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Pubblicazioni on line degli enti locali, fra obblighi di trasparenza, pubblicità legale e tutela della privacy22 min read

<Il trasferimento, dal 2011, della pubblicità legale dall’albo pretorio “fisico” all’albo on line e, soprattutto, l’introduzione, dal 2013 di numerosi obblighi di pubblicità nel sito degli enti locali (e non solo) di documenti, informazioni e dati, anche nelle forme semplificate previste per i comuni di minore dimensione, impongono agli operatori di porre particolare attenzione sul contenuto, le modalità e i termini di pubblicazione delle informazioni per evitare la diffusione di dati personali oltre quanto consentito dal Regolamento UE 2016/679 e  dal Codice sulla privacy.

Indicazioni utili a tal fine sono fornite dal Piano Nazionale Anticorruzione e relativi aggiornamenti (PNA) e, soprattutto,  dalle Linee guida dell’ANAC e dal Garante per la privacy.

Il PNA 2018 – L’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC), in conformità a quanto previsto dalla L. 6 novembre 2012, n. 190 [1] in materia di prevenzione della corruzione, con delibera n. 1074 del 21 novembre 2018 ha approvato l’Aggiornamento 2018 al Piano Nazionale Anticorruzione (PNA). Esso costituisce atto di indirizzo per le pubbliche amministrazioni e per gli altri soggetti tenuti all’applicazione della normativa, ha durata triennale e viene aggiornato annualmente. Il PNA 2019, non ancora approvato dopo la consultazione pubblica scaduta lo scorso 15 settembre, è impostato, non solo come un atto di indirizzo. ma anche come strumento di lavoro utile agli operatori, in quanto riassume le indicazioni fornite fino ad oggi e le integra con orientamenti maturati nel corso del tempo oggetto di appositi atti regolatori, in modo da semplificare la lettura del quadro regolatorio di riferimento.

L’ANAC, tra le semplificazioni introdotte per i piccoli Comuni (per tali intendendo gli Enti con popolazione inferiore a 15.000 abitanti), tratta delle modalità di attuazione del principio generale della trasparenza, da coniugare con la nuova disciplina della tutela dei dati personali, introdotta a livello europeo dal Regolamento 2016/679 (GDPR) [2] e recepita  con il D.Lgs. 10 agosto 2018, n. 101 [3] che modifica il Codice in materia di protezione dei dati personali n. 196 del 2003 [1]).

Per l’elaborazione del PNA, l’Autorità ha istituito un apposito tavolo tecnico, al quale hanno partecipato il Ministero dell’interno, la Presidenza del Consiglio dei ministri (Conferenza Stato Città e Autonomie locali e Ufficio Controllo Interno, Trasparenza e Integrità), l’Associazione nazionale dei comuni italiani (ANCI) e l’Unione delle province italiane (UPI).

Nel corso dei lavori del tavolo tecnico i partecipanti hanno rilevato che la pubblicazione di documenti nell’albo pretorio on line e nella sezione del sito istituzionale “Amministrazione trasparente” può costituire un notevole aggravio per le amministrazioni. Per venire incontro alle difficoltà organizzative, che possono essere particolarmente gravose per i Comuni con popolazione inferiore a 5.000 abitanti, il PNA introduce l’opportunità di utilizzare rinvii fra le suddette due sezioni del sito istituzionale, previa adozione di opportune cautele, in considerazione delle differenze funzionali ed organizzative delle due tipologie di pubblicazioni.

Pubblicità per finalità di trasparenza vs pubblicità legale – La pubblicazione per finalità di “trasparenza”, disciplinata dal D. Lgs. n. 33/2013 [4], ha ad oggetto le “informazioni concernenti l’organizzazione e l’attività delle pubbliche amministrazioni, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche (1)” e deve essere articolata rispettando la suddivisione nelle sezioni di “Amministrazione trasparente” come indicato nello stesso decreto. Il rispetto di tale formalismo è, fra l’altro, avvalorato dalla richiesta dell’ANAC che le sottosezioni relative a dati non di competenza dell’Ente (ad es. Strutture sanitarie private accreditate) rechi un’indicazione esplicita sulla non applicabilità della fattispecie al Comune, altrimenti il campo vuoto viene considerato come una omessa pubblicazione, con le connesse responsabilità disciplinari.

