IN POCHE PAROLE …

L’appalto leggero si caratterizza per l’affidamento all’appaltatore della realizzazione di un risultato autonomo, attraverso un’indipendente organizzazione del lavoro, che preveda da parte dell’appaltatore il potere direttivo e di controllo sui suoi dipendenti, l’impiego di mezzi propri e l’assunzione del rischio d’impresa.


Corte Cassazione, Sezione Lavoro, sentenza 10 luglio 2025, n. 18945, Pres. Antonio Manna, Est. Guglielmo Cinque


L’elevato numero di personale addetto a un servizio e la loro elevata professionalità non sono elementi sufficienti a integrare la fattispecie dell’appalto leggero.

L’appalto leggero richiede che i lavoratori ceduti non siano una mera sommatoria di dipendenti, ma un gruppo coeso per professionalità con precisi legami organizzativi preesistenti alla cessione e specifico bagaglio di esperienze e conoscenze in modo da costituire una struttura unitaria funzionalmente idonea.

Negli appalti ad alta intensità di manodopera è necessario che all’appaltatore sia commissionato un risultato autonomo, realizzabile a mezzo di una indipendente organizzazione del lavoro, con assoggettamento effettivo al potere direttivo e controllo sui propri dipendenti, impiego di mezzi propri e assunzione o del rischio di impresa da parte dell’appaltatore.


Il fatto

Un gruppo di lavoratori era impiegato nell’attività di recupero crediti originariamente svolta internamente da un istituto bancario. Successivamente l’attività di recupero crediti era stata esternalizzata e affidata una neocostituita società, alla quale era stato ceduto il personale ai sensi dell’art. 2112 cod. civ., in conseguenza della cessione di ramo d’azienda relativo all’attività suddetta.

I lavoratori ceduti si sono rivolti al Giudice ordinario per chiedere la ricostituzione del rapporto di lavoro in capo alla società cedente, sostenendo la non genuinità del contratto di appalto o, in subordine, la co-datorialità delle società interessate dalla cessione di ramo d’azienda.

Il Giudice di prima istanza ha respinto il ricorso e ha riconosciuto all’affidamento dell’attività in parola la natura di “appalto leggero”.

La Corte di appello ha confermato la sentenza di primo grado e ha ribadito la qualificazione come appalto leggero del contratto impugnato, dando rilievo preminente all’elevato numero dei dipendenti e all’elevata professionalità degli stessi e riconoscendo la legittimità della cessione del ramo d’azienda della Direzione recupero crediti.

Di contrario  avviso la Corte di Cassazione, che ha accolto vari motivi di ricorso e ha cassato la sentenza impugnata rinviando alla Corte di appello competente per territorio, in diversa composizione, per provvedere.

La sentenza

Il Giudice della legittimità, in via  pregiudiziale,  ha negato, ai fini della qualificazione come appalto leggero del contratto in causa, rilievo preminente all’elevato numero di dipendenti addetto al servizio di recupero crediti, all’elevata professionalità degli stessi e al costo delle retribuzioni, di gran lunga superiore al corrispettivo del servizio fornito.

Nella pronuncia annotata è stato ribadito, in continuità con precedenti arresti della stessa Cassazione (cfr. Cass. n. 6256/2019), che i predetti elementi non sono, da soli, sufficienti ad integrare la fattispecie dell’appalto leggero.

La tipologia di appalto leggero, ha precisato la Corte, richiede che i lavoratori ceduti siano un gruppo coeso professionalmente, con precisi legami organizzativi preesistenti alla cessione e specifico bagaglio di esperienze e conoscenze tecniche, in modo da costituire una struttura unitaria funzionalmente idonea e non una semplice sommatoria di dipendenti.

In coerenza con altri precedenti (Cass. n. 18455/2023), la Corte ha ritenuto necessaria, negli appalti caratterizzati da prevalente o esclusiva prestazione di lavoro, un’effettiva gestione dei propri dipendenti in capo all’appaltatore.

La Corte di Cassazione ha, quindi, affermato che un appalto leggero, ai sensi dell’art. 29, comma 1, del d.lgs. n. 276/2003, si caratterizza per l’affidamento all’appaltatore della realizzazione di un risultato autonomo, attraverso una indipendente organizzazione del lavoro, che preveda il potere direttivo e di controllo sui propri dipendenti, impiego di mezzi propri e assunzione del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore medesimo.

La Suprema Corte, in riforma della sentenza della Corte territoriale, ha ritenuto che le prove testimoniali non fossero generiche ma, al contrario, volte a dimostrare che le direttive al personale erano direttamente impartite dalla committente e non, come richiesto per la configurabilità di un appalto leggero, dall’appaltatore.

