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Esclusione dalla gara per omessa dichiarazione di debito con il fisco4 min read

Non è motivo di esclusione dalla gara la mancata dichiarazione di un debito con il fisco ancora non oggetto di (o contenuto in) un atto dell’amministrazione finanziaria, in pendenza del termine per presentare la domanda di partecipazione alla procedura, che nel suo complesso il contribuente ha poi chiesto di rateizzare e la cui istanza è stata accolta.

C.g.a., sentenza 16 agosto 2019, n. 758 [1] – Presidente De Nictolis, Estensore Simonetti

A margine

All’esito di un giudizio su una gara per l’affidamento del servizio di sorveglianza attrezzatura per interventi urgenti ed assistenza al traffico su alcune tratte autostradali, il Tar Catania, sezione IV, con sentenza n. 2259/2018 [2], annulla l’aggiudicazione a favore della ditta ricorrente in ragione della irregolarità fiscale in cui ha ritenuto che si trovasse al momento di partecipare alla gara.

Pertanto la ditta si appella al Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione siciliana.

La sentenza

Il collegio afferma che la disciplina nazionale in tema di esclusione dalle gare per irregolarità fiscale, anche in ragione del recepimento incompleto della direttiva [3], è molto garantista nei confronti del privato e non del tutto coordinata con il diritto tributario. Rilevano infatti, in senso escludente, solamente i debiti fiscali definitivamente accertati, per tali intendendosi quelli non contestati in giudizio nei termini di legge ovvero, se contestati, confermati dal giudice tributario sulla base di una sentenza non più soggetta ad impugnazione; con la conseguenza che la proposizione di un ricorso dinanzi alla competente commissione tributaria (o di un appello o di un ricorso per cassazione), quand’anche manifestamente infondato, è comunque sufficiente a determinare (a perpetuare) la non definitività del debito e, in ultima analisi, a permettere nelle more la partecipazione alle gare, oltre tutto, a scapito degli altri concorrenti che siano invece (del tutto) in regola con il fisco (e magari, proprio per tale ragione, impossibilitati ad offrire ribassi oltre una certa misura).

Pertanto, secondo la legislazione in materia di contratti pubblici, qualunque debito, per quanto rilevante in termini economici, purché (e finché) ancora oggetto di un giudizio tributario (proponibile o) pendente, non potrà essere motivo di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 4, del codice dei contratti [4] del 2016.

Peraltro, la previsione della direttiva 24/2014 [3], che permette alle stazioni appaltanti di valutare anche l’esistenza di debiti non ancora definitivi, sulla base di un prudente apprezzamento e attraverso una causa di esclusione di tipo facoltativo, non è stata recepita nel nostro sistema, neppure in occasione dell’ultimo intervento dedicato alla modifica di talune parti del codice dei contratti [4] del 2016 (con il d.l. n. 32 del 2019 [5] e la legge di conversione n. 55 del 2019 [6]).

L’art. 80, comma 4, del Codice dei contratti pubblici [4] non si coordina quindi alla perfezione con la disciplina fiscale propriamente intesa.

Infatti, l’art. 80, nel fare riferimento a “sentenze e atti non più soggetti ad impugnazione” sembra scritto pensando essenzialmente alle pretese fiscali (che sono) oggetto di avvisi di accertamento, la cui inoppugnabilità o la cui conferma in giudizio rende “definitivamente accertate” le violazioni (ossia gli omessi pagamenti, nella soglia minima ritenuta rilevante) del contribuente.

Molto meno chiaro è invece se, a fronte di un avviso di accertamento divenuto già definitivo ovvero inoppugnabile, possa bastare l’impugnazione della cartella di pagamento, quale atto di riscossione esecutivo di detto avviso, per permettere al contribuente di invocare – magari a distanza di anni dal verificarsi del presupposto – la non definitività della sua irregolarità.

Nel caso di specie questo dubbio tuttavia non rileva, trattandosi di una cartella emessa in assenza di avviso di accertamento, a fronte di un debito che il contribuente da un lato conosceva per averlo dichiarato (lui stesso, anni prima) al fisco e, dall’altro, poteva, non senza qualche contraddizione logica, ignorare in sede di gara perché ancora non oggetto di (o contenuto in) un atto dell’amministrazione finanziaria (tanto più che non consta, ossia non vi è prova in questo giudizio, che la cartella fosse stata preceduta dal cd. avviso bonario debitamente comunicato al suo destinatario).

Pertanto privilegiando il dato letterale (e indubbiamente molto garantista) dell’art. 80, co. 4, trattandosi di atti notificati al destinatario comunque in epoca successiva al termine di scadenza della domanda di gara (v. anche Cons. St., V, n. 59/2018 [7]), per un debito che nel suo complesso il contribuente ha poi chiesto di rateizzare e la cui istanza è risultata accolta, reputa il Collegio che non vi siano e non vi fossero i presupposti in senso stretto per escludere il concorrente dalla gara.

Sotto questo profilo, il ricorso è quindi accolto.