La pubblicità legale, disciplinata dall’art. 32 della L. 18 giugno 2009, n. 69 [5], è volta a produrre effetti legali e a far conoscere l’azione amministrativa in relazione al rispetto dei principi di legittimità e correttezza (es.: pubblicità integrativa dell’efficacia, pubblicità dichiarativa, pubblicità notizia, assolta da pubblicazioni quali le pubblicazioni ufficiali dello Stato, di deliberazioni, di ordinanze, di determinazioni, le pubblicazioni matrimoniali, degli atti concernenti il cambiamento del nome, della comunicazione di avviso deposito delle cartelle esattoriali a persone irreperibili, dei ruoli annuali tributari dei consorzi di bonifica, dell’elenco dei giudici popolari di corte d’assise).

La pubblicazione nell’albo pretorio on line è asistematica e non organizzata secondo la tipologia di atto e documento, con la conseguenza che la consultazione e la ricerca dei dati risultano più difficoltosi e necessitano di filtri di ricerca. Un’ulteriore differenza tra i due istituti si rinviene nella indicizzazione: i dati da pubblicare per finalità di trasparenza non possono essere sottoposti a filtri e altre soluzioni tecniche atte ad impedire ai motori di ricerca web di indicizzare ed effettuare ricerche all’interno della sezione “Amministrazione trasparente””, mentre in relazione alla diffusione di dati personali per finalità diverse dalla trasparenza occorre evitare la reperibilità dei dati personali da parte dei motori di ricerca esterni (es. Google), stante il pericolo di decontestualizzazione del dato personale.

Non solo. Altra differenza riguarda la durata della pubblicazione. I documenti nella sezione “Amministrazione trasparente” sono pubblicati per un periodo di 5 anni, decorrenti dal 1° gennaio dell’anno successivo a quello da cui decorre l’obbligo di pubblicazione, salvo che nel caso in cui gli atti producono ancora i loro effetti alla scadenza dei cinque anni (ad es. alcuni dati e informazioni riguardanti i “titolari di incarichi politici, di carattere elettivo” e i “titolari di incarichi dirigenziali e di collaborazione o consulenza”, che devono rimanere pubblicati online per i tre anni successivi dalla cessazione del mandato o dell’incarico). Alla scadenza del termine di durata dell’obbligo di pubblicazione di cui all’art. 8, comma 3, i documenti, le informazioni e i dati erano conservati e resi disponibili, con le modalità di cui all’art. 6, all’interno di distinte sezioni del sito di archivio, collocate e debitamente segnalate nell’ambito della sezione “Amministrazione trasparente”, salve eccezioni di legge (2). La Sezione archivio è stata poi soppressa con il D.Lgs. n, 97/2016 [6]di parziale riscrittura di diverse disposizioni del D. Lgs. n. 33/2013 [4] (fra cui, l’art 8, comma 3), per cui, trascorso il quinquennio o i diversi termini prescritti, gli atti, i dati e le informazioni non devono essere più conservati nella sezione archivio del sito, ma restano “fruibili”, utilizzando l’istituto dell’accesso civico ai sensi dell’art. 5 del decreto n. 33. Nulla vieterebbe all’amministrazione di mantenere una sezione archivio, ma in questo caso i dati personali andrebbero tutti resi non intellegibili.

Per la finalità di pubblicità legale, invece, la pubblicazione deve essere accessibile sul sito web solo per la durata individuata dalle disposizioni normative di riferimento, anche per garantire il diritto all’oblio degli interessati; nei casi in cui la disciplina di settore non stabilisca un limite temporale alla pubblicazione degli atti, la pubblicazione dovrà avvenire per il termine di legge di 15 gg. Trascorsi i predetti periodi di tempo, determinate notizie, documenti o sezioni del sito devono essere rimossi dal sito web oppure devono essere privati degli elementi identificativi degli interessati e delle altre informazioni che possano consentirne l’identificazione: una pubblicazione protratta oltre i termini di legge comporterebbe una diffusione dei dati personali illecita perché non supportata da idonei presupposti normativi. Resta salva la possibilità di consultare il documento completo, con i riferimenti in chiaro, tramite una rituale richiesta di accesso agli atti amministrativi presso gli uffici competenti, laddove esistano i presupposti previsti dalla L. 7 agosto 1990, n. 241 [7] e tramite l’accesso civico di cui al richiamato art. 5 del D. Lgs. n. 33/2013 [4].

