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I consiglieri per accedere agli atti non devono motivare la loro richiesta

Il Consiglio di Stato analizza l’art. 43 del TUEL che disciplina il diritto dei consiglieri comunali ad ottenere dagli uffici tutte le notizie e informazioni in loro possesso, utili all’espletamento del loro mandato.

Il giudici di palazzo Spada, con la sentenza 12 febbraio 2013, n. 846 [1], affermano che la ratio della norma è nel principio democratico dell’autonomia locale e della rappresentanza esponenziale, sicchè tale diritto è direttamente funzionale non tanto all’interesse del consigliere comunale (o provinciale) ma alla cura dell’interesse pubblico connessa al mandato conferito, controllando il comportamento degli organi decisionali del Comune.

Quanto ai presupposti, si è osservato come non sia necessaria una connessione tra la conoscenza dei dati richiesti con l’attività espletata nel mandato di consigliere.

Il diritto di accesso dei Consiglieri comunali non è soggetto ad alcun onere motivazionale giacché diversamente opinando sarebbe introdotto una sorta di controllo dell’ente, attraverso i propri uffici, sull’esercizio del mandato del consigliere comunale. Gli unici limiti all’esercizio di tale diritto si rinvengono nel fatto che l’esercizio di tale diritto deve avvenire in modo da comportare il minor aggravio possibile per gli uffici comunali e che non deve sostanziarsi in richieste assolutamente generiche ovvero meramente emulative, fermo restando che la sussistenza di tali caratteri deve essere attentamente e approfonditamente vagliata in concreto al fine di non introdurre surrettiziamente inammissibili limitazione al diritto stesso (tra tanti, Consiglio di Stato sez. V, 29 agosto 2011, n. 4829 [2]).