La fornitura di bevande calde e cibi, mediante distributori automatici, posizionati all’interno delle sedi delle amministrazioni pubbliche, configura una concessione d’uso di suolo pubblico e resta, pertanto, fuori dall’ambito di applicazione del codice dei contratti pubblici, oppure una concessione di servizi, ora regolata dagli artt. 164 e ss. del nuovo codice dei contratti n. 50 del 20016 e, fino al 19 aprile 2016, dall’art. 30 del d.lgs. 163 del 2006?

La prima ipotesi è che l’amministrazione preveda la concessione del suolo pubblico all’interno delle proprie sedi per una certa durata e a determinate condizioni per la collocazione di distributori di cibi e bevande agli utenti, a fronte del pagamento da parte del concessionario di un canone a favore della stessa amministrazione, calcolato in base ai metri quadri concessi e alla durata della concessione del suolo.

In questo caso, il contratto è “attivo”, in quanto l’amministrazione percepisce un canone, con rimborso anche dei relativi consumi di energia, quale corrispettivo della «locazione» del suolo senza alcun onere a carico del suo bilancio. Di conseguenza, andrebbe più correttamente dedotta la qualificazione del contratto in termini di concessione d’uso di beni pubblici e la sua collocazione al di fuori del perimetro del codice dei contratti pubblici (Cons. Stato, Sez. V, 16.4.03, n. 1991). In altri termini, questa fattispecie, mancando l’elemento dell’onerosità, dovrebbe restare fuori dall’ambito di applicazione del codice dei contratti pubblici (d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50) ed essere regolata, come gli altri contratti attivi, dalle norme della contabilità generale dello Stato (r.d. 2440/1923- r.d. 827 del 1924) e dai regolamenti di ciascuna amministrazione. E, soprattutto, per quanto attiene alle modalità di scelta dell’altro contraente dai principi generali, di origine e sviluppo comunitario, sulla “trasparenza”, sulla “par condicio” e sulla “imparzialità”, a prescindere del valore del contratto (in tal senso, un primo orientamento meno recente della giurisprudenza: oltre alla richiamata sentenza del Cons. Stato, sez. V, n. 1991/2003, T.A.R. Toscana, sez. II, 4 ottobre 2012, n. 1578; 6 luglio 2010, n. 2313; 21 ottobre 2013 n. 1424; in senso conforme, pure Cons. Stato, sez. VI, 25 gennaio 2005, n. 168; TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 20 settembre 2009, n. 322).

Diversamente la fattispecie andrebbe inquadrata come concessione di servizi, sempre che ricorrano gli elementi fondamentali di questa tipologia di strumenti di acquisizione di servizi: 1) diritto del concessionario di gestire il servizio, o da solo o accompagnato da un prezzo, magari a compensazione dell’obbligo dell’affidatario di praticare nei confronti degli utenti prezzi inferiori a quelli corrispondenti alla somma del costo del servizio e dell’ordinario utile di impresa, 2) rischio legato alla gestione del servizio a esclusivo carico del concessionario.  Anche se ipotesi meramente scolastica, è da precisare che andrebbe qualificato come mero appalto di servizio il contratto che prevedesse il pagamento di un corrispettivo versato direttamente dall’amministrazione aggiudicatarie al prestatore e l’alea della gestione non venisse traslata a quest’ultimo.

La giurisprudenza più recente qualifica, però, la fornitura di cibi e bevande mediante distributori automatici collocati all’interno delle sedi delle pubbliche amministrazioni come «concessione di servizi » (Cons. Stato, sez. V, 9 settembre 2013 n. 4471; sez. VI, 5 dicembre 2013 n. 5805), con il conseguente obbligo della stazione appaltante di  bandire almeno la “previa gara informale” prevista, nel precedente ordinamento, dall’art. 30,  co 3, del d.lgs. 12 aprile 2006, n. 163, e, dal 19 aprile 2016,  all’art. 173, co. 1 del d.lgs. 18 aprile 2016, n. 50. Quest’ultima disposizione, infatti, con riferimento all’aggiudicazione delle concessioni, rinvia ai principi di cui all’art. 30 dello stesso decreto n. 50, ossia ai principi di «economicità, efficacia, tempestività, correttezza, libera concorrenza, non discriminazione, trasparenza, proporzionalità, nonché di pubblicità» che risultano garantiti dall’indizione della gara, anche informale (da ultimo, TAR Toscana, sez. II – sentenza 24 novembre 2016 n. 1707 – Pres. Romano, Est. Viola).

Riallacciandosi alla richiamata giurisprudenza più recente del Consiglio di Stato, la giurisprudenza prevalente sostiene che “l’occupazione di suolo pubblico implicita nella fattispecie (ampiamente valorizzata dalla precedente giurisprudenza … ) appare … sostanzialmente e logicamente recessiva rispetto alla caratterizzazione fondamentale dell’intera vicenda in termini di attribuzione al concessionario dell’alea della gestione del servizio, sulla base di una struttura complessiva che prevede la remunerazione della controprestazione esclusivamente da parte dei privati che ne usufruiscano” (TAR Toscana, sez II, sentenza 30 maggio 2014, n. 929).

Per completezza, è da ricordare che ormai risulta superata la problematica, affrontata in vigenza del vecchio Codice dei contratti del 2006, relativa all’esatto inquadramento dei servizi oggetto della concessione in esame nelle categorie 17 (servizi alberghieri e di ristorazione) o 26 (servizi ricreativi, culturali e sportivi) dell’Allegato II B allo stesso Codice. Dal 19 aprile scorso le concessioni dei servizi rientrano, com’è noto, nell’ambito di applicazione del d.lgs. n. 50 del 2016 e non sono, come nel precedente ordinamento, contratti in tutto o in parte esclusi dall’applicazione del codice stesso (art. 35 e Parte III «contratti di concessione», artt. 164 – 178, d.lgs 50/2016).

Per le stesse motivazioni, giova precisare che è da considerarsi parimente superata la questione, che nel precedente ordinamento aveva impegnato  la giurisprudenza, sull’applicabilità a queste concessioni delle sole norme dei Codice dei contratti che possano essere considerate espressione dei «principi di trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità» oppure dell’intero articolato normativo, risolta peraltro dall’Adunanza plenaria con decisione  30 gennaio 2014 n. 7 a favore della prima soluzione. Per i contratti e le procedure per i quali i bandi o avvisi con cui si indice la procedura di scelta del contraente siano pubblicati successivamente alla data della sua entrata in vigore nonché’, in caso di contratti senza pubblicazione di bandi o di avvisi, alle procedure e ai contratti in relazione ai quali, alla data di entrata in vigore del presente codice, non siano ancora stati inviati gli inviti a presentare le offerte (art. 216, co 1, del d.lgs n. 50/2016) si applicano le disposizioni dell’art. 35, quelle della Parte III e le altre espressamente richiamate del d.lgs 50/2016, oltre a quelle che la stazione appaltante si sia auto-vincolata ad osservare richiamandole espressamente nella legge di gara.

Il valore della concessione e’ costituito dal fatturato totale del concessionario generato per tutta la durata del contratto, al netto dell’IVA, stimato dall’amministrazione aggiudicatrice o dall’ente aggiudicatore, quale corrispettivo  dei servizi oggetto della concessione (art. 167, co 1, d.lgs. 50/2016).


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