In materia di accesso, i dati di “Amministrazione trasparente” sono liberamente accessibili da chiunque e senza alcuna motivazione, mentre tutti gli altri atti sono accessibili solo da chi vi abbia interesse e goda di una posizione giuridica differenziata, avanzando motivata istanza di accesso ai sensi della L. 241/90, oppure da “chiunque” utilizzando gli istituti dell’accesso civico di cui all’art. 5 del D. Lgs. n. 33/2013 [4] nelle forme dell’accesso civico semplice e generalizzato (cd. FOIA).

Per i dati personali diversi dai dati sensibili e dai dati giudiziari sono consentiti la diffusione attraverso siti istituzionali, l’indicizzazione e la rintracciabilità tramite i motori di ricerca web e il riutilizzo nel rispetto dei principi sul trattamento dei dati personali, con i soli obblighi di citare la fonte e di rispettarne l’integrità.

La pubblicazione di dati, informazioni e documenti ulteriori rispetto a quelli soggetti a pubblicazione obbligatoria è possibile solo previa anonimizzazione dei dati personali eventualmente presenti e nel rispetto dei limiti dettati dall’art. 5 bis. Si potrà opporre un diniego all’accesso civico generalizzato laddove si tratti di tutelare un primario interesse pubblico (sicurezza pubblica e ordine pubblico; sicurezza nazionale; difesa e questioni militari; relazioni internazionali; politica e stabilità finanziaria ed economica dello Stato; conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; regolare svolgimento di attività ispettive) o uno dei rilevanti interessi privati tassativamente indicati (protezione dei dati personali; libertà e segretezza della corrispondenza; interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, diritto d’autore e i segreti commerciali). L’accesso civico generalizzato è escluso nei casi di segreto di Stato e negli altri casi di divieti di accesso o divulgazione previsti dalla legge (quali, ad esempio, l’ipotesi in cui l’accesso sia subordinato al rispetto di specifiche condizioni, modalità o limiti, inclusi quelli di cui all’articolo 24, comma 1, della legge n. 241 del 1990 [8]).

Il riconoscimento dell’importanza attribuita alla trasparenza è resa evidente dal dettato dell’art. 7 bis del D. Lgs. n. 33/2013 [4], laddove si dispone che le limitazioni all’accesso persistono per il solo periodo  nel quale la protezione sia giustificata in relazione alla natura del dato, né si può opporre un rifiuto nel caso in cui la tutela dell’interesse preminente possa essere salvaguardata ricorrendo al potere di differimento, ovvero, nel caso in cui i limiti riguardino solo una parte del documento o dei dati richiesti, consentendo l’accesso alle parti restanti di documenti o dati.

Nel caso di atti o documenti soggetti a pubblicazione obbligatoria sarà onere delle amministrazioni rendere non intellegibili i dati personali non pertinenti o, se sensibili o giudiziari, non indispensabili rispetto alle specifiche finalità di trasparenza.

Naturalmente nessun limite sussiste in relazione ai servizi di aggregazione, estrazione e trasmissione massiva degli atti memorizzati in banche dati rese disponibili sul web, in quanto trattasi di dati aggregati e anonimi, che non incidono sulla riservatezza di singoli.

La tutela della privacy in alcune tipologie di pubblicazione – La pubblicazione di atti all’albo pretorio on line ne determina, ai fini della privacy, un trattamento di “diffusione”, ovvero di  conoscenza dei dati personali a soggetti indeterminati, in qualunque forma, anche mediante la loro messa a disposizione o consultazione (art. 2 ter comma 4 lett. b) D.Lgs. 196/2003 [1]). La base giuridica prevista dall’articolo 6, paragrafo 3, lettera b), del regolamento 2016/679 (trattamento necessario per l’esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all’esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento) è costituita esclusivamente da una norma di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento. Le pubblicazioni rientranti nella pubblicità legale sono soggette a normativa di settore, che ne dettaglia modalità e tempistiche. Gli eventuali dati personali contenuti in atti soggetti a pubblicità legale devono essere pubblicati in chiaro. Si pensi, ad es. alle pubblicazioni di matrimonio, che contengono tutti i dati anagrafici utili a identificare gli interessati: in questa casistica la legge riconosce la prevalenza della conoscibilità sulla tutela della privacy.

