Il Consiglio di Stato, conformandosi all’orientamento prevalente, afferma che in caso di scioglimento del Consiglio comunale per infiltrazione e condizionamento di tipo mafioso la comunicazione dell’avvio del procedimento non è necessaria, trattandosi di un’attività di natura preventiva e cautelare, per la quale non vi è necessità di alcuna partecipazione, anche per il tipo di interessi coinvolti, che non concernono, se non indirettamente, persone, ma la complessiva rappresentazione operativa dell’ente locale e, quindi, in ultima analisi, gli interessi dell’intera collettività comunale (v., sul punto, Cons. St., sez. IV, 22.6.2004, n. 4467).
Nel vigente sistema normativo, lo scioglimento dell’organo elettivo – che, di fronte alla pressione e all’influenza della criminalità organizzata, ha non finalità repressive nei confronti di singoli, bensì di salvaguardia dell’amministrazione pubblica (Cons. St., sez. VI, 13.5.2010, n. 2957) – si connota quale “misura di carattere straordinario” per fronteggiare “una emergenza straordinaria” (Corte cost., 19.3.1993, n. 103; Cons. Stato, sez. VI, 10.3.2011, n. 1547).
La stessa natura dell’atto di scioglimento dà, quindi, ragione dell’esistenza, oltre che della gravità, dell’urgenza del provvedere, alla quale non può non correlarsi l’affievolimento dell’esigenza di salvaguardare in capo ai destinatari, nell’avvio dell’iter del procedimento di scioglimento, le garanzie partecipative e del contraddittorio assicurate dalla comunicazione di avvio del procedimento.
I giudici amministrativi, pertanto, ribadiscono che per l’attività amministrativa in questione, stante la sua ratio di straordinarietà, non trova applicazione l’obbligo di comunicazione dell’avvio del procedimento previsto in via generale dall’art. 7 della l. 241/1990 (cfr., ex plurimis, Cons. St., sez. VI, 13.3.2007, n. 2222; Cons. St., sez. VI, 28.10.2009, n. 6657).
Consiglio di Stato, Sez. III, 14 febbraio 2014, n. 727 . Pres. Cirillo, Est. Noccelli