Con sentenza n. 218, depositata il 3 ottobre u.s., la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 23, comma 6, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, recante “Disciplina delle forme pensionistiche complementari”, nella parte in cui prevede che il riscatto della posizione individuale dei dipendenti pubblici sia assoggettato a imposta ai sensi dell’art. 52, comma 1, lettera d-ter), del dpr n. 917/1986, anziché ai sensi dell’art. 14, commi 4 e 5, dello stesso d.lgs. n. 252/2005.

La Corte ha, in particolare, ritenuto illegittimo il diverso trattamento tributario tra dipendenti pubblici e privati, ai fini del riscatto di una posizione individuale maturata tra il 2007 e il 2017 nei fondi pensione negoziali.

Secondo la Consulta, la norma censurata viola il principio dell’eguaglianza tributaria perché penalizza i dipendenti pubblici rispetto a quelli privati, pur trattandosi di fattispecie sostanzialmente omogenee

In sostanza, l’omogeneità del meccanismo di finanziamento della previdenza complementare, sia nei fondi pensione negoziali dei dipendenti privati sia in quelli dei dipendenti pubblici, porta a concludere che la duplicità del trattamento tributario del riscatto della posizione maturata non può essere giustificata né dalla diversa natura del rapporto di lavoro né dal fatto che l’accantonamento del TFR dei dipendenti pubblici è virtuale, in costanza di rapporto di lavoro.

Con lo scopo di favorire lo sviluppo della previdenza complementare, anche ai dipendenti pubblici dovrà pertanto essere riconosciuto il regime agevolato entrato in vigore nel 2007 per i soli dipendenti privati.

Corte costituzionale, sentenza n. 218, depositata il 3 ottobre 2019 – Presidente Lattanzi, redattore Antonini

Comunicato stampa del 3 ottobre 2019 dell’Ufficio stampa della Corte costituzionale


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