Troppo spesso le pubblicazioni recano dati personali non necessari, non pertinenti ed eccedenti, ovvero dati personali che nemmeno devono essere indicati, o che devono essere sottratti alla pubblicazione. Fattispecie classica che ricorre nelle pubblicazioni degli albi pretori comunali è quella disciplinata dall’art. 31 del D.P.R. 380/2001 [9], il quale al comma 7 dispone che il Segretario Comunale redige e pubblica mensilmente, mediante affissione all’albo comunale, i dati relativi agli immobili e alle opere realizzate abusivamente. Il riferimento legislativo, pertanto, è appuntato alle opere, e non richiede l’indicazione dei soggetti agenti, pertanto l’indicazione dei nominativi proprietari è illecita, perché non richiesta dalla legge. Altra casistica tipica è quella inerente al curriculum, richiesto nelle sezioni dedicate al personale e ai collaboratori e consulenti. Anche i curricula spesso contengono dati eccedenti, quali la residenza, il cellulare o il telefono proprio e non di servizio, e richiedono pertanto una preventiva indispensabile attività di verifica delle informazioni prima di procedere alla pubblicazione.

La disciplina statale di settore prevede che tutte le deliberazioni comunali siano pubblicate all’albo pretorio per quindici giorni consecutivi, salvo specifiche disposizioni di legge (art. 124, comma 1, del D.Lgs. 18/8/2000 n. 267 [10]). Una volta trascorso il periodo temporale di legge, gli enti locali non possono continuare a diffondere i dati personali in essi contenuti, e per mantenere nel proprio sito web istituzionale gli atti e i documenti pubblicati (ad esempio nelle sezioni dedicate agli archivi degli atti e/o della normativa dell’ente) occorre apportare gli opportuni accorgimenti per la tutela dei dati personali, oscurando i dati e le informazioni idonei a identificare, anche in maniera indiretta, i soggetti interessati.

Le pubblicazioni di “Amministrazione trasparente”, avendo una finalità generale di controllo sociale, sull’organizzazione, sulle attività amministrative e sull’utilizzo delle risorse pubbliche, sono atti privi, in alcune ipotesi, di indicazioni di dati personali. Basti pensare alle sezioni sulle “Disposizioni generali” (contenenti Statuto e regolamenti), sui bilanci, sulla programmazione delle opere pubbliche, sulle informazioni ambientali. La stessa sezione dedicata al personale contiene dati che non presentano criticità sul versante della privacy, in quanto, relativi all’organigramma e all’articolazione degli uffici, al costo del personale con rapporto di lavoro a tempo indeterminato e non a tempo indeterminato, agli incarichi conferiti ai dipendenti pubblici, ai bandi di concorso. Anche l’art. 20, dedicato alla valutazione della performance e alla distribuzione dei premi al personale e ritenuto teoricamente più invasivo, in realtà si limita a richiedere l’indicazione di dati aggregati (ammontare complessivo dei premi collegati alla performance stanziati e l’ammontare dei premi effettivamente distribuiti, criteri definiti nei sistemi di misurazione e valutazione della performance per l’assegnazione del trattamento accessorio e i dati relativi alla sua distribuzione, in forma aggregata).

Gli atti che possono essere oggetto dell’attività di semplificazione indicata da ANAC possono, dunque, essere individuati in quelli indicati dagli artt. 23 (provvedimenti amministrativi) e 26 (atti di concessione di benefici e sovvenzioni) del D.Lgs. n. 33. L’ANAC prevede la possibilità di creare un collegamento ipertestuale che dalla sezione “Amministrazione trasparente” conduca alla pagina o al record dell’albo pretorio dove è pubblicato l’atto da inserire in entrambe le sezioni, oppure ad altro sito di enti terzi, ove l’atto si trovi pubblicato. Trattasi non solo delle Amministrazioni titolari delle banche dati indicate nell’allegato B del D.Lgs. 33/2013 e disciplinate già dall’art. 9 bis del decreto, ma anche delle ipotesi di atti pubblicati contemporaneamente sul sito comunale e sul sito dell’Unione o del Comune capofila che svolga attività di Centrale Unica di Committenza, alla quale il Comune aderisca.

