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Clausola sociale: obbligatorio prevederla per la SA, ma sul come applicarla decide l’offerente5 min read

E’ rimessa al concorrente la scelta sulle concrete modalità di attuazione della clausola sociale di cui all’art. 50 del codice dei contratti pubblici [1], incluso l’inquadramento da attribuire al lavoratore, spettando allo stesso operatore formulare eventuale “proposta contrattuale”.

E’ da escludere che dalla clausola sociale possa derivare  in capo al concorrente l’obbligo di applicare ai lavoratori esattamente le stesse mansioni e qualifiche che avevano alle dipendenze del precedente datore di lavoro”  e neppure d’inquadrare il lavoratore con lo stesso livello d’anzianità già posseduto. 

La stazione appaltante deve formulare la clausola sociale “in maniera elastica e non rigida, in modo da contemperare l’obbligo di mantenimento dei livelli occupazionali del precedente appalto con la libertà d’impresa e con la facoltà in essa insita di organizzare il servizio in modo efficiente e coerente con la propria organizzazione produttiva, al fine di realizzare economie di costi da valorizzare a fini competitivi nella procedura di affidamento dell’appalto”.

 A tal riguardo, è opportuno prevedere nei documenti di gara che i concorrenti presentino  un “vero e proprio ‘piano di compatibilità’ o ‘progetto di assorbimento’, per  illustrare in qual modo concretamente l’offerente, ove aggiudicatario, intenda rispettare la clausola sociale.

La stazione appaltante potrebbe valutare se “inserire tra i criteri di valutazione dell’offerta quello relativo alla valutazione del piano di compatibilità, assegnando tendenzialmente un punteggio maggiore, per tale profilo, all’offerta che maggiormente realizzi i fini cui la clausola tende”.

Il modo con cui l’imprenditore subentrante abbia rispettato la clausola sociale attiene  alla fase di esecuzione del contratto, con conseguente giurisdizione del giudice ordinario in funzione di giudice del lavoro.

 L’inadempimento degli obblighi derivanti dalla clausola sociale comporta l’applicazione dei rimedi previsti dalla legge ovvero dal contratto, per cui nello schema di contratto le stazioni appaltanti devono inserire clausole risolutive espresse ovvero penali commisurate alla gravità della violazione, e ove ne ricorrano i presupposti, applicare l’articolo 108, comma 3, del Codice dei contratti pubblici

Consiglio di Stato, sez v, sent.2 novembre 2020, n. 6761 [2], Pres. Carlo Saltelli, Est. Alberto Urso

A margine

La sentenza – La sentenza della quinta Sezione riassume, anche con ricorso a numerose richiami a precedenti pronunce dello stesso Consiglio di Stato [1]  e al contenuto delle Linee Guida dell’ANAC n 13 [3] [2],  le modalità di applicazione e di funzionamento dell’istituto della clausola sociale [3].

Il Collegio ricorda  principalmente che l’istituto della clausola sociale, volto a promuovere la stabilità occupazionale del personale impiegato,  deve avere una formulazione coerente con il quadro normativo, comunitario e costituzionale, e con l’autonomia organizzativa dell’operatore economico, in modo da assicurare  il bilanciamento fra più valori, e, in particolare, fra la libertà di iniziativa economica privata, garantita dall’art. 41 Cost, ma anche dall’art. 16 della Carta di Nizza, che riconosce ‘la libertà di impresa’, conformemente alle legislazioni nazionale, da un lato,  e il diritto al lavoro, la cui protezione è imposta dall’art. 35 Cost, e dall’art. 15 della Carta di Nizza, di analogo contenuto, dall’altro.

Annotazioni – E’ da ricordare che le stazioni appaltanti sono tenute all’applicazione delle clausole sociali nei contratti sopra la soglia di rilevanza comunitaria, e, dal 17 luglio scorso, anche in quelli  sotto-soglia, stante la modifica all’art. 36, comma 1, del D.lgs. n. 50/2016, introdotta dall’art. 8, comma 5, lett. 0a-bis del decreto Semplificazioni 76 [4].

