I compensi degli amministratori di una società di progetto soggiaciono ai medesimi limiti stabiliti dalla legge per le società partecipate.

Corte dei conti, sezione regionale per il controllo della Regione Lombardia, deliberazione n. 64 dell’1 marzo 2016; Pres. R. Somonetta, Relat. G. Bragò


A margine

La società di progetto è disciplinata dall’art. 156 del d.lgs. 163/2006 e costituisce uno degli strumenti a disposizione degli enti pubblici  per realizzare costose infrastrutture, in sinergia con i privati.

Siffatta società non rappresenta un nuovo tipo di persona giuridica, diversa dalle società di capitali individuate nel codice civile, infatti, al pari di quest’ultime, persegue uno scopo di lucro. Il raggiungimento di un equilibrio finanziario della gestione teso al contenimento dei costi rispetto ai ricavi e alla remunerazione del capitale investito dai soci finanziatori pubblici o privati, sono caratteri che rientrano nella nozione di società di progetto, al pari di ogni comune società di capitali.

Le società di progetto, nel caso ricorra la fattispecie, sono tenute ad applicare le norme stabilite dall’art. 1 commi 725 e ss. della legge n. 296/2006, che limitano il compenso del presidente e degli altri componenti del consiglio di amministrazione della società partecipata, parametrandoli all’indennità spettante al presidente della provincia o al sindaco. Nel caso di società mista, poi, il tetto del 70% previsto per il presidente del consiglio di amministrazione e del 60% stabilito per gli altri componenti sono elevati nella misura di “un punto percentuale ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione degli enti locali è pari o superiore al 50 per cento del capitale, e di due punti percentuali ogni cinque punti percentuali di partecipazione di soggetti diversi dagli enti locali nelle società in cui la partecipazione degli enti locali è inferiore al 50 per cento del capitale”.

Le disposizioni citate, inoltre, consentono di riconoscere ai consiglieri di amministrazione anche un’indennità di risultato, da erogare unicamente nel caso in cui la società, al termine dell’esercizio, produca utili. L’indennità di risultato non può essere, comunque, superiore al doppio del compenso fisso.

La disciplina in parola è diretta al riassetto delle spese di funzionamento derivanti dalla gestione delle società in mano pubblica, al fine di determinare la diminuzione dei costi di funzionamento della pubblica amministrazione, nell’ottica di contenimento del debito pubblico nazionale, cui il comparto degli enti locali partecipa in sede di coordinamento della finanza pubblica allargata (Sezione regionale di controllo per la Lombardia, deliberazione n. 96/2013/PAR).

Secondo i giudici contabili il compenso del presidente e degli altri consiglieri di amministrazione della società di progetto, alla luce dell’articolo di legge sopra citato, si compone di una parte fissa, che deve rispettare i limiti menzionati, ed, eventualmente, se previsto dall’assemblea dei soci, da una componente variabile legata al risultato ed, in particolare, all’utile d’esercizio.

La determinazione della parte variabile, nel caso di società che erogano servizi pubblici (non per le società di progetto nella fase di realizzazione delle infrastrutture) potrà subire modifiche con l’entrata in vigore del nuovo decreto legislativo sulle società partecipate, in quanto lo specifico criterio direttivo contenuto nella legge delega contempla testualmente la “previsione che i risultati economici positivi o negativi ottenuti assumano rilievo ai fini del compenso economico variabile degli amministratori in considerazione dell’obiettivo di migliorare la qualità del servizio offerto ai cittadini e tenuto conto della congruità della tariffa e del costo del servizio”.

Per approfondire ulteriormente questo argomento, leggi anche gli altri articoli e la rassegna dei pareri della Corte dei conti pubblicati in questa rivista, nella rubrica “Cosa ne pensa la Corte dei conti“.


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