Si tenga presente che, per salvaguardare il principio di immediata fruibilità dei dati da parte di chiunque, il link deve riportare al singolo record della pubblicazione, e non alla pagina iniziale dell’albo pretorio. Al fine di garantire un’immediata consultazione dei dati e delle informazioni, i Comuni sono tenuti a creare nell’albo pretorio on line un’apposita sezione, anche articolata in sottosezioni, dedicata alla sola pubblicazione degli atti e dei documenti che coincidono con quelli previsti dal D.Lgs. 33/2013.

Anche in caso di ricorso al link, resta fermo l’obbligo per i Comuni di assicurare i criteri di qualità delle informazioni diffuse, il rispetto del formato aperto e della disciplina in materia di protezione dei dati personali (artt. 6, 7, 7-bis del D.Lgs. 33/2013 e art. 2-ter, co. 3, del D.Lgs 196/2003). I principi applicabili al trattamento dei dati personali previsti dall’art. 5 del Regolamento (UE) 2016/679 sono quelli di liceità, correttezza e trasparenza; minimizzazione dei dati; esattezza; limitazione della conservazione; integrità e riservatezza. In particolare, assumono rilievo i principi di adeguatezza, pertinenza e limitazione a quanto necessario rispetto alle finalità per le quali i dati personali sono trattati («minimizzazione dei dati») (par. 1, lett. c) e quelli di esattezza e aggiornamento dei dati, con il conseguente dovere di adottare tutte le misure necessarie per cancellare o rettificare i dati inesatti rispetto alle finalità per le quali sono trattati (par. 1, lett. d).

Si evidenzia, inoltre, che il rifiuto, il differimento e la limitazione dell’accesso agli atti e ai documenti ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ex D.Lgs. 33/2013 devono essere motivati con riferimento ai casi ed ai limiti stabiliti dall’articolo 5-bis comma 1, che identifica i divieti ‘assoluti’ di accesso (4). La tutela della protezione dei dati personali rientra, invece, tra le ipotesi disciplinate dall’art. 5 bis comma 2 (5). Le linee guida ANAC (6) indicano che occorre dimostrare l’esistenza di un pregiudizio “concreto”, legato all’accesso da un preciso nesso di causalità: l’Amministrazione deve svolgere una attività valutativa con la tecnica del bilanciamento, caso per caso, tra l’interesse pubblico alla disclosure generalizzata e la tutela di altrettanto validi interessi considerati dall’ordinamento.

Uno strumento utile sono anche le linee guida del Garante, che mirano a fornire indicazioni di carattere generale in relazione al trattamento di dati personali in vari ambiti, al fine di garantire la corretta applicazione dei princìpi stabiliti dal Codice della privacy. Il riferimento, in particolare, è alle  Linee guida in materia di trattamento di dati personali [11], contenuti anche in atti e documenti amministrativi, effettuato per finalità di pubblicità e trasparenza sul web da soggetti pubblici e da altri enti obbligati (7).

Il Garante della privacy, ad esempio, si occupa di fornire indicazioni in merito alla gestione dei dati e dei documenti che sono stati oggetto di pubblicazione in “Amministrazione trasparente”. Alla scadenza del termine di durata dell’obbligo di pubblicazione i documenti, le informazioni e i dati devono confluire all’interno di distinte sezioni del sito di archivio, collocate e debitamente segnalate nell’ambito della sezione “Amministrazione trasparente”. In tale caso andranno previsti appositi criteri selettivi per la consultazione di atti e documenti contenenti informazioni personali, specie se aventi natura sensibile, selezionando, nell’ambito dei singoli atti e documenti, le informazioni da rendere consultabili e attribuendo alle persone che ne hanno fatto richiesta una chiave personale di identificazione informatica secondo le regole stabilite in materia dal Codice dell’amministrazione digitale. In alternativa, è possibile la libera consultazione da parte di chiunque della sezione di archivio, purché vengano adottate opportune misure a tutela degli interessati avendo cura di rendere anonimi i dati personali contenuti nella

Altra indicazione fornita dal Garante attiene alla pubblicazione dei curricula, che devono essere pubblicati per talune figure professionali (quali dirigenti amministrativi di vertice, dirigenti, posizioni organizzative, OIV, titolari di incarichi di indirizzo politico). Nell’ambito dell’adempimento dell’obbligo di legge in oggetto, all’interno del curriculum andranno indicati i soli dati pertinenti rispetto alle finalità di trasparenza perseguite.

