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End of waste del combustibile solido secondario con il D.M. n. 22 del 14/02/20132 min read

Lo scorso 29 marzo è entrato in vigore il D.M. n. 22 del 14 febbraio 2013 sulla cessazione di qualifica di rifiuto del combustibile solido secondario (CSS).

I CSS sono materiali combustibili derivati da rifiuti non pericolosi normalmente destinati alla produzione di energia elettrica, ai cementifici o ad altre utenze ad alta richiesta energetica quali impianti per la produzione di calce, impianti siderurgici, ecc. La loro introduzione nel corpo legislativo è stata operata dal D.Lgs. n. 205 del 2010, che ha sostituito di fatto quella di Combustibili da Rifiuto (CDR e CDR-Q) di cui al D.Lgs. n.152/2006. Come sottolineato nella UNI EN 15359 (Combustibili solidi secondari – Classificazione e specifiche) cui la legge fa riferimento, possono essere prodotti da rifiuti speciali, rifiuti urbani, rifiuti industriali, rifiuti commerciali, rifiuti da costruzione e demolizione e fanghi da acque reflue.

Il D.M. in oggetto costituisce un passo essenziale tra gli interventi di politica ambientale ed energetica condotti in ottemperanza degli impegni europei (direttiva 2008/98/CE) e nel tentativo di costituire una soluzione ai problemi legati alla gestione dei rifiuti in Italia. Esso infatti stabilisce i criteri attraverso i quali determinate tipologie di CSS cessano di essere rifiuto, in applicazione all’articolo 184 ter del D. lgs 152/2006. Questo regolamento costituisce il terzo atto normativo sull’end of waste, dopo quello inerente i rottami ferrosi (regolamento UE 333/2011) e i rottami del vetro ( regolamento UE 1179/2012) emanati però dal legislatore comunitario. I criteri specifici individuati rispondono alla necessità di rispettare le condizioni poste dall’art. 183 ter del D. lgs 152/2006 che prevede la cessazione di qualifica di rifiuto quando è stato sottoposto ad una operazione di recupero e comunque

a) offra un utilizzo comune per determinati scopi specifici;

b) abbia un mercato o una domanda;

c) soddisfi i requisiti tecnici per gli scopi specifici cui è destinato e rispetti la normativa e gli standard esistenti applicabili ai prodotti;

d) non comporti con il suo utilizzo degli impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana…

Leggi l’intero articolo [1] di Lucilla Ostellari