolvimento di specifici obblighi contributivi con l’indicazione dell’ammontare corrisposto”), non può essere chiesto alle imprese, ma deve essere acquisito d’ufficio.

Inoltre l’art. 16 bis, comma 10, del decreto legge 185/2008  rappresenta una specifica declinazione in materia di appalti del sopra riportato principio generale (applicabile a tutti i rapporti tra P.A. e cittadini ) e non già un’eccezione ad un (inesistente) opposto principio per cui, nei settori diversi da quelli di cui al decreto legislativo 163/2006, l’acquisizione d’ufficio non potrebbe essere disposta.

Né il principio de quo può ritenersi inoperante, avuto riguardo all’invocato art. 1, comma 553 della Legge 23 dicembre 2005, n. 266, nel caso di erogazione di contributi e sovvenzioni comunitarie.

Detta disposizione, infatti, nel prevedere che “per accedere ai benefici ed alle sovvenzioni comunitarie per la realizzazione di investimenti, le imprese di tutti i settori sono tenute a presentare il documento di regolarità contributiva”, si limita unicamente a prescrivere che il DURC sia acquisito al procedimento, senza specificare le concrete modalità della relativa acquisizione,con la conseguenza che deve comunque trovare applicazione, anche in questo settore, il sopramenzionato principio generale dell’acquisizione officiosa da parte della P.A.


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