Nel dare applicazione all´art. 14 D.Lgs. 33/2013, che prevede la pubblicazione delle dichiarazioni patrimoniali, anche in questo caso occorre attenersi ai principi di pertinenza e non eccedenza, procedendo a pubblicare copia della dichiarazione dei redditi – dei componenti degli organi di indirizzo politico e, laddove vi acconsentano, del coniuge non separato e dei parenti entro il secondo grado – previo oscuramento delle informazioni eccedenti e non pertinenti rispetto alla ricostruzione della situazione patrimoniale degli interessati (quali, ad esempio, lo stato civile, il codice fiscale, la sottoscrizione, etc.), nonché di quelle dalle quali si possano desumere indirettamente dati di tipo sensibile, come le indicazioni relative ai familiari a carico, spese mediche e di assistenza per portatori di handicap o per determinate patologie, erogazioni liberali in denaro a favore dei movimenti e partiti politici o a favore delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale, delle iniziative umanitarie, religiose, o laiche, gestite da fondazioni, associazioni, comitati ed enti individuati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri nei paesi non appartenenti all´OCSE, contributi associativi versati dai soci alle società di mutuo soccorso.

Ulteriore ipotesi applicativa è quella relativa ai procedimenti inerenti concorsi e prove selettive per l’assunzione del personale e progressioni di carriera. Di questi provvedimenti devono essere pubblicati solo gli elementi di sintesi, quali il contenuto, l’oggetto, l’eventuale spesa prevista e gli estremi dei principali documenti contenuti nel fascicolo del procedimento. Con particolare riferimento ai provvedimenti finali adottati all’esito dell’espletamento di concorsi oppure di prove selettive non devono formare quindi oggetto di pubblicazione, in base alla disposizione in esame, gli atti nella loro veste integrale contenenti le graduatorie formate a conclusione del procedimento, né le informazioni comunque concernenti eventuali prove intermedie che preludono all’adozione dei provvedimenti finali.

Tematica molto delicata è quella relativa alla pubblicazione degli atti di concessione di sovvenzioni, contributi, sussidi e attribuzione di vantaggi economici e dell’elenco dei soggetti beneficiari (artt. 26 e 27 del D.Lgs. n. 33/2013). Mentre per i vantaggi attribuiti alle imprese nulla quaestio, in quanto trattasi di persone giuridiche, il D.Lgs. 33/2013 individua una serie di limiti all’obbligo di pubblicazione di atti di concessione di benefici economici a favore di persone fisiche, qualora da tali dati sia possibile ricavare informazioni relative allo stato di salute e alla situazione di disagio economico-sociale. Il divieto è funzionale alla tutela della dignità, dei diritti e delle libertà fondamentali dell’interessato.

L’Amministrazione, in questi frangenti, non può limitarsi a prefigurare il rischio di un pregiudizio generico e astratto, ma deve indicare quale – tra gli interessi elencati all’art. 5-bis, comma 1 e 2 – viene pregiudicato, valutare se il pregiudizio prefigurato dipende direttamente dalla disclosure dell’informazione richiesta e se il pregiudizio sia effettivamente un evento altamente probabile, e non soltanto possibile.

Per quanto concerne le istanze di accesso generalizzato relative ad atti contenenti dati personali, le citate linee-guida precisano, ancora, come l’ente destinatario “deve valutare, nel fornire riscontro motivato a richieste di accesso generalizzato, se la conoscenza da parte di chiunque del dato personale richiesto arreca (o possa arrecare) un pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali, in conformità alla disciplina legislativa in materia. In tale contesto, devono essere tenute in considerazione le motivazioni addotte dal soggetto controinteressato, che deve essere obbligatoriamente interpellato dall’ente destinatario della richiesta di accesso generalizzato, ai sensi dell’art. 5, comma 5, del D.Lgs. n. 33/2013. Tali motivazioni costituiscono un indice della sussistenza di un pregiudizio concreto, la cui valutazione però spetta all’ente e va condotta anche in caso di silenzio del controinteressato, tenendo, altresì, in considerazione gli altri elementi illustrati di seguito”.

