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Affidamento di servizi sociali riservato ad enti del terzo settore5 min read

IN POCHE PAROLE….

L’affidamento di servizi sociali non è soggetto alla regolazione del Codice dei contratti allorché miri all’affidamento ad un operatore privato di un servizio sociale da svolgere a titolo integralmente gratuito.


Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 7 settembre 2021, n. 6232 [1], Pres. Caringella, Est. Manca


L’effettiva gratuità del servizio si risolve in una “non economicità del servizio” gestito, sotto un profilo di comparazione di costi e benefici, necessariamente in perdita per il prestatore.


A margine

Una impresa impugna un bando di gara per l’affidamento di un servizio di gestione di una spiaggia comunale destinata a persone con disabilità contestando la previsione della partecipazione solo di “soggetti del terzo settore”.

Il Tar Campania, con sentenza n.  00158/2021, [2] respinge il ricorso osservando che la scelta di affidare il servizio solo a operatori del terzo settore è stata adeguatamente motivata dall’amministrazione comunale, con riferimento alla gratuità dei servizi e che l’affidamento rientra nell’ambito delle forme di co-progettazione contemplate dall’art. 55, comma 3, del d.lgs. n. 117 del 2017 (Codice del terzo settore [3]), essendo intervenuta la programmazione con deliberazione di Giunta comunale.

Pertanto l’impresa si appella al Consiglio di Stato evidenziando che la sentenza di primo grado non avrebbe tenuto conto:

  • dell’assenza del requisito di gratuità dei servizi affidati (presupposto indispensabile per l’affidamento a soggetti del terzo settore) a fronte della previsione del disciplinare secondo cui l’affidatario percepirebbe i ricavi del servizio di ristorazione e gli introiti degli ingressi a pagamento, in contrasto con il concetto di gratuità che implica che non può esservi alcuna forma di remunerazione né di rimborso spese;
  • della previsione della lex specialis che consentiva la partecipazione in forma associata con impresa avente scopo di lucro per la gestione del punto di ristoro in netta antitesi con le affermate finalità solidaristiche e di utilità sociale.

In assenza dell’elemento della gratuità, la gara avrebbe quindi dovuto seguire la disciplina di cui al Codice dei contratti pubblici [4] per l’affidamento di servizi sociali.

La sentenza – Il collegio accoglie l’appello muovendo, per quanto concerne il profilo relativo al difetto di gratuità del servizio, dalle considerazioni svolte nel parere della Commissione speciale del Consiglio di Stato, 26 luglio 2018 [5], sui rapporti tra le direttive UE in materia di appalti, il Codice dei contratti pubblici [4] e il Codice del terzo settore [3] nella parte in cui disciplina l’affidamento di servizi sociali a soggetti o enti del c.d. terzo settore.

Premesso che, di regola, «l’affidamento dei servizi sociali, comunque sia disciplinato dal legislatore nazionale, deve rispettare la normativa pro-concorrenziale di origine europea, in quanto rappresenta una modalità di affidamento di un servizio (in termini euro-unitari, un “appalto”) che rientra nel perimetro applicativo dell’attuale diritto euro-unitario», si è sottolineato come in determinate ipotesi «la procedura di affidamento di servizi sociali disciplinata dal diritto interno non è soggetta alla regolazione di origine euro-unitaria. Ciò accade allorché […] la procedura disciplinata dal diritto interno […] miri sì all’affidamento ad un ente di diritto privato di un servizio sociale che, tuttavia, l’ente affidatario svolgerà a titolo integralmente gratuito», il che si giustifica essenzialmente per il fatto che il diritto europeo degli appalti si interessa dei soli affidamenti onerosi.

La questione si trasferisce, quindi, sul piano della definizione giuridica del concetto di gratuità, quale elemento costitutivo della possibilità di utilizzare le procedure di affidamento del codice de terzo settore [3] e di sottrarsi, quindi, all’applicazione delle norme in materia di appalti pubblici.

In tale prospettiva «la effettiva gratuità si risolve contenutisticamente in non economicità del servizio poiché gestito, sotto un profilo di comparazione di costi e benefici, necessariamente in perdita per il prestatore». Il che significa che deve escludersi qualsiasi forma di remunerazione, anche indiretta, dei fattori produttivi (lavoro, capitale), potendo ammettersi unicamente il rimborso delle spese («le documentate spese vive, correnti e non di investimento, incontrate dall’ente»).

Applicando gli enunciati principi al caso di specie, il collegio rileva come le previsioni contenute nell’avviso pubblico di indizione della procedura si discostano dal concetto di gratuità delineato. In particolare, l’avviso, dopo aver precisato l’accesso gratuito alla struttura «per ciascuna persona con disabilità più un accompagnatore e minori di età inferiore a 6 anni», contempla l’accesso a pagamento «per ciascun accompagnatore ulteriore nella misura di euro cinque per l’intera giornata e con il limite di quattro persone per punto ombra», nonché «la gestione del punto ristoro», per i quali è espressamente stabilito che gli introiti derivanti dalla loro gestione concorrano alla remunerazione anche dei servizi di gestione della spiaggia (servizi, questi ultimi, che «non comporteranno alcun onere per l’ente, compensandosi con gli introiti della gestione del punto ristoro e degli ingressi a pagamento […]»).

In tal modo, tuttavia, viene meno l’assunto su cui si fonda il requisito della gratuità del servizio e che giustifica l’impiego delle procedure di affidamento con selezione limitata ai soggetti del terzo settore.

Si rileva infine che è mancato anche l’inserimento del servizio nell’ambito della programmazione dei servizi da affidare ai soggetti del terzo settore, secondo gli schemi dettati dall’art. 55 del d.lgs. n. 117 del 2017 [3], attraverso i quali si individuano motivatamente i servizi sociali o di interesse generale ai sensi dell’art. 5 del Codice e si coinvolgono gli enti del terzo settore, anche al fine degli affidamenti.

Nella fattispecie, infatti, le deliberazioni di Giunta Comunale richiamate non danno atto né della co-programmazione (che – secondo l’art, 55, comma 2 – dovrebbe essere «finalizzata all’individuazione, da parte della pubblica amministrazione procedente, dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili») né della co-progettazione («finalizzata alla definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti, alla luce degli strumenti di programmazione di cui comma 2»: art. 55, comma 3), atti necessari anche al fine di dare conto delle ragioni per le quali il servizio rientri fra le attività di interesse generale definite dall’art. 5 del Codice del terzo settore [3].

Pertanto il bando di gara è annullato.

di Simonetta Fabris