La sentenza ha accolto, inoltre, la requisitoria dell’Avvocatura Generale, laddove ha ritenuto censurabili le conclusioni della Corte di appello a proposito della mancata prova del compimento di atti di gestione del personale dipendente direttamente da parte della committente.

Nel caso di specie, dal Giudice di seconda istanza è stata negata rilevanza a una circostanza significativa, ossia all’obbligo per un certo periodo, almeno, per i dipendenti della società appaltatrice di chiedere permessi e ferie alla società appaltante, anziché alla prima.

La società appaltante, secondo il Giudice della legittimità, avrebbe dovuto provare, in presenza di prove documentali inerenti al destinatario delle domande suddette, che il decisore sostanziale in tema di gestione del personale non coincideva con quello formale e che il potere disciplinare in capo all’appaltante medesimo non era decisivo ai fini della liceità dell’appalto, in quanto quest’ultimo richiede non il diretto potere di irrogare sanzioni ma un potere direttivo e di controllo sui lavoratori.

Conclusioni

La Corte di cassazione è tornata a delineare i tratti distintivi del cosiddetto appalto leggero, in cui l’apporto di manodopera specializzata è preponderante rispetto all’organizzazione aziendale e all’utilizzo di mezzi.

Nella fattispecie esaminata è stata negata rilevanza decisiva all’elevato numero di personale addetto al servizio in questione e all’elevata professionalità del personale medesimo.

La questione affrontata nella sentenza investe la differenza tra appalto di servizi e contratto di somministrazione, disciplinata dall’art. 29, comma 1 del d.lgs. n. 276/2003.

La distinzione tra i due istituti può essere, in concreto, non di immediata percezione soprattutto quando si tratta dei contratti a elevato impiego di manodopera.

La Corte ha precisato, in continuità sostanziale con altri precedenti sentenze, che l’elevata professionalità riconosciuta dai Giudici di primo e secondo grado non va valutata in astratto ma in concreto.

Nella sentenza è stato ribadito, pertanto, che gli elementi indefettibili del cosiddetto appalto leggero sono i seguenti:

  • affidamento all’appaltatore della realizzazione di un risultato autonomo;
  • indipendente organizzazione del lavoro in capo all’appaltatore che preveda il potere direttivo e di controllo sui propri dipendenti;
  • impiego di mezzi propri e assunzione del rischio d’impresa da parte dell’appaltatore medesimo.

La tematica trattata è rilevante dal punto di vista sostanziale, in quanto un appalto che dissimula una somministrazione di lavoro comporta conseguenze penali [1], amministrative, contributivi e giuslavoristici.

La distinzione tra appalti leggeri e contratto di somministrazione desta costante interesse per l’operatore del diritto anche nell’ambito dei contratti pubblici.

E’ opportuno ricordare che, negli appalti ad alta intensità di manodopera, l’art. 119, comma 1, del d.lgs. n. 36/2023 vieta di subappaltare la prevalente esecuzione dei contratti, fissando il limite, quindi, del 50% del contratto.

Un subappalto che dissimula una mera somministrazione di personale ha, inoltre, una serie di effetti rilevanti sia verso la stazione appaltante, sia per l’appaltatore, sia per il subappaltatore.

Dal punto di vista civilistico il subappalto nullo per contrasto con norme imperative non produce effetti tra le parti.

Il subappaltatore non ha titolo a esigere il pagamento dei corrispettivi dovuti per i servizi effettuati.

L’appaltatore principale potrebbe incorrere nella risoluzione del contratto per inadempimento e richiesta di risarcimento danni da parte della stazione appaltante.

L’esecuzione di lavori o servizi in subappalto affetto da nullità può dar luogo a un reato di pericolo previsto dalla normativa antimafia (art. 21, comma 1-bis, L. 13.9.1982, n. 646, e s.m., c.d. Legge Rognoni-La Torre).

dott. Antonello Accadia


[1] La Corte di cassazione ha chiarito che realizza la fattispecie penale riferita alla presentazione della dichiarazione fraudolenta (ex art. 2, D.Lgs. 74/2000: ndr. v. ora artt. 27 e 28 d.lgs. 5.11.2024, n. 173) la contabilizzazione, nella dichiarazione dei redditi, di fatture riferite ad un contratto di appalto di servizi che costituisce mero schermo giuridico per occultare, in realtà, una somministrazione irregolare di manodopera (fra le molte, v. Cass. n. 34407/2024, in fattispecie di  fatture formalmente riferite ad un contratto di appalto di servizi che costituisca solo lo schermo per occultare una somministrazione irregolare di manodopera; Cass, sezione penale, III, 2.2.2022, n. 11633 ).


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