Le Linee guida ricordano, infine, come “le comunicazioni di dati personali nell’ambito del procedimento di accesso generalizzato non devono determinare un’interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà delle persone cui si riferiscono tali dati ai sensi dell’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, dell’art. 8 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea e della giurisprudenza europea in materia”. Le indicazioni dell’ANAC, quindi, spingono le amministrazioni a tenere un orientamento volto a garantire nel modo più ampio possibile il diritto di accesso, sulla stessa linea di quanto già prefigurato dal Dipartimento della funzione pubblica con circolare n. 2/2017, che mostra una tutela preferenziale dell’interesse conoscitivo (8). Il DFP afferma testualmente che “nei casi di dubbio circa l’applicabilità di un’eccezione, la amministrazioni dovrebbero dare prevalenza all’interesse conoscitivo che la richiesta mira a soddisfare”. È bene, infine, ricordare che i documenti, le informazioni e i dati oggetto di accesso civico sono pubblici e possono essere riutilizzati ai sensi dell’art 7 D.Lgs. 33/2013 (8), sebbene il loro ulteriore trattamento vada in ogni caso effettuato nel rispetto dei limiti derivanti dalla normativa in materia di protezione dei dati personali (art. 3, comma 1, del D.Lgs. 33/2013).

Ornella Rossi

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(1) Art. 1 D.Lgs. 33/2013.

(2) Per espressa previsione normativa, i dati e le informazioni concernenti la situazione patrimoniale dei titolari di incarichi politici, di cui al citato art. 14, non devono essere trasferiti nelle sezioni di archivio dei siti web istituzionali alla scadenza del termine di pubblicazione (art. 14, comma 2, del D.Lgs. n. 33/2013).

(3) Istituto disciplinato dall’art. 5 D.Lgs. n. 33/2013, che consente a chiunque di richiedere l’accesso a dati e documenti, senza necessità di motivare la richiesta, allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull’utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.

(4) Art. 5 bis comma 1: L’accesso civico di cui all’articolo 5, comma 2, è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a: a) la sicurezza pubblica e l’ordine pubblico; b) la sicurezza nazionale; c) la difesa e le questioni militari; d) le relazioni internazionali; e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato; f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento; g) il regolare svolgimento di attività ispettive.

(5) Art. 5 bis comma 2:L’accesso di cui all’articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati: a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia; b) la libertà e la segretezza della corrispondenza; c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d’autore e i segreti commerciali

(6) Linee Guida recanti indicazioni operative ai fini della definizione e delle esclusioni dei limiti all’accesso civico di cui all’art. 50, co 2, del D.Lgs. 33/2013 (Art. 5- bis, comma 6, del D.Lgs. n 33 del 14/03/2013 recante «Riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni»), approvate con Delibera n. 1309 del 28 dicembre 2016, in attuazione dell’art. 5 bis comma 6 D.Lgs. 33/2013, che prevedeva l’intesa con il Garante per la protezione dei dati personali e sentita la Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

(7) Pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale n. 134 del 12 giugno 2014.

(8) La circolare n. 2/2017 richiede il minore aggravio possibile nell’esercizio del diritto da parte degli Enti, che non possono pretendere dal richiedente l’adempimento di formalità o oneri procedurali, ponendoli come condizioni di ammissibilità della domanda di accesso.

(8) D.Lgs. n. 33/2013 Art. 7. Dati aperti e riutilizzo: 1. I documenti, le informazioni e i dati oggetto di pubblicazione obbligatoria ai sensi della normativa vigente, resi disponibili anche a seguito dell’accesso civico di cui all’articolo 5, sono pubblicati in formato di tipo aperto ai sensi dell’articolo 68 del Codice dell’amministrazione digitale, di cui al decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 , e sono riutilizzabili ai sensi del decreto legislativo 24 gennaio 2006, n. 36, del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, e del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 , senza ulteriori restrizioni diverse dall’obbligo di citare la fonte e di rispettarne l’integrità.