IN POCHE PAROLE….

Le stazioni appaltanti devono riconoscere i certificati equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri.


Consiglio di Stato, sez. V, sentenza 22 luglio 2021, n. 5513, Pres. Saltelli, Est. Rotondano


Le stazioni appaltanti, quando richiedono la presentazione dei relativi certificati rilasciati da organismi indipendenti, si riferiscono innanzitutto ai sistemi della qualità fondati sulla serie di norme europee in materia.


A margine

Un RTI, secondo classificato di una procedura di gara per l’affidamento di un servizio di vigilanza armata, impugna l’aggiudicazione finale e la previsione del disciplinare di gara relativa al possesso di “Certificazioni” e all’attribuzione del relativo punteggio.

Si lamenta per un verso l’erronea attribuzione all’aggiudicatario dei punteggi per le certificazioni “Salute e Sicurezza sul lavoro” OHSAS 180010 – UNIISO 45001 e “Ambientale” UNIENISO14001, a suo avviso non valutabili perché rilasciate da enti non accreditati, e, per altro verso, l’illegittima previsione della lex specialis di punteggi per le predette certificazioni, estranee o comunque non pertinenti al servizio oggetto di affidamento.

L’unica certificazione valida e valutabile che la normativa di settore ricomprende tra i requisiti minimi di qualità degli istituti di vigilanza sarebbe la UNI 10981:2000.

Sotto altro profilo, la stazione appaltante avrebbe comunque errato nel prevedere l’assegnazione di punteggi eccessivamente alti e sproporzionati per il possesso di certificazioni con lesione del principio di libertà di concorrenza ed in contrasto col criterio di aggiudicazione che mira ad attribuire il servizio all’offerta oggettivamente migliore sotto il profilo tecnico- qualitativo.

Il Tar Calabria, con sentenza n. 1196/2020, rigetta il ricorso. Pertanto il RTI si appella al Consiglio di Stato.

La sentenza – Il Collegio respinge l’appello evidenziando che non risulta illogica, né irragionevole, la scelta dell’amministrazione appaltante di valorizzare negli atti di gara il possesso di ulteriori certificazioni, riguardanti interessi generali (ambiente, sicurezza dei lavoratori, sicurezza dei dati), certamente apprezzabili anche con riferimento all’attività oggetto dell’appalto.

Costituisce mera petizione di principio l’affermazione secondo cui la richiesta di ulteriori certificazioni costituirebbe una restrizione del mercato e della concorrenza, dal momento che di tanto non è stata fornita alcuna prova neppure a livello meramente indiziario; sotto il profilo della proporzionalità e della ragionevolezza, quella previsione risulta coerente con l’adeguata tutela dell’interesse pubblico perseguito mediante il contratto da stipulare all’esito della gara.

Infine, circa il valore delle certificazioni dell’aggiudicataria, rilasciate da enti di diritto ceco e svizzero, non accreditati, né registrati presso Accredia, e non abilitati al rilascio di certificazioni 18001 e 14001 per il settore 35 (oggetto della gara), il collegio richiama l’art. 87 del D.Lgs. 18 aprile 2016, n. 50 (“Certificazioni della qualità”) il quale stabilisce che le stazioni appaltanti, quando richiedono la presentazione dei relativi certificati rilasciati da organismi indipendenti, si riferiscono innanzitutto ai sistemi della qualità fondati sulla serie di norme europee in materia (comma 1) ovvero al sistema dell’Unione di ecogestione a audit (EMAS) o altri sistemi di gestione ambientale nella misura in cui sono conformi all’art. 45 del regolamento (CE) n. 1221/2009 o ancora ad altre norme di gestione ambientale fondate su norme europee o internazionali in materia (comma 2) certificati da organismi accreditati (comma 1) ovvero accreditati per lo specifico scopo ai sensi del regolamento (CE) n. 765/2008 del Parlamento europeo e del Consiglio.

Il predetto articolo, diretta applicazione del generale principio di equivalenza, ammette poi che “le stazioni appaltanti riconoscono i certificati equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri” e aggiunge che esse “ammettono parimenti altre prove relative all’impiego di misure equivalenti di garanzia della qualità, qualora gli operatori economici interessati non avessero la possibilità di ottenere tali certificati entro i termini richiesti per motivi non imputabili agli stessi operatori economici, a condizione che gli operatori economici dimostrino che le misure di garanzia della qualità proposte soddisfano le norme di garanzia della qualità richieste” (comma 1), contemplando anche una previsione analoga al comma 2 per le certificazioni di qualità ambientale.

Pertanto, il delineato sistema normativo, pur prevedendo una certificazione “tipica di qualità” rilasciata da organismi accreditati, impone alle stazioni appaltanti il riconoscimento dei certificati equivalenti rilasciati da organismi stabiliti in altri Stati membri e di consentire, a determinate condizioni, agli operatori economici di dimostrare che le misure di garanzia della qualità proposte soddisfano le norme di garanzia della qualità richieste, rispondendo all’esigenza di favorire la più ampia partecipazione alle gare degli operatori economici in condizioni di parità e di non discriminazione.


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