L’obbligo riguarda gli  appalti e le concessione, nei settori ordinari e in quelli speciali. La clausola riguarda soprattutto i contratti ad intensità di mano d’opera, ossia quelli in cui il costo della mano d’opera è pari almeno al 50% dell’importo totale del contratto (art. 50, D.Lgs. n. 50/2016).

Restano esclusi dall’obbligo della clausola sociale i servizi di natura intellettuale, ossia i servizi che richiedono lo svolgimento di prestazioni professionali, svolte in via prevalentemente personale, (brokeraggio e consulenze). Tale condizione si verifica nei casi in cui, anche eventualmente in parallelo all’effettuazione di attività materiali, il fornitore elabora soluzioni, proposte, pareri che richiedono una specifica e qualificata competenza professionale, prevalente nel contesto della prestazione erogata rispetto alle attività materiali e all’organizzazione di mezzi e risorse  (Linee guida ANAC, n. 13, cit.). Per inciso, si ricorda che gli appalti ad alta intensità di mano d’opera sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo, come i servizi sociali e quelli per la ristorazione (art. 95, comma 3, D.Lgs. n. 50).

E’ possibile prevedere la clausola sociale anche in appalti non ad alta intensità di manodopera, con esclusione (oltre ai servizi di natura intellettuale) degli appalti di fornitura e degli appalti di natura occasionale (LG ANAC n. 13 , cit.)

La stazione appaltante potrebbe valutare se “inserire tra i criteri di valutazione dell’offerta quello relativo alla valutazione del piano di compatibilità, assegnando tendenzialmente un punteggio maggiore, per tale profilo, all’offerta che maggiormente realizzi i fini cui la clausola tende” (ANAC, LG n. 13, cit); mentre la mera accettazione di obblighi di riassorbimento del personale non può diventare criterio di valutazione dell’offerta tecnica (ANAC – Bando tipo 1/2017).

avv. Giuseppe Panassidi


[1] Cons. Stato, sez. V, 10 giugno 2019, n. 3885; III, 30 gennaio 2019, n. 750; III, 29 gennaio 2019, n. 726; 7 gennaio 2019, n. 142; III, 18 settembre 2018, n. 5444; V, 5 febbraio 2018, n. 731; V, 17 gennaio 2018 n. 272; III 5 maggio 2017, n. 2078; V 7 giugno 2016, n. 2433; III, 30 marzo 2016, n. 1255; idem , Comm. spec., parere 21 novembre 2018, n. 2703; V, 12 settembre 2019, n. 6148 [5];, III, 17 giugno 2019, n. 4025; sez. VI, 21 luglio 2020, n. 4665 [6]; id. 24 luglio 2019, n. 5243 [7]; id., sez. V, 12 febbraio 2020, n. 1066 [8]. V, 8 maggio 2020, n. 2900.

[2] Linee guida n. 13, approvate con delibera n. 114 del 13 febbraio 2019 [3]

[3] In generale, le «clausole sociali», secondo la definizione del codice dei contratti pubblici, sono disposizioni che impongono a un datore  di lavoro il rispetto di determinati standard di protezione  sociale e del lavoro come  condizione  per  svolgere  attività  economiche  in appalto o in  concessione  (o, anche   per  accedere  a  benefici  di  legge  e agevolazioni finanziarie (art. 3, co 1, let. qqq, D.Lgs n. 50/2016).

L’art 50 dello stesso D.Lgs. n. 50/2016 prevede che “Per gli affidamenti dei contratti di concessione e di appalto di lavori e servizi diversi da quelli aventi natura  intellettuale,  con particolare riguardo a quelli relativi a contratti ad alta intensità  manodopera,  i  bandi  di  gara,  gli   avvisi   e   gli   inviti inseriscono,  nel  rispetto  dei  principi  dell’Unione  europea, specifiche  clausole  sociali  volte  a  promuovere   la   stabilità occupazionale del personale impiegato, prevedendo  l’applicazione  da parte dell’aggiudicatario, dei contratti collettivi di settore di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15  giugno  2015,  n.  81.  I servizi ad alta intensità di manodopera sono  quelli  nei  quali  il costo della manodopera è pari almeno al 50  per  cento  dell’importo totale del contratto“.