Il Consiglio di Stato, chiamato a decidere sulla legittimità di un atto di macro-organizzazione adottato da un comune, si sofferma sulla natura giuridica di questo tipo di atti e, in particolare, sul requisito della motivazione, che non può mancare.

Con la sentenza 14 maggio 2013, n. 2607, la sezione V del Consiglio di Stato afferma che tali atti sono soggetti alla disciplina pubblicistica ai sensi dell’art. 2, comma 1, d.lgs. 165/2001, e, se oggetto di contestazione giurisdizionale, rimessi alla cognizione del g.a. secondo la regola fissata dall’art. 63, d.lgs. 165/2001.

Agli stessi è applicabile il comma 1 dell’art. 3, l. n. 241/1990, in omaggio al principio di trasparenza dell’azione amministrativa, la cui attuazione deve essere assicurata anche nella concreta articolazione dell’architettura degli uffici pubblici. Disposizione quest’ultima, riferita ai provvedimenti amministrativi, che non è, invece, immediatamente applicabile agli atti di diritto privato che riguardano la gestione ordinaria del rapporto e la “microorganizzazione” delle strutture dell’amministrazione, affidate alla responsabilità del competente dirigente, in un’ottica di efficienza e di snellezza dell’azione del soggetto pubblico. (cfr. fra le tante, Cass., sez. un., 8 novembre 2005, n. 21592; Cons. St., Sez. V, 20 dicembre 2011, n. 6705 ; Comm. spec., 5 febbraio 2001, n. 471/2001).

È necessario, quindi, che gli atti amministrativi attraverso i quali vengono organizzati gli uffici si ispirino (rendendoli conoscibili) a principi di non manifesta illogicità o incongruità dell’assetto in concreto prescelto.

In relazione a tali principi va commisurato il quantum di motivazione esigibile , che deve ritenersi imposto all’amministrazione in funzione dell’esigenza di esplicitare congruità e non irragionevolezza delle scelte operate e dei modelli organizzatori adottati (C.G.A., 23 maggio 2012, n. 467).

Sotto questo profilo, pertanto, se coglie nel segno la tesi secondo la quale gli atti in questione non si sottraggono, per loro natura, all’obbligo di recare un apparato motivazionale, va, però, ribadito che lo stesso, è sufficiente che sia di una latitudine tale da far comprendere come logico e congruente il nuovo assetto organizzativo introdotto, senza inutili appesantimenti, dunque sintetico e apprezzabile dal giudice ab externo.


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