- Moltocomuni - https://www.moltocomuni.it -

Negli uffici pubblici, fax solo per le comunicazioni con i privati4 min read

Con l’entrata in vigore della legge n. 98/2013 [1], di conversione del decreto n. 69 (decreto “Fare”), viene sancito il divieto, per tutte le pubbliche amministrazioni, di “comunicare” tra loro mediante l’utilizzo del fax.

Nello specifico, l’art. 14, co. 1bis, innova il codice dell’amministrazione digitale (D.Lgs n. 82/2005 [2]), con l’inserimento all’art. 47, co. 2, lett. c), di un nuovo inciso secondo cui, nello scambio di documenti tra le PP.AA, è in ogni caso esclusa la trasmissione a mezzo fax.

Il legislatore rafforza quindi gli obblighi in capo alle amministrazioni di utilizzare, quali mezzi ordinari per la propria attività, la posta elettronica o la cooperazione tra sistemi applicativi.  La ragione è semplice: si tratta  di strumenti in genere affidabili, poco costosi e rapidi, sui quali, dunque, risulta opportuno puntare.

Quindi, le amministrazioni debbono oggi utilizzare per le comunicazioni tra loro, esclusivamente la PEC o comunque la posta elettronica, evitando, in ogni caso, di avvalersi del fax e, in genere, di altri strumenti “non telematici”.

Ne consegue che solo nell’eventualità, piuttosto remota, in cui un’amministrazione destinataria dichiari di non disporre di strumenti telematici idonei, la PA procedente potrà continuare a far uso dei vecchi canali di comunicazione, andando esente dalle responsabilità codificate dall’art. 47 co. 1bis del CAD [2] (responsabilità dirigenziale, disciplinare ed, eventualmente, per danno erariale).

Quanto alla validità, ai fini del procedimento, delle comunicazioni per via telematica tra PP.AA., il CAD [2] chiarisce che le stesse sono valide una volta che ne sia verificata la provenienza, con la precisazione che sono comunque sempre valide le comunicazioni:

  1. sottoscritte con firma digitale o altro tipo di firma elettronica qualificata;
  2. dotate di segnatura di protocollo;
  3. per le quali sia comunque possibile accertare la fonte di provenienza, secondo quanto previsto dalle norme vigenti o dalle regole tecniche di cui al DPCM 22 febbraio 2013 [3], in ogni caso escludendo, come detto, la trasmissione di documenti a mezzo fax;
  4. inviate mediante la posta elettronica certificata.

La norma, quindi, sancisce l’inidoneità, ai fini del procedimento, di una comunicazione trasmessa da un’amministrazione all’altra mediante fax.

Fa salva, tuttavia, la possibilità per le amministrazioni di continuare ad utilizzare il fax per le comunicazioni nei confronti di cittadini e imprese, verso i quali rimangono pertanto utilizzabili tutti i canali.

Ovviamente, le amministrazioni debbono comunque privilegiare, ove possibile, l’utilizzo della PEC o della posta elettronica anche nei rapporti coi privati. A questa finalità mirano, infatti, moltissime norme dell’ordinamento, tra cui:

a) l’art. 3bis della legge sul procedimento, n. 241/1990 [4], a mente del quale le amministrazioni, per conseguire maggiore efficienza nella loro attività, incentivano l’uso della telematica  anche nei rapporti coi privati;

b) l’art. 3 del CAD [2], che sancisce il diritto per cittadini e imprese di richiedere ed ottenere l’uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche amministrazioni, con le società interamente partecipate da enti pubblici o a prevalente capitale pubblico, e con i gestori di pubblici servizi;

c) gli artt. 3bis e 4 del CAD [2] secondo cui, rispettivamente, per facilitare la comunicazione con le amministrazioni, è facoltà di ogni cittadino indicare alla pubblica amministrazione un proprio indirizzo di posta elettronica certificata quale domicilio digitale, mentre la partecipazione al procedimento amministrativo e il diritto di accesso ai documenti sono esercitabili mediante l’uso delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione;

d) l’art. 5bis, sempre del CAD [2], ai sensi del quale la presentazione di istanze, dichiarazioni, dati e lo scambio di informazioni e documenti, anche a fini statistici, tra le imprese e le amministrazioni pubbliche avviene esclusivamente utilizzando le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, e con le medesime modalità le amministrazioni pubbliche adottano e comunicano atti e provvedimenti amministrativi nei confronti delle imprese.

Del resto ormai da tempo le amministrazioni pubbliche sono obbligate, tra l’altro, ad istituire e pubblicare nell’indice PA almeno un casella di posta elettronica certificata per ciascun registro di protocollo, e ad utilizzare la posta elettronica, o comunque gli strumenti dell’ITC, per le comunicazioni coi propri dipendenti, seppur nel dovuto rispetto delle norme sulla privacy e previa informativa agli interessati sul grado di riservatezza degli strumenti utilizzati (art. 47, co. 3 del CAD [2]).

Il divieto di utilizzo del fax rileva anche in tema di accertamenti d’ufficio: in questo senso, infatti, la legge n. 98/2013 [1] interviene, con l’art. 14, co. 1ter, a modificare anche l’art. 43 del DPR 445/2000 [5] sulla documentazione amministrativa, sancendo l’obbligo per le amministrazioni, in caso di verifica d’ufficio di stati, qualità e fatti, ovvero di controllo sulle dichiarazioni sostitutive presentate dai cittadini, di rivolgersi alle PA certificanti unicamente mediante i canali telematici.

In conclusione, la legge n. 98/13 [1], di conversione del decreto “Fare”, altro non fa che rafforzare principi già noti all’ordinamento ma, evidentemente, non ancora del tutto fatti propri dall’amministrazione italiana.

Stefania Fabris